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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

QUELLA TELEFONATA CHE DECIDE IL TASSO

Basta un colpo di telefono per fissare un tasso che può smuovere montagne di euro o dollari. È questo il paradosso del sistema Libor e pure di quello dell’Euribor, finito negli ultimi giorni nel mirino della Commissione europea. Il tasso interbancario europeo viene fissato ogni mattina intervistando 42 banche anziché i 15 istituti al quale si affida il «cugino» londinese, ma la sostanza evidentemente non cambia, né la possibilità di alterare i valori.
La conferma dell’inchiesta Ue sul tasso calcolato dalla Federazione bancaria europea (Ebf), che riguarderebbe 12 istituti di credito, non è proprio un fulmine a ciel sereno: già la scorsa estate, quando nell’occhio del ciclone era ufficialmente il Libor della British banking association (Bba), la Commodity Futures Trading Commission (Cftc) statunitense tendeva a precisare che le manipolazioni riguardavano anche e soprattutto l’Euribor. E lo faceva pubblicando anche gustose e-mail scambiate fra operatori, tali da far ricordare più gli scambi di un suk che le usuali attività di una tesoreria di una banca.
Avere un numero più ampio di rilevazioni (30, se si escludono i valori più alti e più bassi contro le 7 del Libor) rende probabilmente più difficile, ma non impossibile, la truffa. E quando in ballo ci sono miliardi (sempre secondo le rilevazioni Cftc al Libor sono legati contratti derivati per 350mila miliardi di dollari (oltre 5 volte il Pil mondiale del 2012), all’Euribor prodotti per «soli» 220mila miliardi di dollari) la tentazione si fa senza dubbio enorme.
Il tarlo, del resto, sta nel meccanismo di determinazione del valore stesso: al telefono la banca è tenuta a comunicare il tasso al quale i depositi a termine vengono offerti da un istituto all’altro. Tutti però ormai sanno che almeno da quattro anni a questa parte, cioè dalla crisi Lehman in poi, il mercato interbancario si è praticamente prosciugato. Non esistono cioè quasi più scambi di denaro non assistito da garanzie su scadenze che vadano oltre la settimana, figurarsi sui tre mesi che poi è il parametro più utilizzato per derivati, future e mutui.
Quando un riscontro con la realtà non esiste inventarsi un valore è quindi un gioco da ragazzi, specialmente se qualche minuto prima ci si è messi d’accordo per pilotarlo con un’altra decina di banche. Certo, quando si parla di manipolazioni non si deve pensare ai valori dei giorni di oggi, precipitati in prossimità di zero (ieri, per esempio, l’Euribor 3 mesi ha toccato l’ennesimo minimo storico allo 0,181% e quello a un mese viaggia addirittura allo 0,11%), ma a quelli usciti fuori dal controllo e superiori al 5% che si sono verificati nel periodo precedente e immediatamente seguente lo scoppio della crisi finanziaria del 2007-2008. Allora era relativamente semplice giocare sul centesimo (che poi si trasforma in milioni di dollari quando si tratta di concludere un contratto) oppure abbassare sistematicamente i valori rilevati, perché comunicare tassi elevati poteva tradire difficoltà nell’accedere al mercato ed esporre quindi la stessa banca a un danno reputazionale.
Oggi si parla ormai universalmente di riforma del sistema di determinazione del tasso: la Financial service authority (Fsa) britannica ha già pubblicato qualche mese fa le linee guida per il nuovo Libor, a fine gennaio dovrebbero essere varate le regole per cambiare l’Euribor. In entrambi i casi si parla di riforme all’insegna della continuità, non di stravolgimenti, mentre la via individuata sembra quella di inasprire le pene a carico dei manipolatori e soprattutto di rafforzare il controllo affidando la supervisione dell’intero sistema di calcolo ad autorità terze (la Fsa per il Libor, l’Eba o l’Esma per l’Euribor). La sfida principale, in ogni caso, resta individuare un tasso effettivamente scambiato e non virtuale come adesso: senza un mercato interbancario funzionante non sarà un’impresa facile.