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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

Basta tedeschi über alles Facciano dietrofront e non s’impiccino più - Noi, gli italiani, rimaniamo sempre male; anzi, ci arrabbia­mo moltissimo quando la Ger­mania mette lo zampino negli affari nostri

Basta tedeschi über alles Facciano dietrofront e non s’impiccino più - Noi, gli italiani, rimaniamo sempre male; anzi, ci arrabbia­mo moltissimo quando la Ger­mania mette lo zampino negli affari nostri. Quello che ci fa ar­rabbiare di più, però, è l’eccessi­va sopportazione dei nostri go­vernanti, la loro remissività, la mancanza delle dovute rimo­stranze nei­confronti di qualsia­si Stato che s’ingerisca nella no­stra politica e nei nostri compor­tamenti. Da quando è cominciata la crisi dell’euro queste ingeren­ze, soprattutto da parte tede­sca, sono diventate sempre più frequenti e hanno raggiunto il culmine con le dimissioni del governo Monti. L’unanime co­ro di rimpianto e di sconforto che si è alzato alla caduta del go­vern­o Monti nella stampa inter­nazionale, tra gli esponenti del potere europeo e da parte del capo del governo e dei ministri tedeschi, è stato simile e forse maggiore di quello che ha ac­compagnato la morte di Karol Wojtyla. Davvero imbarazzan­ti le par­ole d’incenso sparse sul­la persona di Mario Monti, e tali da darci la controprova che non era caduto il governo italia­no, ma quello europeo. Monti rappresentava (e rappre­senta) l’Europa in Ita­lia e tut­te le decisio­ni che ha preso so­no state sempre funzionali agli interessi del­l’Europa. Que­sto, però, è il punto: non si può continuare a fingere che la costru­zione dell’Europa unita non comporti la distruzione de­gli Stati nazionali e che, di con­seguenza, chi persegue gli inte­ressi dell’Europa, debba neces­sariamente calpestare quelli degli Stati na­zionali. Il proble­ma nasce dal fat­to che, nel timo­re che­questa ve­rità non entusia­smasse i popoli, tutto questo è stato detto fino a oggi soltanto a mez­za bocca, ed è diventa­to esplicito soltanto quan­do è esplosa la crisi dell’euro. Il motivo è chiaro: è stato allora che l’Europa ha corso il mag­gior rischio, con la probabile uscita di qualcuno degli Stati dall’euro, di veder crollare tut­ta la costruzione. Non si pensi che ci si sia preoccupati dei po­veri greci quando è stato deciso di obbligarli a prendere monta­gne di soldi in prestito. Lo sguar­do fisso alla meta - i parametri europei- non vedono né disoc­cupati alla fame, né imprendito­ri suicidi, né case in rovina. Monti è il loro uomo perfetto, quello di cui erano sicuri che, forte dell’appartenenza all’Eu­ropa, avrebbe riportato rigoro­samente in ordine i conti del­l’Italia, appunto passando so­pra, senza vederle, alle monta­gne di disoccupati e alle decine di suicidi. La Germania è l’Europa. E non soltanto perché è economi­camente la più forte o perché le buone maniere non si confan­no al carattere tedesco. Sarebbe bene prendere atto esplicitamente anche di que­sto: la parità, l’uguaglianza di tutti gli Stati, affermata spaval­damente sulla carta, è una delle tante menzogne che l’Unione ha ripetuto, facendo il contra­rio, per 70 anni, allo scopo di il­ludere e di convincere quei po­veri illusi che sono, o meglio era­no, i popoli. Il dubbio che l’Italia possa de­cidersi ad abbandonare l’euro , visto che non si può andare avanti neanche un giorno di più nelle condizioni attuali, tie­ne perciò i governanti d’Euro­pa sulle spine, e la Germania ha parlato per tutti. Ma ha sbaglia­to. Lo smodato incenso sparso sulla testa di Monti, il segnalar­lo come unico governante gra­dito, non è stata soltanto un’in­terferenza politica vietata nei rapporti tra gli Stati anche quan­do sono amici, ma ha fatto capi­re ancor meglio agli italiani di non essere liberi, che la chiama­ta al governo di Monti, senza il ricorso alle elezioni, è stato un passo pericoloso che li ha mes­si alla mercé dell’Europa. L’Europa, dunque, faccia un passo indietro; la Germania si ri­cordi di essere uno Stato ugua­le agli altri nell’Ue. L’Italia an­drà presto alle elezioni. L’unica cosa che può garantire a tutti il superamento di un anno atro­ce e il passaggio a un anno mi­gliore è il ritorno alla normale vi­ta democratica.