Lorenzo Soria, l’Espresso 14/12/2012, 14 dicembre 2012
CIAK, SI INVECCHIA
In "Stand up guys", Al Pacino, 72 anni, è un carcerato che lascia la prigione dopo 20 anni. Appena si ritrova coi suoi amici rimasti in libertà (Alan Arkin, 78 anni, e Christopher Walken, 69) riprende come se il tempo si fosse fermato: droghe, bordelli, Viagra, anche piccoli furti. Pierce Brosnan al loro confronto è un ragazzino, ha appena fatto i 60. E adesso che non è più James Bond, ha scelto di fare un film che già dal titolo, "Love is all you need", la dice lunga e nel quale la regista danese Susanne Bier lo ha voluto nella parte di un burbero capitano d’industria deciso a passare da solo il resto dei suoi giorni sino a quando incontra una donna per la quale perde la testa. «Quando arrivi a questa età è bello essere parte di un progetto che è una celebrazione della vita», sostiene Brosnan. Come "Quartet", il film col quale Dustin Hoffman all’età di 74 anni ha trovato il coraggio di mettersi alla regia. Una storia ambientata in una casa geriatrica britannica dove la vita di un gruppo di musicisti attempati come Tom Courtenay, Billy Connolly, Pauline Collins e Michael Gambon viene sconvolta dall’arrivo di una ex diva che è poi Maggie Smith. E tra flirt, amori, gelosie, ricordi, liti, violini e tromboni riscoprono la passione artistica e altri sentimenti sopiti da anni, un po’ come accaduto per davvero nel set. «Molti degli attori che ho preso non lavoravano da tempo, non perché non sanno più recitare ma perché nessuno li chiamava», racconta Hoffman a "l’Espresso". «Vederli assieme è stato magico e commovente».
Sin da quando, nel 1977, uscì "Guerre Stellari" e milioni di ragazzi americani e non si misero in fila per ammirare un robot chiamato R2-D2 e un cattivo col polmone artificiale Darth Vader, è diventato un dogma degli studios: il cinema si fa per i giovani tra i 15 e i 25 anni, che chiedono eroi da fumetto, suoni assordanti ed effetti speciali strabilianti. Grazie alle serie e ai prodotti del merchandising i soldi veri sono qua, misurabili in miliardi di dollari. Ma negli ultimi anni, Hollywood e l’industria del cinema sembrano essersi resi conto che l’ossessione con la gioventù va contro le tendenze demografiche, che c’è un enorme serbatoio di attori al riposo precoce che non hanno voglia di essere rottamati. E di spettatori che cercano disperatamente film con e per adulti, dove i più vecchi non sono o un peso o l’oggetto di battutine e di commiserazione perché in preda all’Alzheimer. Assieme con film che ci obbligano a confrontarci con i danni del tempo come "Amour", la storia di Michael Haneke che ha vinto la Palma d’oro a Cannes e ha appena trionfato agli European Film Awards, vediamo sempre più spesso sui grandi schermi persone nella terza età che si innamorano, fanno sesso, sognano, corrono, cantano, diventano eroi di film d’azione.
«Gli adulti al cinema ci vanno ancora», osserva Peter Jackson, che dopo "Il signore degli anelli" è tornato nella Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien con "The Hobbit", mirando a fare cinema per i più giovani, per i loro genitori e anche per i loro nonni. «La vera sfida, improvvisamente, è come riportare nelle sale una generazione che i film li vede sui telefonini o sugli iPad». Aggiunge Maggie Smith, che oltre che in "Quartet" recentemente si è fatta ammirare nella premiatissima serie britannica "Downton Abbey" e in "Marigold Hotel", dove è parte di un gruppo di pensionati britannici che riscopre la passione per la vita in un decrepito albergo di Jaipur in India: «Non capisco perché ci trattano come se avessimo tutti cinque anni. Siamo in tanti, ormai. E c’è un cambiamento. Ci piacerebbe vedere film per adulti e su adulti, dove capisci che gli effetti dell’età non sono necessariamente e solo negativi».
Gente tipo Clint Eastwood, 82 anni e le sue rughe portate con fierezza. A 20 anni da "Nel centro del mirino", ultimo film da interprete in cui non si è diretto da solo, è tornato sotto le mani di un altro regista, Robert Lorenz, per "Di nuovo in gioco", dove è un talent scout del baseball che ha fatto il suo tempo e che nonostante problemi di vista e vari acciacchi decide di intraprendere il suo ultimo viaggio di lavoro. In "Il matrimonio che vorrei", Tommy Lee Jones e Meryl Streep sono invece una coppia che ha dimenticato sesso e intimità e che decide di riscoprirli facendoci ridere. «Mi ritengo fortunata», puntualizza la Streep, che dopo avere infilato successi come "Il diavolo veste Prada" e "Mamma Mia!" e avere vinto un altro Oscar con il ritratto di Margaret Thatcher in "La lady di ferro" sta godendo, a 63 anni, una seconda giovinezza. «Amo quello che faccio e avere improvvisamente tutte queste opportunità» è un miracolo". In "Robot & Frank", Frank Langella è invece un vecchio ladro di gioielli che vive da solo in un mondo futuristico. La sua memoria non è più quella di un tempo, la sua agilità neppure e i figli invece che una badante gli procurano un robot, che all’inizio lui rifiuta e col quale finisce per sviluppare una relazione di amicizia che lo porta a coinvolgerlo come suo complice in una rapina.
Commedie, fantascienza, drammi, sport: l’America e il resto del mondo stanno diventando un Paese per vecchi. In febbraio arriverà l’immancabile film sul film, "Hitchcock", con Anthony Hopkins nella parte del Maestro e Helen Mirren (vedi box) in quella della moglie Alma Reville che ci svelano i retroscena delle riprese di "Psycho". Ogni genere è coperto, anche l’azione. Denzel Washington ne ha fatta tanta e, a 57 anni, non intende smettere: in "Flight", uscita a gennaio, è un pilota di un aereo di linea alcolizzato che, grazie a un’azzardatissima manovra, evita una catastrofe. E adesso ha di fronte a sè un dilemma morale: è un eroe che ha salvato centinaia di vite o invece la sua intossicazione le ha messe a repentaglio?
Al contrario di Washington, Liam Neeson è arrivato all’azione solo nel 2009 con "Taken", dopo anni di teatro shakespeariano e dopo avere raggiunto la popolarità passati i quaranta, come il protagonista di "Schindler’s List". E non si è più fermato: "A Team", "Unknown, "The Grey", "Scontro tra titani","Taken 2- La vendetta". «Pare che i sessant’anni siano i nuovi quaranta», confessa l’attore sessantenne. «È come tornare bambini e se le mie ginocchia dovessero tenere e la mia spalla destra pure mi piacerebbe continuare per un po’». Oltre che i dolori alle ginocchia, Sylvester Stallone ha avuto due operazioni alla schiena, ha perso un tendine di Achille, si è strappato un bicipite ma con "The Expendables" ha saputo creare una serie andando a riesumare contro l’opinione di tutti i vecchi action heros degli anni Ottanta, tipi come Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Dolph Lundgren. «Per avere un’idea così devi essere matto ma dobbiamo continuare», esclama. «Dobbiamo continuare a pensare giovane e a darci degli obiettivi e inseguirli con aggressività». Dunque Stallone, vedremo anche un numero 3? «Ci sto pensando. Sto anche pensando potremmo considerare un commando di donne, le "Expendabelles!"».