Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 14 Venerdì calendario

GIALLO BEATRICE: 25 ANNI DI MISTERO VIOLA

Flavio Bruno gattona davanti alla foto-poster di Bruno Bea­trice e grida spensierato: «Nonno palla...». Flavio Bruno è il figlio di Claudia Beatrice, figlia del mediano di quella “tragica” Fioren­tina anni ’70, morto il 16 dicembre del 1987, a soli a 39 anni «per una leucemia linfoblastica, a causa di un ciclo scellerato di raggi Roentgen», viene in soccorso suo fratello Ales­sandro che tiene per mano la picco­la Viola. Due nipoti che nonno Bruno ­se fosse vivo oggi a­vrebbe 64 anni - lo potranno vedere solo in foto o im­maginare dai racconti dei loro ge­nitori («Eravamo piccoli anche noi quando papà è morto: io avevo 10 anni e Alessandro 8») e soprattutto quelli di nonna Gabriella . La “ve­dova courage” delle tante morti del pallone diventate mistero e nel ca­so di Beatrice, capitolo principale del “Giallo Viola”. «Che mio marito sia morto per colpa del calcio lo grido da 25 anni... Ora spero che il mio appello che consegno ad Avve­nire (vedi testo a fianco) scuota un attimo le coscienze di quei signori del Palazzo del pallone che fino ad oggi si sono trincerati dietro un vergognoso muro di omertà».
Chiede verità e giustizia la famiglia Beatrice: «Ci sono perizie mediche e indagini dei Nas di Firenze che dicono che quel ciclo criminale di Roentgen a cui papà venne sotto­posto dalla Fiorentina (dal marzo al giugno del 1976), per guarire da una semplice pubalgia, l’hanno stroncato, portandocelo via troppo presto...», tuona Alessandro. «È tempo che si vada a fondo una vol­ta per tutte su quella di Beatrice, ma anche sulle altre morti e i mala­ti della Fiorentina degli anni ’70... Chissà quante porcherie c’erano dentro le flebo che gli facevano? Che gli davano sostanze - Micoren, Cortex - ormai lo sappiamo con certezza. Il suo compagno di squa­dra Nello Saltutti prima di morire d’infarto lo confermò a me e agli inquirenti». Oltre a Beatrice e Saltutti ci sono state altre 3 morti sospette in quella Fiorentina: Ugo Ferrante, Giu­seppe Longoni e Massimo Mattolini. Oltre alle malattie di Domenico Caso (tumore), Giancar­lo Antognoni (in­farto) e Giancarlo Galdiolo, ultimo caso di Sla (Sclerosi laterale amio­trofica) nel calcio. Storie insabbia­te, mentre l’iter giudiziario del caso Beatrice è iniziato nel 1997 quando Gabriella presentò l’esposto per la morte del marito alla Procura di A­rezzo. «Scrissero due paginette e archiviarono di corsa», ricorda la vedova Beatrice che con i suoi figli aveva sperato in una coda risoluti­va in sede penale, specie dopo la riapertura dell’inchiesta coordina­ta dal pm Luigi Bocciolini ed ese­guita dai carabinieri dei Nas di Fi­renze. «Nonostante le cartelle clini­che di quella squadra erano spari­te, si ipotizzava l’omicidio prete­rintenzionale. Alla fine però, niente processo e inchiesta archiviata per prescrizione. Eppure, dalle indagi­ni e dagli interrogatori, è comun­que emersa una realtà che parlava di “sperimentazione medica” effet­tuata su Beatrice e i compagni di quella formazione viola», dice l’av­vocato Odo Lombardo che con il collega Antonio Voce patrocina la famiglia dell’ex mediano della Fio­rentina, la quale ora confida alme­no in in un processo in sede civile.
«Siamo ricorsi al giudice del lavoro di Firenze perché quella di Beatrice è da considerarsi “morte bianca” del calcio a tutti gli effetti - spiega l’avvocato Lombardo - . Ci sono prove a nostro avviso di violazioni della normativa sulla tutela del rapporto di lavoro con specifiche responsabilità dei datori, dei diri­genti, dello staff tecnico (l’allenato­re di allora era Carlo Mazzone) e medico di quella Fiorentina. E sia ben chiaro che da questa vicenda la famiglia Beatrice non cerca ri­sarcimenti, ma vuole che tutti co­noscano la verità sul come sia stato possibile che un giovane sportivo sia assurto a vittima di interessi privati che con il calcio non do­vrebbero avere nulla a che fare». U­na “palla avvelenata” sulla quale il sospetto è che non si riesca o non si voglia più fare luce. «Fino a quando i calciatori verranno pagati con gli stipendi esorbitanti che an­cora circolano, anche in tempi di crisi nera, non si potrà mai arrivare alla verità, perché il silenzio è d’o­ro », dice Claudia carica di amarez­za. A nulla sono serviti in tutti que­sti lunghi anni i loro continui ap­pelli e neppure la fondazione dell’Associazione vittime del do­ping ha portato a dei risultati.
«Un’Associazione nata per contri­buire alla eliminazione di questa piaga che imputridisce il nostro sport - continua l’avvocato Lom­bardo -, ma da quando è sorta ha avuto solo una segnalazione, quella della mo­glie di Giuliano Taccola», la vedo­va dell’ex centra­vanti della Roma, morto anche lui per un’iniezione misteriosa, nel marzo 1969, a soli 26 anni. «Quello che trovo scandalo­so è che quasi tutti quelli che potevano partecipare al­la nostra battaglia sono spariti nel nulla», conclude Gabriella. Non se ne è fatto ancora niente neppure della proposta di un “Memorial Bruno Beatrice” avanzata alla Fio­rentina dei fratelli Della Valle che però hanno preso in considerazio­ne il progetto. E domenica, giorno del 25° dalla morte, ironia della sorte al Franchi si disputa Fiorenti­na- Siena. «Il club per il quale Bea­trice ha dato anche la vita, contro l’ultima squadra in cui ha giocato prima di chiudere con il grande calcio - dice sospirando Gabriella mentre accudisce i nipotini -. Quando ripenso a tutte le domeni­che che giocava e restavo qui con i bimbi ad aspettarlo... Ora mi a­spetto un po’ di giustizia e ringra­zio chi ha inventato i ricordi, solo quelli mi fanno sentire Bruno an­cora vivo...».