Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 14/12/2012, 14 dicembre 2012
I DEPUTATI E IL TERRORE DI RESTARE FUORI «CHI SARANNO MAI ’STI VOLTI NUOVI?»
Addio parrucchiere a prezzo politico, addio carpaccio di branzino a 3 euro e 90, addio biglietti aerei gratis. Il Transatlantico pare una fabbrica occupata: quasi nessuno lavora, quasi tutti si riuniscono in capannelli di onorevoli angosciati dallo spettro della disoccupazione, che si sciolgono solo all’arrivo del temuto ex dipietrista Barbato: «Occhio, quello è pazzo, ci registra, ci filma e ci mette su youtube!».
Nei capannelli in fondo a destra, si discute delle quote berlusconiane. «Allora, ha detto: 20 per cento di volti nuovi della cultura e dell’arte», sorrisi ironici, «20 di amministratori locali, 10 di politici, 50 di gente che ha già un lavoro…». «Tu Baldelli un lavoro ce l’hai: l’imitatore» (e in effetti il vicepresidente dei deputati Pdl Simone Baldelli si esibisce in imitazioni del suo capo Cicchitto e di Tremonti: praticamente perfette). Manuela Di Centa, ex azzurra di sci, è furibonda con i giornali che hanno pubblicato la sua fotina nella casella degli esclusi: «Perché proprio io!?». Il problema è che i berlusconiani uscenti sono 206, e ne resteranno pochissimi. Le deputate più vicine al capo — Biancofiore, Brambilla, Rizzoli — sembrano tranquille, come quelle della seconda schiera: Mannucci, Ceccacci, Calabria. Agitata la Savino, agitatissima la Saltamartini: «Ma secondo te mi candida ancora?». L’unica davvero sicura, però, è Mariarosaria Rossi, molto corteggiata dalle colleghe: «Ma chi saranno mai ‘sti volti nuovi?». Roberto Tortoli è qui dal ’94, prima era il capo di Publitalia in Toscana: «Voglio ancora bene a Silvio, ma non gli credo più. Con la Bertolini, Stracquadanio e gli altri del gruppo Italia Libera siamo dodici peones pronti a tutto. Se qualche leader è così disperato da chiamarci, noi ci stiamo — sorride con autoironia —. Altrimenti mi ritiro nella mia casa di campagna, a Cercina, a coltivare gli ulivi. Ne ho un centinaio, danno un ottimo olio e…». Lo interrompe Scilipoti: «Io non resto certo disoccupato. Torno a fare il medico. Sono ginecologo, ostetrico, oncologo clinico, agopuntore, specializzato in fisioterapia, fisiopatologia della cervice e moxibustione. Come sarebbe, cos’è? La terapia del calore. Ho un mestiere, io». In un angolo, da solo, ignorato da tutti, Marco Milanese. Arriva Barbato: «Io non mi ritiro di certo, anzi. Mi sono appena candidato a premier. Come sarebbe, con quale partito? I partiti non servono più a nulla, sono controproducenti».
Nei capannelli in fondo a sinistra si parla invece delle primarie per designare i deputati del Pd. I più preoccupati sono i renziani dichiarati o sospetti — Andrea Sarubbi, Mario Barbi, Fausto Recchia —, e i paracadutati dal Porcellum che ora si devono conquistare le preferenze: la segretaria di Fioroni, Luciana Pedoto, il portavoce di Franceschini, Piero Martino, l’ex direttore del Popolo, Francesco Saverio Garofani. Marianna Madia cerca di tranquillizzarsi: «Mi sono occupata di disoccupati e precari, purtroppo non è una platea piccola a cui rivolgersi». Emilio Quartani sta ricopiando sull’agenda i numeri della rubrica del telefonino, da chiamare tutti uno per uno: ha già riempito quattro pagine. Parecchio temuta la carica dei consiglieri regionali del Lazio, gente da migliaia di preferenze: Astorre, Mancini, Dalia, Di Stefano… Pierluigi Castagnetti, che il ritiro l’ha annunciato due anni fa, tenta di convincere i coetanei: «Dovete rendervi conto che è finito un ciclo. In piena Tangentopoli Martinazzoli mi incaricò di prepensionare trecento deputati democristiani: mi fecero impazzire. Vincenzino Russo, nove legislature, dovetti minacciarlo di prenderlo a calci nel sedere. De Mita mi confidò: la politica per me è una droga. Senza, muoio». Walter Verini, orfano di Veltroni: «Dovremmo prendere esempio da un giornalista, Paolo Raffaelli: sette anni alla Camera, poi sindaco di Terni; ora ha ripreso a fare il redattore alla sede Rai dell’Umbria, e intervista i consiglieri comunali alle sagre». Il terrore di tornare al lavoro si dipinge negli occhi di Francesco Pionati: «Sia chiaro, io sono tuttora vicedirettore del Tg1! La mia Alleanza di Centro ha il 7% a Catanzaro, il 3 in Molise, l’1 in Veneto, ed è alleata con la Dc di Fontana, quella con lo Scudo Crociato, che da solo vale 400 mila voti. Ma se va male torno in Rai. Come Ravaglioni, Santoro, Gruber, Badaloni, e ovviamente Marrazzo…». Scilipoti precisa: «La rottura con l’Idv non è stata su Berlusconi, ma sull’eutanasia. Donadi era favorevole all’eutanasia. Io sono cristiano e quindi contrario. Sono anche contro l’aborto. Non potevo restare con gli abortisti». Barbato: «Dicono che sono pazzo. Loro invece sono ladri. Qui dentro è pieno. I gruppi parlamentari hanno incamerato 154 milioni in 4 anni, e a decine hanno preso i fuoribusta: altro che Fiorito! Ora vorrebbero goderseli. Ma io sono andato a denunciarli a Befera, in procura, alla Corte dei Conti. Ne vedrete delle belle».
Nell’ufficio dell’ex ministro Saverio Romano, processato per mafia e assolto, c’è una riunione d’emergenza dei parlamentari del Pid, ex Udc passati con Berlusconi. Ci sono Matteo Ruvolo da Agrigento, Pippo Gianni da Siracusa, Maria Pia Castiglioni da Trapani, Michele Pisacane da Agerola. Anche Romano, come Pionati, spera di essere salvato dalla grande mamma Dc: «Faremo una grande lista con tutti i democristiani dispersi. E ci alleeremo con Berlusconi. Sempre che Berlusconi ci sia ancora. Altrimenti torno a Palermo a fare l’avvocato, con qualche esperienza giudiziaria in più». Molti dei 59 leghisti dovranno trovarsi un lavoro. I bossiani, che nella Roma ladrona non si erano trovati poi così male, sembrano parecchio dispiaciuti: Marco Reguzzoni, Paola Goisis, Alessandro Montagnoli. Sono messi malissimo quelli dell’Api rutelliana, da Donato Mosella a Luigi Fabbri, mentre Pino Pisicchio di solito se la cava sempre. Quasi disperata la situazione dei peones finiani: la fatwa di Montezemolo e la freddezza di Casini ha gettato nel panico Antonio Lo Presti, Daniele Galli, Giorgio Conte, Claudio Barbaro, Luigi Muro. Scilipoti progetta la sua nuova vita a Barcellona Pozzo di Gotto: «Ho appena scritto un altro libro, “La moneta al popolo”. È una teoria monetarista secondo cui…». Barbato spiega invece la strategia per diventare premier: «Si chiama liquid feedback. Si usa la rete al contrario di come fa Grillo: non dall’alto, ma dal basso. Consulterò tutti gli utenti del web». Proprio tutti? «Tutti. E sarò il loro portavoce. Il modello sono i Piraten». Quelli tedeschi? «Meglio ancora quelli svedesi. Ne ho conosciuta una a Strasburgo. Bionda, 25 anni. Una sventola…».
Aldo Cazzullo