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 2012  dicembre 12 Mercoledì calendario

TORNA “FORZA ITALIA” I PEONES NEL PANICO


Quel gran genio di Mario Pepe (61 anni compiuti tre giorni fa, ex del Pdl, ex responsabile scilipotiano, ex di Popolo e territorio, ora al Misto ma sempre adiacente ai berlusconiani) gira con qualche foglio A4 spillato e contenente l’elenco dei deputati pidiellini. Con una penna rossa ha cancellato - ma si direbbe obliterato, per la severità e la risolutezza del gesto - una metà almeno degli onorevoli. In calce, la splendida firma dell’ex presidente del Consiglio grossolanamente imitata. Basterebbe un minimo di presenza per cogliere la pacchianeria del falso. Ma lucidità non c’è. Non dalla mattinata di ieri, quando Silvio Berlusconi ha illustrato i propositi per la composizione delle liste a Mattino 5 : «Abbiamo deciso di presentare un movimento con una forte immissione di forze nuove... Stiamo decidendo che il 50 per cento dei nostri candidati deve essere preso dal mondo del lavoro, delle imprese, delle professioni... che il 20 deve essere preso dagli amministratori locali che si sono comportati bene... Pensiamo a un 10% di nuove persone dal mondo della cultura, dell’università, dell’arte». E soltanto un altro 10 di reduci dall’attuale parlamento.

E così ieri, alla Camera, si scarabocchiavano conticini di sopravvivenza. «Siamo 206 deputati. Il 10 per cento fa ventisei». Seguiva colpo apoplettico. Quel gran genio di Pepe se ne girava con lugubre registro. «Quanti anni hai?». «Cinquantadue, perché?», rispondeva l’interlocutore accasciato sullo scranno. «Sei nei guai», rispondeva Pepe spuntando il nome. Si sono registrati piccoli malori in Mario Tassone (71 anni, persuaso che 6 mila e 800 euro di vitalizio siano «una cifra modesta»), Paolo Russo (52 anni, dirigente ospedaliero a Napoli) e Ugo Lisi (45 anni, avvocato di Gallipoli), questi ultimi due fatti fuori, ragguagliava il crudele Pepe, per motivi attinenti all’imperscrutabile capriccio del capo. La burla ha avuto il buon compito di scoperchiare questo cesto di farfalle impazzite che già da mesi vivono nella tragica insicurezza del loro futuro. Alessandra Mussolini se la rideva beata: «Sembra di stare ai traslochi, tutti a vedere se si libera una stanza». Infatti, argomenti di conversazione: Maurizio Gasparri e La Russa se ne vanno? Giorgia Meloni che fa? E Guido Crosetto? Perché poi il problema non è soltanto la candidatura, ma la rielezione in un partito che promette di raccattare qualcosa attorno al 15 per cento, Diciamo una novantina di parlamentari. E il 10% di 90 è nove.

Così tutti si sono aggrappati alla successiva precisazione di Palazzo Grazioli (dov’erano terrorizzati all’idea che i deputati inscenassero uno sciopero del voto e se la filassero) secondo cui nel 50% dei candidati dalle professioni e dalla società civile sarebbero rientrati anche gli attuali parlamentari che non sono politici di professione. «Ma ha rettificato», ribattevano tutti improvvisamente e disperatamente fiduciosi nelle precisazioni del Capo. C’era anche chi scherzava. Medaglia d’oro a Marco Milanese (indagato ma mai rinviato a giudizio per corruzione): «Io SONO il 10 per cento». Medaglia d’argento al liberale Giuseppe Moles: «Io sarò nel 90, così per la prima volta in vita mia non sono in minoranza... ».

Non si deve però pensare a una fiera della goliardia. Il terrore aveva spinto al silenzio persino uno dei pidiellini più intervistati della legislatura: «Tu non mi hai visto». Una spia compiaciuta raccontava che ieri sera, arrivando a Roma, Berlusconi avrebbe trovato un appunto così di decine di telefonate ricevute. Altri ringhiavano: «Candida la Cuccarini!». Oppure: «Ha ricevuto ad Arcore la Savino! (quella che gli presentò Giampi Tarantini, ndr)». Giorgio Stracquadanio indicava dispiaciuto «i tacchini a cui a Natale tireranno il collo». Michela Biancofiore si appellava alla meritocrazia: «E io merito!». I più scivolavano fiaccati lungo i muri: «Questo stillicidio è tremendo», dicevano lacrimando comprensione e supplicando anonimato. «Ci sarà da far la guerra ogni giorno per spuntare un posticini più su in lista», osservavano i più pragmatici. E in questi venti impetuosi svettava marmoreo - ma tu dimmi uno come Saverio Romano (ex ministro dell’Agricoltura, 48 anni da compiere la vigilia di Natale, prosciolto dall’accusa di concorso in associazione mafiosa), che medita «seriamente» di non ricandidarsi: «Non per quello che dice Berlusconi ma perché, con l’aria che tira e con la crisi che c’è, non possiamo rientrare in Parlamento da nominati, se non vogliamo finire appesi sui lampioni di piazza Montecitorio dalla gente ululante». Oh, ecco uno che non ha paura a vanvera.