Silvia Nucini, VanityFair 12/12/2012, 12 dicembre 2012
A LUI PIACE GUIDARE, IO STO SEDUTA E GUARDO
[Lorenzo «Jovanotti» Cherubini è l’uomo con cui sta da 18 anni. Scrive e le dedica canzoni d’amore, mentre lei si occupa della manutenzione di questo amore. Ma le piace anche fotografare, alla sua maniera, un pezzo per volta, un giorno per volta. E poi mettere insieme tutte queste foto in u libro. Che ha condiviso con noi] –
Se googlate Francesca Valiani potete imbattervi nel video di Angela e Giusy. Due signore in automobile che parlano di lei, e si sono fatte l’idea che deve essere una persona straordinaria per due motivi fondamentali: a) perché ha la faccia a cuore; b) perché Lorenzo Jovanotti continua, dopo quasi vent’anni d’amore, a scrivere canzoni che le fanno molto piangere e questo, non c’è dubbio, è tutto merito di Francesca.
«Ma anche mio marito mi scrive poesie», si intenerisce una.
«Beata te, il mio no», sospira l’altra.
Se dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, dietro ogni artista da milioni di dischi, e concerti, e fan, c’è una donna che sa prendere bene le misure, trovarsi un posto e starci senza fatica sapendo che tutto intorno il terreno è sdrucciolevole. E infatti la prima cosa che la signora Cherubini dice di sé è: «Non sono timida, è la posizione che mi rende traballante».
«Francesca Valiani è mia moglie»: inizia così, «tanto per non far finta», la prefazione che Lorenzo “Jovanotti” Cherubini (si firma così lui, chissà che abbiamo trovato una dicitura ufficiale del suo nome) ha scritto («mettendoci tanto tempo») per il libro di sua moglie, appunto. Un libro di fotografie scattate con l’iPhone, tutti i giorni di un anno, che così si intitola: Tutti i giorni. E in cui lui c’è, ma neanche tantissimo, e più spesso di lui ci sono solo dei pezzi perché a Francesca piacciono le cose piccole, i dettagli dove, come dice il proverbio, si nasconde il diavolo, ma anche la meraviglia delle vite e delle persone. Le foto sono fatte un po’ in giro, in Italia e anche in America, dove adesso sono andati a vivere per un po’ con la figlia Teresa e i due cani, «che erano già trovatelli e non si poteva lasciarli una seconda volta».
«Nella mia famiglia lavorare vuol dire fare il veterinario, il dottore. E così, anche se scatto foto da quando ero ragazzina, non ho mai pensato potesse essere una cosa seria. Le ho sempre fatte per me, come per fermare un pensiero, senza bisogno quasi di farle vedere a nessuno. Poi ci è venuta l’idea di pubblicarne una ogni giorno in un angolino del sito di Lorenzo, la gente mi diceva che erano belle».
Che cosa le piace fotografare?
«Le cose che non cerco, ma che trovo continuamente, soprattutto con l’iPhone, che è come un blocco di appunti su cui puoi segnare qualsiasi cosa. Mi colpiscono le cose lasciate, dimenticate, che conservano una traccia, un ricordo di chi le ha possedute. Di ogni cosa mi visualizzo una storia. Di una carta gettata per strada, in cui vedo il muso di un gatto, immagino chi l’ha buttata. Le persone, almeno nella loro interezza, mi interessano meno perché in un viso mi sembra tutto troppo esplicito. Per questo Lorenzo ho cominciato a fotografarlo alla mia maniera, anche se qualche volta devo dare soddisfazione al suo ego – che non è piccolo – e fargli dei ritratti veri».
Nei suoi scatti c’è un velo di malinconia.
«È vero, ma accanto alle foto ci sono sempre le didascalie. Le ho scritte perché ho capito che la foto, da sola, non mi raccontava fino in fondo. Così, accanto a un’immagine malinconica, c’è quasi sempre una didascalia che la scardina, questa malinconia. Questo è poi anche come sono fatta io, che cerco un modo per uscire dal dolore, uno scatto, un colpo di reni. Non indugio mai nel dolore, perché fa troppo male, soprattutto quello degli altri. Il mio so cos’è, quello di chi amo no».
Nella prefazione Lorenzo dice che guardate il mondo in modo diverso e complementare: lui guarda lontano, lei vicino. La differenza dei vostri sguardi ha creato qualche difficoltà, almeno all’inizio della vostra storia?
«No, perché avevamo bisogno l’uno della prospettiva dell’altro. Lui aveva voglia di qualcuno che gli mostrasse questa parte. Il primo viaggio che abbiamo fatto insieme è stato ad Amsterdam, io gli parlavo dei tetti delle case e lui mi disse che
i confini delle case non li aveva mai guardati. Lui va veloce verso un obiettivo, io non ce l’ho mai una meta, vado a spanne. Se guardi un punto non vedi quello che scorre accanto. La metafora perfetta di noi è la macchina: lui guida e io sto seduta accanto. Lui va, e io gli racconto il panorama, a me piace che lui mi porti, a lui piace che io mi guardi intorno. Mi chiedono, a volte, se non mi pesi stare nell’ombra della sua notorietà. Io in realtà vivo come un lusso la possibilità di stare dietro, mentre lui è il frontman».
Anche a casa?
«Nella nostra quotidianità i ruoli sono perfettamente calibrati. Ricordo che una volta un amico psichiatra volle vedere i disegni di Teresa, per capire come ci vedeva lei, quanto grandi ci disegnava. E nelle sue raffigurazioni il papà era alto, la mamma un pochino meno e lei era la piccolina. Le giuste dimensioni per tutti e tre. Il protagonismo di Lorenzo nella vita privata non c’è. Quando ogni tanto lo tira fuori, viene redarguito».
Ma perché le piace così tanto stare nell’ombra?
«La vita mondana, il gossip, il comparire, lo scintillio sono cose che non fanno per me. Io sono cresciuta in un paese, negli anni Ottanta. Ci si conosceva tutti, era come essere un po’ famosi. Io questa cosa di vivere in pubblico un po’ l’ho sofferta. Quel sapere chi sei e il parlare di te è lo stesso meccanismo, in piccolo, del gossip. La mia quota di notorietà l’ho già avuta. Quando io e Lorenzo ci siamo messi insieme è successa una tragedia vera, i miei l’hanno presa malissimo perché, nonostante conoscessero Lorenzo da quando era piccolo e sua sorella Anna fosse la mia migliore amica, avevano il terrore che io finissi sui giornali, una cosa inaccettabile per la loro accanita riservatezza. E così, quando ci fotografarono su Novella 2000, mia madre disse lapidaria: “Chi non vuole finire sui giornali non ci finisce mai”. In fondo aveva ragione».
Si sente mai sola?
«La solitudine è una sensazione che mi porto dietro da sempre. I miei genitori lavoravano: mio padre era veterinario e mia madre insegnante. Stavo con i nonni, ma per molti anni sono stata figlia unica: mio fratello è arrivato quando io avevo 9 anni. Ricordo la sensazione di mancanza di mia mamma. Ricordo che annusavo la sua borsa: mia madre fumava e nella sua borsa c’era questo odore misto di tabacco e caramelle di rabarbaro. Ricordo che lo cercavo, lo sentivo e piangevo. La solitudine la sento molto forte anche adesso. Non cerco di fuggirla perché io non credo la si possa fuggire: è come saper leggere un alfabeto, se la conosci è difficile che tu non la colga. Io mi sento sola anche in mezzo alla gente, non è piacevole, ma mi piace, anche perché credo aggiunga una sensibilità bella. Mi fa leggere la vita a strati diversi: non può essere sempre tutto scintillante».
Qual è un antidoto alla solitudine?
«La si annulla con una nota simile e opposta, che io credo sia l’amore e vedere le cose belle».
Più l’amore di un uomo o quello di un figlio?
«L’amore per un figlio ha delle responsabilità. È più un tuo dare. Quello che Teresa mi dà è naturale. Quello di un uomo non è scontato, è meno naturale, ma forse per questo ti riempie di più».
Lo sa di essere una donna molto invidiata? Non solo per il marito che ha, ma anche perché questo marito sa cantare l’amore per lei in un modo speciale. Che effetto le fanno le canzoni che le ha dedicato?
«Nelle canzoni c’è tutto: c’è la verità e anche il mestiere. Per questo non penso: questa è mia. Anche se lo riconosco che racconta qualcosa che esiste. Non ho mai avvertito le canzoni che ha scritto per me come uno sbandieramento, per me conservano in fondo un sapore intimo. Dell’essere invidiata che cosa posso dire? Che hanno ragione. Essere amati non è una cosa scontata. Noi, diversamente da tante coppie non note che vivono gli stessi sentimenti, abbiamo solo una dimensione più pubblica. Ci sono fan di Lorenzo che mi odiano con ferocia e altre che amano anche me perché amano lui, per la proprietà transitiva».
Saprà anche che le canzoni di suo marito sono motivo di rampogna di coppia. Tipo: a me tu quelle cose non me le dici mai.
«Me lo dicono, ogni tanto. Però io credo che ogni persona abbia il suo modo di esprimere i sentimenti, no?».
Perché lei e Lorenzo state bene insieme?
«Io credo nelle affinità profonde. Ma questo non vuol dire che sia facile: tutto è stato una conquista. Il nostro rapporto in questi diciotto anni è cambiato totalmente, grazie a un lavoro quotidiano di correzione e rimessa a punto. Tra i due c’è sempre uno che si dedica alla manutenzione dell’amore e nella nostra coppia sono io che mi accorgo, che riavvito i bulloni che stanno mollando, che vedo qualche cosa che si sta sbrecciando. Ci metto attenzione, tempo, pensieri».
Voi due vi conoscete da quando eravate ragazzini. Ma lei lo sapeva che sarebbe finita così?
«Ma per niente. Però, quando ci siamo messi insieme, entrambi abbiamo avuto la sensazione che fosse una cosa scritta. Da piccole cose. Come il dettaglio che io frequentavo la sua famiglia, i suoi fratelli erano miei amici e lui invece no, come se il nostro rapporto vivesse uno stato di sospensione in attesa della sua forma vera. E secondo me questo fatto qualcosa racconta».
Un ricordo di voi?
«Avevo 14 anni, lui metteva i dischi in una discoteca di Cortona. Mi venne a portare un biglietto per una serata in quel locale. I miei naturalmente non mi fecero andare, ma io quel biglietto lo conservai, senza nessun motivo, per anni dentro il portafoglio. Ce l’ho ancora».