Sergio Romano , Corriere della Sera 13/12/2012, 13 dicembre 2012
VIAGGIO IPOTETICO NELLA MENTE DI BERLUSCONI
Lei ha risposto sul Corriere della Sera a un lettore che le chiedeva che cosa farebbe se si trovasse (anche se in forma ipotetica) al posto di Monti. Gradirei la risposta a un tema senza dubbio più difficile, e cioè cosa lei farebbe se si trovasse (sempre in forma ipotetica) nella mente di Berlusconi. Mentre nella mente di Monti si può fare un «viaggio» (cosi come ha titolato il Corriere la sua risposta), nella mente di Berlusconi temo si possa forse fare solo «due passi» o al massimo «una passeggiatina». Penso che Lei invece potrebbe fare per i lettori del Corriere un «grand tour».
Vittore Ceretti
Milano
Caro Ceretti,
Prima delle elezioni del 2001, chiesi a Berlusconi, durante un incontro con la redazione del Corriere, come avrebbe affrontato, se avesse vinto le elezioni, il problema del suo conflitto d’interessi. Dalla risposta, molto vaga, capii che credeva di potere ignorare il problema e cercai di spiegare che l’indifferenza alla questione lo avrebbe costretto a fare una continua e logorante battaglia di retroguardia contro tutti coloro che (spesso a ragione, qualche volta a torto) lo avrebbero accusato di fare leggi e prendere decisioni tagliate sulle sue convenienze. Non mi è facile quindi mettermi nei panni di un uomo politico che ha deliberatamente pregiudicato, per non rinunciare al controllo delle sue aziende, la capacità di governare secondo gli interessi e le esigenze del Paese. Ma posso cercare di capire perché abbia deciso di tornare in campo.
Non credo che si illuda di vincere come nel 2001 e nel 2008. Un insaziabile consumatore di sondaggi come Berlusconi non può ignorare che il consenso per il suo partito e la sua persona si sono considerevolmente ridotti. Ma sa di potere contare su un certo numero di fedeli e ha constatato l’esistenza di un elettorato che non ha approvato la linea del governo Monti, non si considera rappresentato dalla sinistra del Pd, soprattutto dopo l’accordo del partito di Bersani con quello di Vendola, e non ha grande fiducia nella pattuglia dei piccoli partiti centristi. Se i sondaggi, per il momento, gli attribuiscono grosso modo il 15% del Paese, cercherà di aumentare la percentuale prendendo voti soprattutto al movimento di Grillo, ai delusi della Lega e a formazioni minori. Naturalmente dovrà fare una campagna anti-europea, anti-tedesca, con molti attacchi all’euro, alla Commissione di Bruxelles, a tutti coloro che vengono accusati di manovrare lo spread per comprare a poco prezzo i gioielli dell’industria italiana. Questa tattica elettorale lo esporrà alle critiche dei tedeschi e di altri europei, ma Berlusconi spera di sfruttare le reazioni nazionaliste di una parte della società italiana contro quelle che vengono considerate indebite ingerenze nella sovranità nazionale.
Non credo che si faccia illusioni sulla possibilità d’impedire che il Pd arrivi primo alla Camera e incassi il premio di maggioranza. Ma conosce bene il «porcellum» e sa che il premio, al Senato, non scatta su base nazionale ma regionale e che la sua vittoria in alcune delle regioni del Nord potrebbe produrre una Camera alta in cui il Pd non avrebbe maggioranza. Potrebbe accadere al governo Bersani quello che accadde al governo Prodi nel 2006. Provo a riassumere, caro Ceretti. Berlusconi, questa volta, non si candida per governare. Si candida per impedire che l’Italia possa essere governata.