Steven Kotler, Corriere della Sera 17/10/2012, 17 ottobre 2012
Basta un rapido sguardo ai titoli dei giornali per cogliere un quadro generale assai pessimistico. Tra sovrappopolazione, disastri economici, scarsità di energia, acqua e cibo - solo per citare alcune delle preoccupazioni più diffuse - gli allarmisti vivono il loro momento di gloria
Basta un rapido sguardo ai titoli dei giornali per cogliere un quadro generale assai pessimistico. Tra sovrappopolazione, disastri economici, scarsità di energia, acqua e cibo - solo per citare alcune delle preoccupazioni più diffuse - gli allarmisti vivono il loro momento di gloria. Il nostro pessimismo è ormai così pervasivo che chiunque esca dal coro dei catastrofisti ha scarse possibilità di farsi ascoltare. Eppure, c’è una storia molto diversa che merita di essere raccontata. Oggi, infatti, grazie all’accelerazione esponenziale del progresso tecnologico e ad altre forze emergenti, siamo alla vigilia di un domani migliore di come viene descritto. I progressi nell’intelligenza artificiale e nella robotica, la rapida diffusione delle reti a banda larga, delle nanotecnologie, della biologia sintetica e di molte altre tecnologie rivoluzionarie ci consentiranno di fare più progressi nei prossimi vent’anni di quanti ne abbiamo fatti negli ultimi duecento. Presto saremo in grado di soddisfare pienamente i bisogni primari di ogni uomo, donna e bambino sul pianeta: l’abbondanza per tutti è davvero alla nostra portata. Bisogna chiedersi: come va il mondo realmente? Molto meglio di quanto la maggior parte di noi sospetti. La violenza è ai minimi storici e la libertà personale ai suoi massimi. Nell’ultimo secolo la mortalità infantile è diminuita del 90%, quella da parto del 99% e l’aspettativa di vita media è aumentata del 100%. Il cibo è più economico e abbondante che mai (buona parte dei generi alimentari, ad esempio, costa 13 volte meno che nel 1870). La povertà è diminuita più negli ultimi 50 anni che nei precedenti 500: aggiustati all’inflazione, infatti, i redditi sono triplicati nell’ultimo mezzo secolo. Inoltre, molti di quanti oggi vivono sotto la soglia di povertà hanno comunque accesso al telefono, ai servizi igienici, alla televisione, all’acqua corrente, all’aria condizionata e persino all’automobile. Un secolo e mezzo fa, i più ricchi tra gli europei non avrebbero nemmeno sognato un simile benessere. E questi cambiamenti non sono limitati al mondo sviluppato. Oggi, in Africa, un guerriero masai munito di telefono cellulare può comunicare meglio di quanto potesse fare il presidente degli Stati Uniti 25 anni fa; se ha uno smartphone e Google, ha accesso a una mole di informazioni maggiore di quella alla portata del presidente appena 15 anni fa. Inoltre, può guardare e realizzare video, ascoltare e registrare contenuti sonori, localizzare ed essere localizzato con il gps, parlare in videoconferenza, attingere a vasti archivi di libri, film, giochi e musica. Solo 20 anni fa, questi stessi beni e servizi sarebbero costati oltre un milione di dollari. Il fattore più importante, tuttavia, è l’emergere di quattro forze potenti.Quella più straordinaria è il progresso tecnologico, con la sua travolgente accelerazione. Oggi le tecnologie dell’informazione registrano curve di crescita esponenziali, tanto che a parità di prezzo raddoppiano in potenza ogni 12-24 mesi. Ciò spiega perché un supercomputer da 8 milioni di dollari di vent’anni fa oggi stia comodamente nelle vostre tasche, al modico prezzo di 200 dollari o anche meno. Lo stesso velocissimo cambiamento investe le reti, i sensori, il cloud computing, la stampa in 3d, la genetica, l’intelligenza artificiale, la robotica e decine di altre industrie. Le bioteconologie hanno compiuto progressi tali che un laboratorio di punta, completo di sistemi automatizzati - appena dieci anni fa sarebbe costato milioni - oggi può essere messo in piedi con meno di 10.000 dollari. La seconda forza è l’innovazione fai da te. Questa rivoluzione è stata in gestazione per cinquant’anni, ma è solo di recente che ha cominciato a decollare veramente. I ricercatori appassionati del fai da te, che si danno da fare nel laboratorio di casa, sono passati dalle automobili truccate e dai computer assemblati artigianalmente a campi un tempo esoterici, come le neuroscienze, la biologia, la genetica e la robotica. E oggi queste piccole squadre di scienziati appassionati possono riuscire dove un tempo arrivavano solo le grandi industrie e i governi: i giganti del settore aerospaziale non ci avrebbero scommesso un centesimo, ma Burt Rutan (l’ingegnere americano che ha progettato decine di velivoli geniali) è riuscito ad andare nello spazio, mentre Craig Venter ha sfidato il governo americano nella corsa alla mappatura del genoma umano. E questi sono solo esempi di scienza «fatta in casa»: al momento, studenti di liceo e università stanno usando gli strumenti della biologia sintetica per completare progetti che competono con quelli delle maggiori case biofarmaceutiche. Quel che più conta, tuttavia, è che dal momento che le maggiori opportunità di guadagno stanno nella soluzione delle grandi sfide globali, i ricercatori fai da te si stanno rivolgendo in quella direzione. La terza forza sono i soldi - tanti soldi - spesi per un obiettivo specifico. La rivoluzione hi-tech ha creato una nuova generazione di «tecnofilantropi» che stanno usando i loro patrimoni per risolvere sfide globali e promuovere il benessere collettivo. Bill Gates ha scelto di impegnarsi sul terreno della lotta alla malaria; Naveen Jain sta combattendo una crociata contro la povertà in India; Pierre e Pam Omidyar si concentrano sulla diffusione dell’elettricità nel mondo in via di sviluppo. E la lista potrebbe continuare. Nell’insieme, una tecnofilantropia senza precedenti nella Storia. A differenza dei filantropi di ieri, quelli odierni adottano un approccio molto più attivo. La vecchia filosofia era quella dello «stacco un assegno e sono a posto», mentre oggi i soldi sono solo il primo passo. I tecnofilantropi dei nostri tempi non si limitano a fornire capitali finanziari, apportano anche capitale umano: «Reti di conoscenze, contatti e la capacità di organizzare incontri ad alto livello», spiega Paul Shoemaker, direttore di Social Ventures Partners Seattle. «Quando Gates decise di battersi per i vaccini, costruì una squadra e la fece incontrare con i leader del mondo e con i vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità. La maggior parte delle organizzazioni non ha accesso a quelle stanze, ma Gates sì, e ciò ha fatto una differenza enorme». Infine, i più poveri tra i poveri, il cosiddetto «miliardo degli ultimi», sono la quarta forza. Stanno finalmente entrando nell’economia globale e si candidano a diventare il miliardo emergente. La creazione di una rete mondiale di trasporti è stato il punto d’avvio di questo processo, ma è la combinazione di Internet, microfinanza e tecnologie di comunicazione wireless che sta facendo la differenza. Nel prossimo decennio, per la prima volta nella Storia, tre miliardi di nuove voci si aggiungeranno alla conversazione globale. Che cosa vorrà questa gente? Che cosa creerà? Non foss’altro che per la legge dei grandi numeri e per le sue immense potenzialità, il miliardo emergente si colloca sullo stesso piano del progresso tecnologico esponenziale, degli innovatori fai da te e della tecnofilantropia come potente spinta alla creazione dell’abbondanza. È chiaro che queste quattro forze posseggono enormi potenzialità: ciascuna di esse, singolarmente presa, può cambiare profondamente il mondo. Ma è agendo insieme, amplificate dall’esponenziale progresso tecnologico, che possono rendere possibile ciò che prima era impensabile: l’abbondanza per tutti. RIPRODUZIONE RISERVATAL’autore: Steven Kotler, 45 anni, autore, giornalista e imprenditore americano, ha pubblicato recentemente «Abundance: the future is better than you think» STEVEN KOTLER