Claudio Pappaianni, l’Espresso 14/12/2012, 14 dicembre 2012
GRAND TOUR MONNEZZA
Al porto di Napoli c’era la folla delle grandi occasioni. Ufficiali della Marina in grande uniforme, il sindaco Luigi De Magistris e l’assessore all’Ambiente Tommaso Sodano con i loro caschi di protezione sulla testa. Il presidente della Provincia, Luigi Cesaro, invece, se ne stava un po’ in disparte: una mano al telefonino, l’altra sotto al braccio di un suo collaboratore. Fotografi e operatori tv scalpitavano dietro le transenne: l’atmosfera era quella del varo di una grossa nave da crociera. A salpare era, invece, la Nordestern, la nave che avrebbe portato i rifiuti di Napoli in Olanda, il "munnezza boat". Un viaggio lungo 1.800 chilometri, per inchiodare a quel gennaio 2012 le lancette di una nuova crisi alle porte. Inevitabile, con un solo inceneritore funzionante, quello di Acerra, due sole discariche ancora attive e, soprattutto, in attesa che la raccolta differenziata raggiunga livelli accettabili. Da quel giorno, ogni settimana dal molo 44 di Napoli parte un carico da 3.000-3.500 tonnellate, destinazione Rotterdam: in dieci mesi oltre 120 mila tonnellate di spazzatura napoletana sono andati in fumo nell’inceneritore olandese. «I costi che sosteniamo sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli che si pagano per il trasporto nelle altre Regioni italiane», ha spiegato De Magistris. Per ogni tonnellata imbarcata la spesa è di 110 euro, che ad oggi fanno all’incirca 13 milioni di euro in totale. Molto meno di quanto in due anni è riuscito a spendere Cesaro e la società provinciale che gestisce per lui l’affaire rifiuti, la SapNa. Con un particolare: quei rifiuti sono rimasti in Italia.
Spazzatura record . «Stiamo andando avanti in maniera estremamente preoccupante. Nel 2011 abbiamo trasferito fuori regione 300 mila tonnellate, ad oggi siamo già a 400 mila. Di questo passo chiuderemo tutti i trasferimenti fuori regione intorno a 550-600 mila tonnellate, quasi il doppio dell’anno scorso». Davanti alla commissione parlamentare sulle ecomafie, l’assessore regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, cala sul tavolo le cifre dell’ultimo scandalo che si consuma in Campania sui rifiuti. Incalzato da Alessandro Bratti del Pd, Romano è costretto a snocciolare cifre da brivido: negli ultimi due anni un milione di tonnellate di rifiuti napoletani è stato trasferito fuori regione. È come aver portato una discarica grande una volta e mezzo l’invaso di Chiaiano in tour dalla Lombardia al Veneto, passando per la Toscana e l’Emilia, fino ad arrivare in Puglia e Sicilia. A un costo da capogiro: una media di 170 euro a tonnellata, che in totale fa 170 milioni in due anni. Con gli stessi soldi si sarebbe potuto allestire un mega-invaso da quasi due milioni di tonnellate, il doppio di quelli portati altrove. I rifiuti, invece, sono finiti tutti o quasi in quelle regioni che, in piena emergenza, si erano opposte a ricevere i sacchetti campani. Davanti a un congruo compenso, stavolta nessuno ha protestato. Per bruciare una tonnellata di rifiuti a Trieste ci son voluti 175 euro, a Busto Arstizio addirittura 225. Duecento in Sicilia. Quel che è peggio, è che buona parte dei trasferimenti è avvenuta senza gare d’appalto. Con affidamenti diretti. In alcuni casi, a ditte che non avevano nemmeno avanzato una "manifestazione di interesse".
Cesaro tiene famiglia. Sono almeno tre le Procure che indagano, oggi, sui rifiuti campani. I fascicoli aperti, ancora di più. Affidamenti senza gara, consulenze fuori controllo, un buco di bilancio da 15 milioni dopo meno di due anni di attività: sotto la lente della magistratura è finita soprattutto la SapNa, la società creata da Cesaro per gestire la partita rifiuti a Napoli. Indaga anche la Corte dei conti, che in estate aveva sequestrato beni per un milione di euro al prefetto Corrado Catenacci, l’ex commissario ai rifiuti che per il primo anno aveva gestito il carrozzone provinciale. Un mese fa, la scure della magistratura contabile si è abbattuta direttamente su Cesaro, con un sequestro conservativo da 700 mila euro. Ma non ha trovato nulla: pochi giorni dopo il provvedimento nei confronti di Catenacci, il presidente della Provincia decideva di donare ai figli e alla moglie i suoi immobili. Un villino a Salerno, uno a L’Aquila, una rimessa. Ma il pezzo pregiato è un appartamento a Roma, a 500 metri da piazza di Spagna, in una palazzina che i fratelli Cesaro acquistarono per intero, con la loro società immobiliare, nel 2000: quattro appartamenti in tutto. Un anno dopo, il parlamentare campano ne prese uno per sé da 3,5 vani, che da solo basterebbe a coprire l’intero valore del sequestro. Nello stesso giorno, il 30 ottobre 2001, un altro parlamentare del Pdl legato ai rifiuti, Paolo Russo, se ne accaparrava un altro da 2,5 vani. I beni vanno, il danno resta: un milione e mezzo di euro, secondo la magistratura contabile. Per consulenze d’oro distribuite dalla SapNa. Come i 491 mila euro per incarichi legali, tutti affidati allo stesso studio. E i 441 mila euro al direttore tecnico della struttura, Giovanni Perillo, un ingegnere con un passato da consulente del Consorzio Ecoquattro legato ai Casalesi e un presente con affari a Dubai. Perillo è stato il deus ex machina della SapNa fino a quando, due settimane fa, si sono accorti che era stato assunto senza contratto e l’hanno licenziato. Pochi giorni dopo, il colpo di scena: Cesaro denuncia la falsificazione della sua firma. È spuntata sotto una delega del presidente, che autorizzava il suo assessore a partecipare alla seduta della società in cui furono ratificati quegli incarichi. Non uno qualunque, il suo ex braccio destro Armando Cascio. Un giallo, seguito alle dimissioni di Cesaro da presidente della Provincia. Ufficialmente, per potersi ricandidare alla Camera. Certo che qualcuno un posto in lista a uno come lui, con un passato da postino di Rosetta Cutolo e un presente da indagato per camorra, lo troverà di sicuro.
Clini salva tutti. Nonostante le indagini e i dubbi della commissione parlamentare di inchiesta, anche a Caserta hanno deciso di mandare fuori i propri rifiuti. Per ora, la gara è andata deserta. Ma sul piatto ci sono oltre 55 milioni per trasferire altrove ulteriori 300 mila tonnellate di rifiuti. Sembra quasi un contrappasso: dopo anni in cui la Campania è stata usata illecitamente come "pattumiera" d’Italia, ora non vede l’ora di togliersi di torno i suoi sacchetti. Ma i viaggi della speranza dei rifiuti potrebbero presto essere bloccati. Per metà gennaio il Consiglio di Stato dovrà decidere se la spazzatura campana "frullata" negli impianti Stir sia o meno da considerarsi un "rifiuto speciale" o munnezza e basta. In caso contrario, la circolazione non sarà più libera come oggi. Spetterà alle singole regioni decidere se accettare o meno quel carico. E, specie nelle prossime settimane di campagna elettorale, c’è da giurare che quasi nessuno terrà aperte le porte ai rifiuti napoletani. Con il rischio, serio, di rivedere lo stesso film del Natale 2007, con le strade illuminate dalle luci e la puzza dei sacchetti lasciati a marcire sui marciapiedi. Per questo, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini sta lavorando a un decreto che salvi i viaggi di rifiuti verso le altre regioni in casi del tutto eccezionali. Come nel caso della Campania, oggi. E per il Lazio domani, quando Malagrotta chiuderà.