Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 14 Venerdì calendario

BUSI FUORI DAL CORO SU VERONICA LARIO MA LE SUE CRITICHE NON SONO REATO

Aldo Busi non ha diffamato Veronica Lario quando, commentando le sue uscite sui media contro l’allora marito Silvio Berlusconi, ha giudicato «molto strano» che una signora «con un’istruzione piuttosto vasta mandi una lettera di possibili corna o tradimenti o minorenni, ecc. E non abbia mai detto nulla sul fatto che a casa Berlusconi c’era un tale Mangano. Lo stalliere pluriomicida e mafioso di vaglia che stava lì e che probabilmente ha preso in braccio i suoi bambini. Allora io mi sarei svegliata, magari venti anni prima». Per queste frasi, dette nell’ottobre 2010 a Otto e mezzo, Miriam Bartolini (in arte Veronica Lario) aveva querelato Busi per diffamazione. Ma ieri, alla terza udienza del processo, il tribunale di Monza ha assolto e prosciolto lo scrittore perché «il fatto non costituisce reato» (come riporta il sito www.altriabusi.it). Il diritto di critica, dunque, è salvo. E l’ipocrisia, in Italia, ha un velo in meno.
Questa vicenda di Busi infatti suggerisce anche altro. Con quel commento sul filo del rasoio, come molte altre sue performance televisive, lo scrittore ha rotto la quinta teatrale allestita da un fronte che da sinistra a destra aveva trasformato Veronica Lario, moglie tradita, madre affranta, in una eroina dell’antiberlusconismo (Walter Veltroni voleva arruolarla). Nel nome, pirandelliano, del gioco delle parti, alcune femministe si sono buttate sul gossip e molti destri hanno riscoperto il ’68, dando valore politico al privato. Lidia Ravera, senza tema del ridicolo, dall’Unità invitava «Veronica», con borghesissimo moralismo e linguaggio padroncino, a «licenziare» Berlusconi. Gli intellettuali vicini a Gianfranco Fini sovrapposero questo remake di Kramer conto Kramer al loro divorzio «morale» da Berlusconi.
Busi no. Da vero libertino si è risparmiato il sermone da bar sport. Notò, per l’insistenza della conduttrice Lilli Gruber, che il vero scandalo etico era il candore con cui Lario si presentava alla ribalta invocando rispetto per sé e i figli dopo aver taciuto su questioni molto più importanti. Per sé e per i suoi figli.
Luca Mastrantonio