Carole Cadwalladr, la Repubblica 12/12/2012, 12 dicembre 2012
IL MAGO DEI NUMERI
Tra le superstar della politica, Nate Silver è un genere a parte, del tutto nuovo. Uno che sa davvero ciò di cui parla. Dalla sua, Silver ha soltanto numeri. Tanti numeri. E la sera delle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti, quei numeri si sono rivelati esatti, in maniera alquanto spettacolare. Un esperto dopo l’altro aveva dichiarato che la vittoria era incerta e poteva andare a entrambi. Che la sfida sarebbe stata un testa a testa. Ma non era così. Alla fine, infatti, si è scoperto che i candidati non avevano identiche possibilità di successo. In pratica, ciò che Silver andava dicendo da mesi. Per l’election day aveva
previsto che Obama avesse una possibilità del 90,9 per cento di ottenere la maggioranza del voto elettorale, e snocciolando i dati dei sondaggi aveva previsto con successo il risultato esatto in 50 stati su 50.
Twitter è andato in tilt. La blogosfera è impazzita per Nate Silver. Le vendite del suo primo libro
The Signal and the Noise: The Art and Science of Prediction
(“Il segnale e il rumore: arte e scienza della previsione”) sono aumentate dell’80 per cento e il saggio è arrivato al secondo posto della classifica dei bestseller. Una buona parte dei media ha deciso che più che il trionfo personale di Silver questo è stato il trionfo dei nerd. Un uomo e il suo modello matematico hanno sbaragliato un’intera classe politica di giornalisti, spin doctor, politicanti di scarso valore e commentatori. Silver non ha il look delle nuove persone famose americane più “in” della televisione. Il trentaquattrenne Silver è un alquanto convincente Clark Kent pre-metamorfosi in Superman. È senza pretese, si trascina nella stanza a capo chino, sembra quasi imbarazzato all’idea di essere intervistato. «Sì, la situazione si è fatta un po’ confusionaria» dice. «Mi hanno investito di questa sorta di potere simbolico. E ciò trascende molto ciò che io faccio e quello che io merito. Sarei il primo a dire che è indispensabile una discordanza di opinioni. Non è positivo trattare qualcuno da oracolo ». Gestire l’adulazione non è stato facile. «Mi innervosisce, perché
vi posso assicurare che inizieremo a sbagliare alcune cose» dice. Quel plurale allude a lui e al suo blog,
FiveThirtyEight
(che prende nome dai 538 voti dei collegi elettorali), da lui aperto nel 2007 per offrire un’analisi politica basata in maggior misura su dati precisi e che nel 2010 ha spostato sul sito web della grande cattedrale dell’informazione e della politica americana, il
New York Times.
Con Silver è sempre stata una questione di numeri. È cresciuto a Esta Lansing in Michigan, e quando aveva sei anni la squadra locale di baseball, i Detroit Tigers, vinsero la World Series, e lui «iniziò con le statistiche, questo è tutto». Dopo essersi laureato in economia all’Università di Chicago, ha
trascorso quattro anni a lavorare come consulente di KPMG. Poi ha scoperto il poker online: «Erano i tempi in cui c’erano molti utenti che andavano su quel sito senza nessuna particolare competenza » dice Silver, mentre lui fu abbastanza bravo da portarsi via i loro soldi, lasciare il proprio lavoro e «vivere per un po’ il sogno del poker».
Il poker è un po’ una calamita nella vita di Silver: gli ha insegnato l’azzardo e il ruolo che esso riveste nella vita. «E mi ha insegnato molte più cose di qualsiasi altra mi venga in mente su come valutare ogni nuova informazione, ciò che può rivelarsi importante e ciò che non lo è». Silver ritiene di aver guadagnato
400mila dollari scommettendo online, quanto gli bastava a perseguire l’altra sua passione, il baseball. Quello sport era in trasformazione e Silver è diventato uno delle pochissime persone a vedere il potenziale che il baseball aveva di basarsi maggiormente sui fatti e sui dati. Così ha aperto il sito
Pecota,
col quale ha messo a punto un sistema per prevedere le prospettive di carriera
dei giocatori della Major League e che più avanti ha venduto a Baseball Prospectus. Si è trattato di una battaglia tra scopritori di talenti della vecchia guardia e la nuova ondata di neo arrivati con una mentalità statistica, battaglia che è stata poi raccontata nel bestseller di Michael Lewis
Moneyball
e più avanti in un film con Brad Pitt. Nel 2007 Silver si stava già guardando attorno alla ricerca di qualcosa di diverso ancora.
«In particolare, cercavo qualcosa di simile al baseball, nel quale ci fossero molte informazioni e poca concorrenza. È stato allora che ho scoperto la politica». All’inizio ha voluto mantenere l’anonimato facendosi chiamare Poblano, fino a quando – pochi mesi dopo – ha rivelato la sua identità. Silver pensava che prendendo le informazioni disponibili e applicando loro la teoria Bayesiana, avrebbe potuto avere «qualche piccolo vantaggio». Esistono moltissime informazioni nella politica americana e la teoria Bayesiana, un metodo per calcolare le probabilità condizionate, è nota da quando un religioso inglese, Thomas Bayes, la formulò per la prima volta all’inizio del XVIII secolo. Non richiede esattamente spiccata intelligenza e competenza tecnica, come i suoi denigratori sono stati rapidi a sottolineare.
Del resto, Silver è il primo a dirsi d’accordo. Non è neanche l’unico a farne uso. Di fondo è statistica grezza. Silver aggrega le informazioni
provenienti dai sondaggi. Il trucco o il “segreto” del suo modello è l’importanza che egli assegna a una determinata informazione. Quale funzione ha assolto nel tempo, di quale pregiudizio potrebbe risentire, quale altra informazione potrebbe sottendere. «I numeri non sono perfetti, ma secondo me in fondo si tratta di scegliere tra numeri, pur con tutte le loro imperfezioni, e sciocchezze. C’era gente che diceva: “Non si possono quantificare le sensazioni della gente con i numeri!”. Ma qual è l’alternativa? Io che me ne vado a un cocktail party a Georgetown e dico di sapere come voteranno quelli di Toledo in Ohio molto meglio rispetto a quello che i veri abitanti di Toledo, in Ohio,
hanno risposto ai sondaggi? Si tratterebbe di una presunzione enorme. E la verità è la difesa assoluta. Quindi, se ci avessero visto giusto sarebbe un conto, ma così non è stato. Hanno avuto torto marcio».
Silver non bazzica le feste di Georgetown. Non frequenta lobbisti, spin doctor, manager di campagne elettorali e addetti
stampa. In pratica, non è parte del sistema. Si scopre così che quella che egli chiama la sua “eccentricità” è di fatto il segreto dei suoi poteri. «Mi sono sempre sentito una sorta di outsider. Ho sempre avuto amici, ma anche un punto di vista esterno. Credo che sia importante. Se cresci e diventi gay, se appartieni a un nucleo familiare agnostico quando la maggior parte della gente è religiosa, allora sin dall’inizio in pratica dici che ci sono cose nelle quali la maggior parte della società crede e nelle quali tu non credi». Gli chiedo che cosa lo renda maggiormente emarginato, se essere gay o
geek,
e risponde: «Probabilmente i numeri, dato che questa fissa ce l’ho da quando avevo sei anni».
Silver sta cercando di individuare il prossimo frutto alla sua portata da cogliere, un ambito nel quale vi siano molti dati e «non troppa concorrenza». Crede che l’informazione economica sia matura per questo approccio. E poi le comunità locali, anche se «non dal punto di vista delle previsioni ». Dopo il successo ottenuto con le previsioni delle elezioni del 2008, ha firmato un accordo editoriale da 700mila dollari sulla premessa che, come dice ingenuamente nella prefazione, i suoi editori volessero un libro del genere «il trionfo dei nerd». All’epoca nessuno sapeva, in verità, quanto di successo potesse essere un libro del genere. «Pensavo che sarebbe stato un libro del tipo “Ecco come lavorano i tassisti per avere clienti”. Insomma, una specie di “Ecco come funzionano i siti online di ricerca dell’anima gemella”. Indubbiamente, nel libro c’è un po’ di questo, ma se ne deduce un elemento più filosofico. L’intersezione tra la realtà oggettiva e quella soggettiva. Spesso ci troviamo alle prese con entrambi questi tipi di informazione, ma sbagliamo a elaborarli. E avere maggiori informazioni non necessariamente ci rende più bravi a prevedere quello che accadrà nel mondo».
Nel suo libro Silver valuta cose che di fatto siamo ormai diventati abbastanza bravi a prevedere (il tempo, sorprendentemente), cose che non siamo bravi a prevedere (il valore delle azioni), e cose che non siamo bravi a prevedere pensando però di esserlo (l’economia), e ancora cose che si sarebbero potute prevedere ma che nel nostro passato non abbiamo previsto (gli attentati terroristici).
È anche vero, d’altro canto, che le elezioni sono facili da prevedere. Basta essere bravi o fortunati. Oppure, come nel caso di Silver, entrambe le cose.
(Traduzione di Anna Bissanti) © /Guardian News & Media Ltd.