Pio D’Emilia, l’Espresso 14/12/2012, 14 dicembre 2012
TOKYO DECADENCE
Debito pubblico alle stelle, produttività, competitività e immagine internazionale a picco, disoccupazione e precarizzazione del lavoro in aumento, stato sociale allo stremo, 34 mila suicidi l’anno, 100 al giorno, uno ogni 15 minuti. Per quanto sia difficile crederlo, c’è qualcuno che sta peggio di noi: il Giappone. Dove, in un clima di «diffusa depressione», come la definisce la scrittrice Randy Taguchi (nota in Italia per "Mosaico", "Antenna" e "Presa elettrica", e in attesa che sia tradotto il suo ultimo bestseller "Sankara" dove parla in modo positivo dell’Italia) il 16 dicembre si vota, per la quarta volta in poco più di dieci anni, e dopo aver "bruciato", nello stesso periodo, sette premier, tre negli ultimi tre anni. «Col Giappone non è difficile discutere, è impossibile», si è lasciato scappare Kurt Campbell, vicesegretario di Stato Usa: «Non fai a tempo a memorizzare il nome del premier che viene sostituito».
Ma non è solo la politica a dare pessimo spettacolo di sé. La situazione economica e sociale è ancora più grave, anche se i dati, da Paese allo sfascio, sono di controversa interpretazione. E non solo perché, come ha ricordato l’ex governatore ipernazionalista di Tokyo Shintaro Ishihara, che ha deciso a 80 anni suonati di fondare l’ennesimo partito del Sol Levante, il Giappone è l’unico Paese del mondo industrializzato a usare, per la contabilità di Stato, la cosiddetta "partita semplice" (il resto del mondo usa la partita doppia). Ma perché è un intero sistema a essere andato in tilt. E non si sa come uscire da una crisi in atto da tempo e precipitata dopo la tripla catastrofe dell’11 marzo 2011 (terremoto, tsunami, emergenza nucleare) che ha confermato il coraggio, la dignità e la pazienza dei cittadini, ma ha anche denunciato livelli di arroganza, corruzione e sciatteria degni di un Impero delle Banane. Soprattutto, l’emergenza nucleare è tutt’altro che risolta. Un incubo che il governo uscente aveva promesso di rimuovere per sempre e che invece rischia di tornare: se vincerà, come sembra, il Partito liberal democratico di Shinzo Abe, detto anche la "Balena Gialla" o la "Dc" giapponese che appena tre anni fa sembrava morta e sepolta (archiviando la breve stagione di quello che fu battezzato l’Ulivo del Sol Levante), la potente, e per certi versi criminale, lobby nucleare farà salti di gioia. Il popolo giapponese un po’ meno. Nel frattempo, il Giappone potrebbe perdere l’occasione storica di puntare sullo sviluppo delle rinnovabili, il più appetitoso mercato a livello mondiale e settore dove il Giappone è tra i meno avanzati. Secondo la Gea, Global Energy Association, una seria politica di «efficienza aggressiva» nel settore dell’energia (che con i suoi 7 mila miliardi di fatturato globale rappresenta oggi l’industria più grande del mondo) potrebbe portare alla copertura del 75 per cento del fabbisogno elettrico con energie rinnovabili. Un modo ecosostenibile per far ripartire l’esausta macchina produttiva sempre meno competitiva: attualmente è al decimo posto (dopo Paesi come Canada, Brasile, Indonesia e Singapore), ed è destinata a precipitare ulteriormente nei prossimi cinque anni. Al primo posto c’è, e ci sarà, la Cina, storica nemica, il cui sorpasso è vissuto come una tragedia e con la quale è esploso il contenzioso per il possesso delle isole Senkaku.
Ma sono i problemi economici quelli più urgenti da risolvere. Il deficit pubblico, che ha superato il 220 per cento, è il più alto del mondo industrializzato, quasi il doppio di quello italiano. Eppure le agenzie di rating escludono qualsiasi rischio di default e la Banca del Giappone continua (e molti dicono faccia benissimo, applicando il neokeynesismo di Stato) a emettere titoli che il mercato ingoia nel giro di poche ore accontentandosi di tassi bassissimi, meno dell’1 per cento. «Se fosse in Europa, questo Paese sarebbe stato già costretto a uscirne, perché non è in grado di rispettare i parametri di Maastricht e tanto meno il patto di stabilità», spiega Jasper Koll, analista finanziario: «È vero che a sottoscrivere il debito giapponese, per il 97 per cento, sono investitori istituzionali locali, aziende e privati cittadini. Ma non può durare all’infinito. Anche qui dovranno rompere il circolo vizioso recessione-deflazione: sebbene si consumi di meno, si risparmia di meno». Pur essendo il Giappone entrato lo scorso novembre nella sua quinta recessione ufficiale degli ultimi 15 anni, non era mai successo ai giapponesi di dover attingere ai risparmi per pagare l’affitto, il mutuo o le bollette. E la situazione rischia di peggiorare. Ancora Randy Taguchi: «Abbiamo corso a occhi chiusi per troppo tempo e invece di svegliarci in paradiso ci ritroviamo all’inferno. Siamo stanchi e depressi». La scrittrice sarà tra la metà, o poco più, dei cittadini che andranno a votare. Ma: «Scheda bianca, non vedo altra soluzione».
Il mercato potrebbe decidere di mettersi a "giocare" con il Giappone come finora ha fatto con altri Paesi e peggiorare ulteriormente una situazione già drammatica. Un milione di famiglie vive di sussidi statali (vent’anni fa erano meno di centomila), molte aziende sono a rischio (compresi colossi come Sony e Sharp). I matrimoni e le nascite sono in calo, i divorzi in aumento e gli anziani sono abbandonati sia dalle famiglie che dallo Stato. Al punto da provocare fenomeni drammatici come l’aumento della delinquenza senile. Vecchi senzatetto commettono crimini sempre più gravi per garantirsi vitto e alloggio gratis in prigione (il semplice furto non basta più per andare in galera) ed è esploso il numero di suicidi di anziani che, da soli o in coppia, si lasciano morire di fame in casa, senza nemmeno usare il gas, per non mettere a repentaglio la sicurezza di altre persone. Un fenomeno che riguarda soprattutto le grandi città: 300 casi nella sola Tokyo, l’anno scorso. Più che per ragioni economiche, spesso i vecchi si suicidano in preda alla depressione. I cadaveri vengono scoperti a volte dopo mesi, quando il padrone di casa, non ricevendo più l’affitto, manda un’impresa a ripulire l’appartamento. In alcuni casi, a testimonianza dell’irrinunciabile dignità, gli operai trovano, accanto ai cadaveri, l’ultimo "yachin", il canone dovuto.