Marco Neirotti, la Stampa 12/12/2012, 12 dicembre 2012
RENATO, CARLA E GLI ALTRI QUELLI CHE MOLLANO TUTTO
Allontanamento volontario. Pratica archiviata. Dopo cinque mesi di indagini la Procura ha chiuso il fascicolo sulla scomparsa di una coppia, Renato Bono, 49 anni, e Carla Franceschi, di 51, residenti a Fiavé, provincia di Trento, commercianti di ceramiche, svaniti nella notte che precedeva un viaggio in Kenya dove dicevano di voler acquistare un resort. Sparivano tre giorni dopo l’aggiornamento delle cifre ufficiali del Viminale: tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2012 erano spariti e ancora perduti nel mistero 279 minori, 228 maggiorenni, 34 over 65, in una nuova realtà dove trovi in Internet consigli per non lasciar tracce e agenzie dai nomi che evocano la nuova chance, che aiutano a divenire, con metodo e non per caso, un pirandelliano ma moderno «fu Mattia Pascal».
Renato e Carla, reduci da matrimoni finiti, ciascuno con figli, gestiscono il negozio al piano terra della loro casa, ma progettano di lasciare tutto e andarsene in Africa. La sera del 2 luglio vanno a cena con i genitori di lui e la figlia di lei, parlano del viaggio dell’indomani, destinazione Kenya. Tornano a casa sereni, prima di coricarsi giocano a carte con gli anziani. Sono d’accordo con Christel, la figlia di Carla, d’incontrarsi ancora la mattina. Ma la mattina non rispondono e lei apre con le sue chiavi. I letti sono intonsi, i bagagli aperti, un lavoro non finito. Passaporti, carte d’identità, un telefonino sono lì, mancano le patenti di guida. E manca la Opel Antara grigia di lui: era nel cortile all’una di notte, non c’è alle 8. Anche l’altro cellulare è spento. L’IPad è sulla Peugeot cabriolet della donna, con alcuni gioielli. Unica «vita» è una luce dimenticata, o lasciata, nel retro della bottega. L’aereo per Roma, da dove imbarcarsi per il Kenya, non l’hanno preso. Avevano prenotato i biglietti per il volo intercontinentale, però mai li hanno pagati e ritirati. L’uomo che doveva far da intermediario in Africa spiega: «Sono partito da Verona. A Roma sono salito sull’aereo, non c’erano, sono sceso».
Sul fascicolo il pm Maria Colpani scrive un’ipotesi investigativa, «sequestro di persona», i beni vengono bloccati, ma i carabinieri del capitano Francesco Garzya non individuano né moventi né il minimo segno di rapimento. Sezionano le esistenze di lui e di lei, interrogano conoscenti, persone in affari con loro, ipotizzano e vagliano difficoltà economiche. I parenti insistono: non sono tipi che se ne vanno in quel modo. Però in un appello tv la figlia non ha detto: «Lasciateli liberi», ha invocato: «Tornate a casa». Vagliati tutti gli elementi, il procuratore di Trento, Giuseppe Amato, firma: archiviare. Con il 3 luglio i 228 adulti nelle cifre del Viminale sono, almeno per ora, saliti a 230.
I dati del Commissario straordinario del Governo per le Persone Scomparse hanno un impatto forte: dal 1° gennaio 1974 al 30 giugno 2012 sono 25.453 gli ingoiati dal vuoto. Lì sono numeri anche il fisico Ettore Majorana (primavera 1938) e l’economista Federico Caffè (aprile 1987), i minori come Denise Pipitone e Angela Celentano (adesso per lei si riparla d’una pista). Sono realtà drammatiche che famiglie scontano per anni tra fiducia inscalfibile e dirupi della speranza. E, per gli adulti scomparsi, il tormento: davvero è una scelta meditata e preparata, davvero vicino a me viveva l’«Arthur Newman» che Dante Ariola ha appena portato al Torino Film Festival?
E davvero si può sparire così? In Internet ci sono consigli su consigli, le accortezze per il cellulare, per la navigazione sul Web, lo slalom fra le telecamere di sicurezza, gli acquisti, le carte di credito e i contanti, destinazioni ideali, come i bassifondi di Città del Messico (con il rischio di sparire davvero, ma sotto terra), utilità e rischi d’aver complici, oggetti utili o sconsigliabili, arte del mentire, vivere la nuova solitudine psicologica. In Rete il presunto uomo di un’Agenzia, senza mai parlare del prezzo, spiega che può esser necessario far credere alle persone più care di essere defunti. Come Arthur Newman o, più profondamente, come Mattia Pascal. Ma proprio Mattia insegna che l’avventura può finire solitaria con le braccia tese a deporre fiori sulla «propria» tomba.