Dario Di Vico, Corriere della Sera 14/12/2012, 14 dicembre 2012
In Italia l’investimento immobiliare è stato storicamente, assieme ai Bot, il canale preferito per l’impiego dei risparmi delle famiglie
In Italia l’investimento immobiliare è stato storicamente, assieme ai Bot, il canale preferito per l’impiego dei risparmi delle famiglie. Questa propensione si è trasmessa nel tempo attraverso le generazioni, dai nonni ai padri fino ai figli, anche perché nel frattempo la Borsa ha deluso i nostri connazionali e più in generale gli investimenti finanziari non sono riusciti a rendersi pienamente competitivi. Più del 90% degli immobili oggi è di proprietà delle famiglie che hanno lavorato, poi risparmiato e infine comprato case di ogni tipo. Nelle località di villeggiatura per utilizzarle stagionalmente, in città per affittarle e produrre reddito. Fino al 2007 il meccanismo ha funzionato anche perché agevolato nei primi anni dell’euro dai mutui bassi. Ora alla fine del quarto anno della Grande Crisi i capi-famiglia sotto i 35 anni non possono comprare l’alloggio perché non riescono a risparmiare nemmeno un euro e solo un ristretto gruppo di benestanti può permetterselo. Non a caso il segmento del mercato immobiliare che va relativamente meglio è quello del lusso. Con la manovra di risanamento varata dal governo Monti sul ceto medio proprietario di più case si è abbattuta l’Imu, che per come è stata congegnata si è rivelata una vera patrimoniale di massa che non ha trasferito gettito né ai Comuni né alle Regioni. Nonostante i mugugni e qualche sconsiderato invito allo sciopero fiscale, gli italiani l’hanno pagata disciplinatamente come del resto era già avvenuto negli Anni 90 con l’eurotassa ma l’effetto sul reddito disponibile si sta facendo sentire. Eccome. Ex post abbiamo capito che si è trattato di una patrimoniale non pagata con il surplus di ricchezza — come raccontavano i sacri testi — bensì pescando direttamente dal portafoglio, con pesanti conseguenze sul calo della domanda interna. Queste considerazioni dovrebbero far riflettere quanti si avviano a sostenere in campagna elettorale la necessità di un’altra patrimoniale, che nelle intenzioni dei proponenti dovrebbe colpire i Paperoni d’Italia ma vista l’estrema mobilità dei patrimoni finanziari si abbatterebbe di nuovo su coloro che già sono stati ampiamente colpiti dall’Imu. Una nuova tassazione sui proprietari di più case potrebbe avere effetti a valle estremamente rischiosi. Per pagare di nuovo, il ceto medio potrebbe essere costretto a mettere in vendita le seconde case e le abitazioni in affitto creando così sul mercato un eccesso di offerta e una svalutazione del patrimonio in mano alle famiglie. Risultato: verrebbe colpita la «ricchezza diffusa» e non quel 10% di Paperoni che da solo ne detiene quasi la metà. È chiaro che una patrimonializzazione a netta prevalenza immobiliare, come quella italiana, presenta delle controindicazioni. È ricchezza statica che non affluisce alle imprese e non finanzia la crescita. Quando ci sarà modo di ragionare a bocce ferme bisognerà trovare la maniera di mettere in circolo quei soldi a beneficio delle giovani generazioni ma oggi bisogna agire con estrema attenzione. Se il Censis ci ha detto che il ceto medio sta «smottando», le ricette di qualche apprendista stregone lo affosserebbero del tutto.