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 2012  dicembre 11 Martedì calendario

Sempre più medici denunciati Ma è colpevole uno su cento - L’idillio medico- paziente esiste solo in Tv

Sempre più medici denunciati Ma è colpevole uno su cento - L’idillio medico- paziente esiste solo in Tv. Nella realtà le denunce che piovono sulla set­tore sanitario sono lievitate del 300% in soli otto anni. E i pazien­ti sono diventati nemici dei ca­mici bianchi che vengono de­nunciati spesso con leggerez­za. Lo confermano i dati della Procura di Roma elaborati dal­l’Istituto di medicina legale del­l’Università cattolica Sacro Cuore: solo una denuncia su 100 è fondata e si trasforma in condanna. In pratica, il 99% dei medici viene scagionato dopo aver subito un processo che può durare dai cinque agli otto anni. Una degenerazione che provoca uno sperpero di dena­ro pubblico nel settore giudizia­rio e in quello sanitario. Già, perché i medici non ne posso­no più di ricevere avvisi di ga­ranzia per ogni magagna. E con­trattaccano con la medicina di­fensiva, un’arma a doppio ta­glio: se da un latoli cautela,dal­l’altra aggrava i costi della sani­tà pubblica per circa un miliar­do di euro l’anno. Un’indagine della Commissione parlamen­tare d’inchiesta sugli errori sa­nitari rileva infatti che quasi il 70% dei medici propone un ri­covero non necessario mentre sei su dieci suggeriscono più esami del dovuto. «La classe medica si sente perseguitata e la conseguenza è l’aumento del 10% della spesa nazionale» in­calza Maurizio Maggiorotti, presidente di Amami, acroni­mo di Associazione Medici Ac­cusati di Malpractice. «I costi lievitano in tutti i settori - ag­giunge il medico - La spesa far­macologica cresce del 15%, gli accertamenti di circa 20% e si traducono in 200 milioni l’an­no, le visite specialistiche ag­giuntive si stimano intorno ai 150 milioni l’anno. Alla fine il miliardo di euro lo superiamo senza problemi». E tutto per­ché in Italia, unica nazione nel­la Ue e nel mondo è previsto lo strumento penale per colpa del medico. Fuori dai confini un professionista viene condanna­to solo per dolo o per aver agito sotto l’effetto di sostanze stupe­facenti o dell’alcol. Ma il nostro codice è rimasto un po’ indietro. E si assiste a una sorta di perversione giudi­ziale che lascia una vittima an­che dopo un’assoluzione. E nel­l’ambiente ospedaliero, chi ha ricevuto un semplice avviso di garanzia è colpito dalla «sindro­me dell’appestato»: vive una crisi psicologica che gli crea iso­lamento professionale e limita le sue capacità professionali. Molti finiscono dal collega psi­canalista. I medici sono diso­rientati, sfiduciati e hanno vo­glia di rivalsa. E anche il presi­dente di Amamai, Maggiarotti ammette che di fronte a 30 mila sinistri all’anno, questa reazio­ne è inevitabile. «Un medico ­racconta - è stato condannato per omicidio colposo perché di fronte a una cefalea non ha pre­scr­itto una risonanza per allon­tanare il sospetto di aneurisma di arteria cerebrale. I giudici hanno detto che l’evento, an­che se è improbabile, andava previsto anche a costo di pre­scrivere esami lunghi e costosis­simi ». *** «Assolto per 3 volte, ma l’incubo è durato oltre 10 anni» «La prima causa nel ’93. Ho sofferto tanto è stata una botta alla mia professione» Manila Alfano Il dottor C. B. non vuole che venga rivelata la sua identità. «Ho paura, ho già sofferto tanto, non voglio che il mio nome venga lega­to in nessun modo a fatti negati­vi ». È da oltre dieci anni che deve dimostrare di essere innocente, di essere un bravo medico. Ha su­bito tre sentenze e tre piene asso­luzioni. Ma in fondo, pesano. Quando ha ricevuto la prima denuncia? «Era il 1993.Io operavo in chirur­gia d’urgenza. Uno dei reparti più esposti in fatto di denunce. In bre­ve tempo ho subito tre processi. Io e la mia equipe eravamo accusati di omicidio colposo». E come sono andati? «In tutti e tre i casi abbiamo di­mostrato di aver fatto tutto il possi­bile per salvare il paziente, di aver rispettato i protocolli. E per que­sto siamo stati assolti con formula piena. Ma sono state cause lun­ghissime, dieci anni. Un vero e proprio incubo. È stata dura, co­stretto a vivere in continua ango­scia, speri che i giudici ti assolva­no, temi per la condanna, per i co­sti del processo. Comunque è sta­to un vero colpo per la carriera, per la sicurezza professionale. In­somma ti cambia la vita». E chi ha pagato le spese? «In questo caso l’ospedale. C’è stata l’assoluzione quindi l’azien­da ha risarcit­o delle spese proces­suali che ho dovuto sostenere. Ma se mi avessero condannato le spe­se erano mie. Le lascio immagina­re l’ansia di quegli anni». Come ha reagito? «Prima di tutto ho lasciato chi­rurgia d’urgenza, lì arrivano casi disperati, a volte difficilissimi. E poi è cambiato il mio atteggiamen­to. Sono più attento, più incline ad applicare quella che è la medi­cina difensiva». Quanti die suoi colleghi sono stati denunciati in questi an­ni? «Tra i miei conoscenti almeno il 45 per cento». Cosa è successo? Perchè tante denunce? «I mass media raccontano di ca­si miracolosi, ormai c’è l’idea che la medicina sia invincibile. Ma purtroppo non è sempre così, e la morte va considerata».