Stefano Lepri, la Stampa 12/12/2012, 12 dicembre 2012
TASSE, MUTUI E IMPRESE CHI PAGA IL CONTO DELLO SPREAD
All ’apparenza , dello spread che sale potrebbero fregarsene gli evasori fiscali. Sì, i tassi di interesse sul debito pubblico che crescono significano in primo luogo tasse più alte domani... per chi le paga. Ma ci sono anche altre pesanti conseguenze negative, a cui perfino gli evasori totali non sfuggono.
Anzi, come famiglie e come imprese il danno lo sentiremmo ancora prima che come contribuenti. Ogni cento euro che le banche italiane prestano ai loro clienti, solo 84 circa sono coperti da depositi raccolti in Italia; il resto se lo devono procurare sui mercati internazionali.
Quando sale il costo del debito pubblico, va su anche il costo della raccolta di capitali delle banche italiane, perché la loro sorte appare legata a quella del nostro Stato. Uno spread più alto rende in breve più costoso, e anche più difficile da ottenere, il credito per le imprese e per le famiglie.
I dati sono chiari. In questo autunno, il tasso medio su un mutuo casa era in Italia pressappoco del 4%, in Germania del 3% e in Finlandia ancora meno. L’interesse medio sui prestiti alle aziende italiane era sul 5,5%, alle aziende tedesche due punti in meno; la nostra recessione si è aggravata anche per questo.
Se la moneta è la stessa, i tassi di interesse al settore privato in linea di principio dovrebbero essere gli stessi. La causa della differenza, ossia dello spread, non sta solo nei guai dell’Italia, sta anche nel rischio di una rottura dell’euro; ma non è una buona ragione per ignorare il peso delle nostre scelte.
L’effetto principale di tassi più alti su BoT, CcT, BTp e compagnia bella è appunto di maggiori spese per lo Stato, dunque per i contribuenti. Quanto, è difficile dirlo, perché il futuro non lo conosciamo. Tanto per farci un’idea possiamo calcolare che un punto in più da qui alle elezioni ci costerebbe, se scaricato sulla benzina, 10-15 centesimi in più al litro perun anno.
Più sensato è calcolare quale effetto hanno avuto le oscillazioni dei tassi in passato. Quando il governo Monti entrò in carica, il Tesoro prevedeva di dover pagare nel 2012 94 miliardi di euro di interessi. Ad anno quasi finito, dopo varie oscillazioni il conto pare si fermerà a 86. Se avessimo dovuto accollarci i 94 miliardi, sarebbe stato necessario, ad esempio, appesantire di oltre un terzo in più l’Imu, altro che abolirla. Non sappiamo in quale parte lo dobbiamo a un Mario e quanto all’altro, ovvero Draghi, ma l’abbiamo scampata bella.