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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

GRECIA, UN BUCO DI 450 MILIONI PER L’ALTO PREZZO DEL BUYBACK

La Grecia ha raggiungiunto l’obiettivo complessivo di 31,8 miliardi di euro nell’asta, prorogata di un giorno, di riacquisto di titoli di Stato ellenici, che consentirà la riduzione del debito di 21 miliardi di euro con un esborso di 10 miliardi di euro messi a disposizione dal Fondo salva-stati europeo.
Il prezzo pagato, pari a 33,5 centesimi, non sarà però sufficiente a ridurre il debito al 124% del Pil nel 2020 come previsto dagli accordi con Ue e Fmi. Il prezzo è stato più alto del previsto, così da creare un "buco" di 450 milioni di bond nominali sulle aspettive della vigilia. L’operazione di riacquisto è stata capace di ridurre di 9,5 punti base del debito sul Pil rispetto agli 11 punti base previsti. Così il debito scenderà solo al 126,6% del Pil nel 2020 rispetto al 124% concordato con la troika.
La Grecia aveva anticipato che per raggiungere l’obiettivo del 124% sarebbero state necessarie delle misure aggiuntive, oltre al buyback, e questo scenario è ora confermato. Resta da vedere se nel frattempo, già domani, la troika (Ue, Fmi e Bce) darà il via libera al pagamento della tranche nonostante la posizione del Fmi che chiedeva precise garanzie sul successo del buyback ad Atene prima di dare il benestare.
L’asta che si prefiggeva il target di 30 miliardi, é stata prorogata di un giorno (alle 13 di ieri ora italiana) dopo che un primo periodo di offerta aveva raccolto a tutto venerdì scorso adesioni comprese fra 26 e 28 miliardi a causa della scarsa partecipazione delle banche greche che avevano messo sul piatto solo 10 dei 17 miliardi in loro possesso a causa del prezzo più alto che loro avevano in bilancio rispetto all’offerta del riacquisto. Gli investitori stranieri, tra cui gli hedge funds che hanno acquistato a prezzi stracciati, hanno aderito per 16 miliardi.
L’operazione di buyback è necessaria per il rilascio della tranche da 34,4 miliardi di euro di aiuti che secondo il portavoce del governo Simos Kedikoglou, che ha parlato ieri a una platea di giornalisti europei, sarà utilizzata per 24 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche greche. Il portavoce del governo Samaras ha annunciato che l’aumento della quota in mano allo stato delle banche elleniche dopo la ricapitalizzazione non porterà a nessun cambio dei vertici degli istituti di credito in attesa dell’intervento di investitori privati in futuro.
Sempre ieri fonti autorevoli del ministero dell’Economia greco hanno escluso la necessità di un nuovo "haircut" nominale del debito greco che viaggia a 340 miliardi di euro dopo la riduzione dei tassi di interesse sul debito e l’allungamento della periodo per la sua restituzione decisi nell’ultimo summit sulla Grecia a Bruxelles e la precedente maggiore ristrutturazione della storia moderna per 100 miliardi di euro. I 2/3 dell’aggiustamento fiscale e il 75% del recupero di competitività dell’economia sono già stati portati a termine dopo il rinvio al 2016 dal 2014 degli obiettivi del surplus primario di bilancio.
Inoltre ci sono motivi di ottimismo nei confronti delle privatizzazioni nel settore dell’energia (forse per la messa sul mercato della società di distribuzione del gas DEPA), con società russe e cinesi in pole position che hanno manifestato forte interesse per questa acquisizione strategica.
«Le cause della crisi - ha aggiunto la fonte ministeriale di alto livello - non sono da ricercare nel comportamento delle banche, che a breve verranno ricapitalizzate con una forte presenza dello stato, ma nei forti disavanzi pubblici e i deficit delle partite correnti con l’estero».
«Il recente surplus nei conti con l’estero nell’ultimo trimestre, il primo da dodici anni, significa un calo dei consumi interni dovuto alle politiche di austerità, un recupero di competitività, purtroppo non accompagnato, a causa di oligopoli, da un calo nei prezzi dei beni e servizi», ha aggiunto la fonte che resta critica sugli strumenti, non sugli obiettivi, proposti dalla troika per reggiungere il pareggio, essendo stato troppo sbilanciato sulle entrate e poco sulle riforme strutturali e le privatizzazioni.