l’Espresso 14/12/2012, 14 dicembre 2012
RECITA CHE TI PASSA
[COLLOQUIO CON AL PACINO]
"Serpico". "Quel pomeriggio di un giorno da cani". "Scarface". E poi l’indimenticabile Michael Corleone de "Il padrino". Al Pacino non ha bisogno di presentazioni. O di fermarsi. A 72 anni, ogni giorno è al Gerald Schoenfeld Theater a Broadway riproponendo, dopo averlo già portato 20 anni fa prima al teatro e poi al cinema con Jack Lemmon e Alec Baldwin, "Glengary Glenn Ross" di David Mamet. E poi eccolo in "Stand up guys", un film di Fisher Stevens, dove è invece un ex carcerato
che torna sulle strade del piccolo vizio.
Lo abbiamo intervistato in un giorno
di pausa dal suo show a Broadway.
In "Stand up guys" ha un ruolo comico. A quali altri suoi film lo paragonerebbe?
«Non lo so, ne ho fatti così tanti che mi è difficile fare paragoni, anche perché molti li ho dimenticati! Sono certo che presento dei tratti gia visti, è inevitabile. Per me è stata anche un’occasione per lavorare con Christopher Walken, che conosco da una vita ma insieme al quale non avevo mai recitato. E con Alan Arkin. È uno dei più grandi attori venuti fuori dal mondo
teatrale di New York negli anni
Sessanta. Ed è stata una gioia tornare
a lavorare con lui».
Rappresentate tre vecchietti belli avventurrosi. Li capisce?
«Sono nato nelle strade del Bronx in grande povertà e ogni giorno per me era un’avventura. Facevamo cose cui non voglio nemmeno pensare, giocavamo a saltellare da un tetto all’altro, come i criminali in fuga. Ed è forser lì che ho sviluppato quel senso del rischio senza il quale non puoi fare un mestiere come quello di attore, anche quando sei ormai anziano».
Il film parla dell’amicizia e della lealtà.
Per lei che cosa rappresentano?
«Ci sono le amicizie che fai quando sei ragazzo e quelle che fai da adulto. Hanno uno spessore diverso, anche perché quando diventi famoso questo tende a colorare tutte le dinamiche».
Cosa significa per lei il passaggio del tempo?
«L’età è un fenomeno complesso che presenta molte sfaccettature. Il modo migliore per combatterla è tenersi sempre attivi, non lasciarsi andare. E fare attività fisica, anche se è molto difficile. Oscar Wilde diceva: ogni volta che sento il desiderio di fare dell’esercizio, mi distendo in attesa che mi passi. Sono con lui, dobbiamo trovare attività che anche ci divertono».
E lei, si diverte? Che cosa alla sua età
la spinge per esempio a presentarsi ogni sera a teatro, il sabato addirittura
due volte?
«Il testo di Mamet. E la reazione del pubblico: non c’è niente che ti tiene sveglio quanto essere dal vivo di fronte a mille persone e dimenticarti le tue battute!
Sei parte di una tradizione che va indietro ai greci antichi e a prima di loro, di un qualcosa di primordiale. È come camminare su una corda, maledici l’istante in cui
hai deciso di farlo, ma poi ogni volta
che ci torni sopra senti che questo
è il mondo cui appartieni».