Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 14/12/2012, 14 dicembre 2012
MILANO — A
quasi due anni dal primo affondo sugli «arzilli vecchietti» Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, ieri Diego Della Valle è tornato sul tema con una nuova bordata polemica. Riprendendo le dichiarazioni di martedì scorso a Ballarò, Della Valle ha chiesto ancora ai «banchieri ottantenni» di «lasciare spazio a persone più giovani» che sarebbero più preparate e più in grado di guidare aziende globali come le banche. Con loro, nel mirino di Della Valle è finito Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, importante socio di Intesa Sanpaolo di cui l’avvocato bresciano è presidente del consiglio di sorveglianza e padre nobile da trent’anni. La lettera di Della Valle è infatti arrivata ieri poco dopo le dichiarazioni di Guzzetti a difesa di Bazoli, di cui il presidente della Cariplo si è detto «soddisfatto».
«Bazoli-Geronzi-Guzzetti, tutti banchieri ottantenni (e l’età non è certo una colpa)», è l’esordio di Della Valle, «non si vogliono rendere conto che è arrivato il momento di lasciare spazio a persone più giovani che hanno le energie necessarie per affrontare momenti difficili, alla guida di grandi aziende con un perimetro sempre più globale, quindi non facile da gestire». Ed entra nel merito: «Nell’ambito di Banca Intesa, ci sono uomini bravi e preparati che saprebbero affrontare la gestione futura della banca con la capacità ed il vigore necessari se venissero chiamati a farlo». E argomenta: «Non vedo perché si cerchi di trasformare in polemica una questione che in tutti i Paesi seri verrebbe considerata logica e naturale. Se vogliamo un Paese che cambi davvero», continua, «dobbiamo, se ci sono valide ragioni, essere tutti pronti a fare un passo indietro, anche se questo comporta lasciare posizioni comode e di potere». Quindi l’affondo su Bazoli: «Se vuole davvero bene a questo Paese, non può non prendere atto che è il momento di passare la mano con serenità e con senso di responsabilità ad altri più idonei a ricoprire quel ruolo oggi. Se così non fosse, vorrà dire che anche lui antepone i suoi interessi personali a quelli di un Paese che ha veramente bisogno di grandi cambiamenti».
Non è la prima volta che Della Valle interviene sull’establishment: a settembre aveva attaccato i vertici di Fiat, John Elkann («un ragazzino») e Sergio Marchionne («inadeguato») dopo la decisione di accantonare il piano «Fabbrica Italia». E in primavera aveva lasciato il patto di sindacato di Rcs - di cui adesso ha l’8,7% dal precedente 5,5% - criticando i vertici di Mediobanca, anche con riferimento al ruolo della banca d’affari in Generali.
Contro Geronzi e Bazoli invece si era già scagliato a febbraio 2011, quando Geronzi era presidente del Leone (nel cui board Della Valle siede) a proposito - fra l’altro - del 4% di Rcs in mano alla compagnia triestina. In quell’occasione li aveva bollati come «arzilli vecchietti», salvo poi avanzare dei distinguo nei confronti di Bazoli: «Intendevo tutte e due le persone ma non per accomunarle in un disegno: il distinguo è sulla qualità. Credo che Bazoli gestisca con la convinzione vera di fare un’operazione che faccia bene al sistema. Penso invece che Geronzi le faccia con la convinzione che poi possano far comodo alla gestione della sua carriera. Questa è la differenza». Una differenza che però i due banchieri hanno interpretato in maniera diversa, come ha spiegato pochi giorni fa proprio Bazoli presentando il libro di Geronzi e Massimo Mucchetti, Confiteor: «Negli ultimi anni (tra noi, ndr) c’è stato un sodalizio, non una diarchia, una collaborazione leale, lineare che può essere giudicata in vario modo, ma che noi riteniamo essere stata utile per la stabilizzazione del sistema».
Fabrizio Massaro