Maurizio Belpietro, Libero 12/12/2012, 12 dicembre 2012
NE CACCIO NOVE SU DIECI
[Berlusconi lancia l’operazione rinnovamento: «Più della metà dei candidati dal mondo delle imprese, della cultura e delle arti». Premiati gli amministratori locali più apprezzati, giro di vite sui parlamentari di lungo corso: «Solo il 10% di loro sarà riconfermato»] –
Qualcuno dice che c’è per questo annuncio per le dimissioni di Monti e l’arrivo delle elezioni c’è una instabilità dei mercati e dello spread che è salito 360 punti. Ma è così?
«Guardi l’anticipo delle elezioni dovuto alle dimissioni di Monti è risibile, si tratta poco più di un mese. Non c’è una ragione vera perché i mercati si debbano agitare. Per lo spread smettiamola di parlare di questo imbroglio. Di spread non si era mai sentito parlare, se ne parla solo da un anno, ma che ci importa di quanto e gli interessi che il nostro debito pubblico paga a chi investe sui nostri titoli, rispetto a quelli che pagano investitori che investano sul debito pubblico tedesco. Noi siamo andati avanti da quando c’è l’euro a pagare il 4,3 %, la Germania pagava il 3,3 %, poi la Germania ha deciso di fare una cosa nei suoi interessi: ha ordinato a tutte le banche di vendere tutti i titoli del tesoro italiani che avevano in cassa. Questo fatto ha portato 7 - 8 - 9 miliardi di vendite, gli altri fondi internazionali e americani hanno pensato se la Germania vende ci sarà qualcosa sotto, hanno venduto anche loro e allora tutti gli altri investitori per investire nel nostro debito pubblico e in quello dei Paesi cicala hanno chiesto un premio per il rischio teorico di investire sui nostri titoli. Hanno chiesto interessi del 14 - 15 per cento alla Grecia, del 9 - 11 al Portogallo, del 7 - 8 alla Spagna e del 6 all’Italia. La Germania ha approfittato di tutto questo disponendo dell’unico debito sovrano sicuro abbassando i tassi per gli investitori all’1 per cento. A noi cosa importa che per noi il tasso è al 6 e alla Germania all’1? Quello che ci importa è che i nostri tassi - quelli che dobbiamo pagare agli investitori che investono sul nostro debito - sono cresciuti del 2 per cento, che in un anno fanno meno di 5 miliardi di spesa in più che si aggiunge agli 80 miliardi che ci costa il servizio del debito. Quindi tutto quello che si è detto sullo spread è un imbroglio. La verità è che si è usato lo spread per abbattere un governo eletto dagli italiani e si è mandato un governo a casa facendogli perdere la maggioranza che aveva in parlamento ».
Quindi l’Italia non è un osservato speciale. Non c’è preoccupazione per un suo ritorno in Europa?
«Ma nemmeno per sogno. Io fin quando ho rappresentato l’Italia nel Consiglio dei capi di Stato e di Governo ero fra i 2 - 3 capi di governo più autorevoli. Ero l’unico che veniva dalla trincea del lavoro. Mi opponevo alle richieste tedesche. Ho detto di no alla signora Merkel quando chiedeva che alla Grecia fossero imposte delle riduzioni che avrebbero portato, come poi è stato, la Grecia alla guerra civile. Ho detto di no quando si è parlato di tobin tax, ho detto sì - no quando si è trattato di far calcolare alle banche i titoli di debito pubblico posseduti non al valore di rimborso ma al valore di mercato, costringendo le banche a patrimonializzarsi di più. Ho detto di no al patto fiscale, al fiscal compact, e ho messo il veto sospendendo il Consiglio di capi di Stato e di Governo per far presente che l’Italia non poteva assumersi una riduzione del debito di 50 miliardi all’anno, anche perché il debito dell’Italia non è il 120 per cento rispetto al Pil perché il nostro Pil va calcolato sommando al Pil emerso il Pil sommerso, cosa che l’Europa non fa. E anche il debito non è così elevato come si vuol fare credere: sono 2.000 miliardi di euro contro 8.600 miliardi di attivo italiano. Detraendo i 2.000 agli 8.600 resta un attivo di 6.600 miliardi, e risulta che quella italiana è la seconda economia più solida dopo la Germania».
Presidente lei ha detto io torno perché l’Italia è sul baratro. Monti ha fatto degli errori?
«Io non voglio dire che sono stati fatti errori. Io dico che il governo Monti, seguendo una politica germano - centrica che l’Europa ha cercato di imporre a noi e ad altri Stati, ha portato a una condizione di crisi peggiore rispetto a quando eravamo noi al governo. Quando c’eravamo noi il Pil era positivo negli ultimi mesi: era in attivo dello 0,6 per cento, con questo governo è al - 2 per cento. Tutti gli indicatori fondamentali dell’economia sono negativi rispetto a quando c’eravamo noi. I dati sono lì a dire che tutto è peggiorato».
Lei ha parlato di un ritorno con la Lega. Qualcuno della Lega è stato freddo. C’è questa alleanza?
«Mi vedo stasera (ieri per chi legge, ndr) con Maroni a cena, e parleremo sia dell’alleanza nazionale che degli impegni che ognuno prenderà per il programma da presentare agli italiani. Da questa possibile alleanza nazionale potrebbe venire anche un’ipotesi di una probabile alleanza per le lezioni regionali in Lombardia».
Quindi non è ancora certa la candidatura di Maroni in Lombardia per il centrodestra, ma possibile.
«Certo stiamo proprio discutendo di questo».
Si parla di volti nuovi per il Pdl, avete già deciso qualcosa?
«Sì siamo già al lavoro e tante cose sono già avanzate. Abbiamo deciso di presentare un movimento con immissione di forze nuove: il 50 per cento dei nostri candidati devono venire dal mondo del lavoro, dal mondo delle imprese e delle professioni. Il 20 per cento deve essere preso da quegli amministratori locali che sono stati rieletti una seconda volta e che si sono conquistati la fiducia dei cittadini. Un altro 10 per cento fra personalità della cultura, dell’università, dell’arte, e un altro 10 da quelli che sono i nostri parlamentari attuali».
Si parla anche di una scissione nel Pdl. Il gruppo che viene da An formerebbe un partito proprio. È così?
«Sì, col Porcellum si confrontano due coalizioni e tutti i partiti che stanno nella stessa coalizione sommano i voti fra di loro. Quindi vince la coalizione che ha la somma di voti più alta rispetto all’altra. In questo caso, se per esempio i provenienti da Alleanza Nazionale avessero una formazione politica, pensiamo che i voti di due formazioni con la loro somma potrebbero superare i voti di una sola formazione. Stiamo ragionando dunque di dare vita ad una formazione politica con quelle personalità che hanno una tradizione di destra».
Il Pdl cambierà nome?
«Se quelli di An avessero una loro formazione politica cadrebbe il loro veto ad una modifica del nome “Popolo della libertà”. Ma non è che Popolo della Libertà sia un brutto nome, anzi ha due parole bellissime come “popolo” e “libertà”. Il problema è che non si parla di Popolo della Libertà ma di Pdl, si usa l’acronimo. Quindi è possibile che noi sottoporremo alla direzione nazionale un altro nome, oppure mantenere il Popolo della Libertà presentandoci però con un altro simbolo, quello glorioso di Forza Italia che ci porta indietro negli anni, alle origini, alla nostra discesa in campo del 1994, una discesa che aveva tanti ideali con passione e con entusiasmo ».