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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

IL MONOPOLI «MADE IN AFRICA». LE STRADE DELLA NUOVA RICCHEZZA

Il lotto più ambito e costoso, l’equivalente del nostro Parco della Vittoria o di Viale dei Giardini (nella versione britannica sarebbe Mayfair), si chiama Banana Island. Da questa indicazione chi non è pratico di Lagos, 20 milioni di abitanti, la megacity più popolosa e caotica del continente, potrebbe pensare che la prima edizione nigeriana del Monopoli sia un omaggio a luoghi esotici e immaginari. In realtà l’artificiale Isola delle Banane è la piccola Manhattan di Lagos, il posto dove si concentrano le nuove case dei ricchi (appartamenti in affitto a partire da 10 mila euro al mese) nel Paese che si avvia a diventare la prima locomotiva economica dell’Africa. Tutto l’opposto di Makoko, lo slum su palafitte nella laguna che nel gioco infatti è la proprietà più a buon mercato, un po’ come nell’edizione italiana Vicolo Corto o Vicolo Stretto.
Non è soltanto un gioco di società quello che ieri è stato lanciato con grande spolvero al municipio di Lagos, la prima città africana a diventare scenario immobiliare del mitico Monopoli. Per finire nel tabellone, molti dei lotti prescelti sono stati sponsorizzati da banche e centri commerciali come pure dalle stesse autorità cittadine. Privilegiati certi simboli istituzionali come la Borsa, anche a scapito di luoghi più esaltanti e popolari come il nightclub New Afrika Shrine e Tinubu Square. D’altra parte a guidare Bestman Games, la società che ha ottenuto la licenza di produrre il gioco, c’è una donna, Nimi Akinkugbe, che ha studiato alla London School of Economics ed è banchiera di professione: dal 2010 a oggi ha diretto la sezione West Africa della Barclays Bank. Nata a Lagos, come milioni di nigeriani (scrive il giornale locale Guardian) Nimi è cresciuta consumando i cartoncini della versione britannica del Monopoly, comprando Piccadilly o costruendo case nella più economica Bow Street.
Il passaggio dal colonialismo al boom del nuovo millennio si gioca anche (simbolicamente) sulla mappa del Monopoli. Finora esistevano due edizioni africane del gioco inventato negli anni ’30 in America (in origine ambientato ad Atlantic City) ed esportato in (quasi) tutto il mondo (in Italia modellato su Milano). L’edizione marocchina e quella sudafricana: quest’ultima ha vissuto sulla propria pianta il passaggio dal regime dell’apartheid alla nazione arcobaleno di Mandela. Il vecchio Monopoli dei bianchi, giocato su diverse città, era bilingue (afrikaans e inglese) e aveva strade come Jan Smuts Avenue mentre mancava completamente dei luoghi (e dei nomi) neri. Nella ristrutturazione democratica seguita alle prime libere elezioni del 1994 sono comparsi nomi simbolo come Soweto, l’ex quartiere ghetto di Johannesburg.
Oggi il Sudafrica vive una fase di declino (crescita economica sotto il 2%) mentre la Nigeria con i suoi 160 milioni di abitanti è diventata il simbolo del nuovo, pur caotico e sbilanciato boom africano. Se diminuisce nel continente il numero delle guerre e cresce la classe media, non è il Risiko ma il Monopoli a rappresentare questa nuova fase. Lagos con Banana Island prende il posto di Johannesburg? Non è un caso che l’uomo più ricco del continente è un nigeriano. E di mestiere produce cemento.
Nimi Akinkugbe ci tiene a sottolineare che il suo Monopoli non nasconde alcuni mali della Nigeria. I cartoncini delle probabilità», per esempio, contengono ingiunzioni come questa: «Hai cercato di corrompere un funzionario pubblico, paga la multa». Solo una multa? Calma, è prevista anche la prigione («go directly to Kirikiri Jail», dal nome del penitenziario più famoso della città). Secondo Nimi (tre figli, una passione per il pianoforte) si tratta di un gioco «altamente patriottico»: «Il governo vuole usarlo come strumento per educare i ragazzi al rispetto della legge, ai valori dell’economia». Solo i ragazzi? Nimi forse esagera: se la Nigeria ha bisogno di migliorare la governance ha bisogno di altri strumenti. E di guardare più alle palafitte di Makoko che alle regge di Banana Island.
Michele Farina