Giampaolo Visetti, la Repubblica 12/12/2012, 12 dicembre 2012
IL SORPASSO CINESE
CHI nasce oggi, quando diventerà maggiorenne vivrà in un mondo totalmente nuovo. Tra diciotto anni, la realtà che ci circonda non esisterà più: la Cina avrà superato gli Stati Uniti come superpotenza economica, l’Asia sarà più ricca di Europa e Usa messi insieme e per la prima volta la classe media sarà il fattore più potente di sviluppo sociale ed economico nella maggior parte del pianeta. All’ascesa irresistibile dell’Asia, con l’India a un passo dalla Cina ma con un tasso di crescita superiore, corrisponderà il declino dei protagonisti assoluti degli ultimi due secoli: America del Nord, Europa, Russia, Giappone e potenze petrolifere del Medio Oriente conteranno meno di un sistema intrecciato di nazioni, tra cui ci saranno Brasile, Sudafrica, Turchia, Indonesia, Colombia e Nigeria.
Il nuovo mondo dell’anno 2030 sarà segnato da una diffusa instabilità, ma la sorpresa arriverà da ragioni antiche. Qualche miliardo di esseri umani in più, sempre meno poveri e circondati da una natura sempre più sconvolta, faranno lievitare del 35% gli scontri per l’acqua, del 40% quelli per il cibo e del 50% quelli per il controllo delle fonti energetiche.
Per gli ossessionati dalla “futurologia”, il tramonto dell’Occidente e la nuova alba dell’Oriente non sono una novità. Questa volta
però il mutamento che ci travolge non viene annunciato dagli analisti dei mercati, ma certificato dal più importante centro studi dei servizi segreti americani. Lo spettro del sorpasso cinese, finora prospettato entro la metà del secolo, irrompe grazie ai dati del “National intelligence Council”, organismo che cooordina le sedici agenzie delle spie al servizio del Pentagono, supportate dalle ipotesi avanzate da esperti di altri venti Paesi. Nel rapporto quinquennale dal titolo “Global trends 2030: alternative worlds”, la prossimità dei “mondi nuovi” che si stanno creando risulta, come scrive l’autore principale Mathew Burrows, «vertiginosa». Entro una generazione, l’Asia rappresenterà il cuore del pianeta.
Non solo per giovinezza, popolazione e razze: Cina e India supereranno Usa e Ue anche per spese militari, Pil, investimenti tecnologici, ricerca scientifica e influenza culturale. Già oggi, secondo uno studio del “Brookings Institute”, 27 delle prime 28 città del pianeta per prodotto interno lordo reale pro capite, si trovano in Cina. Un’impressionante tendenza alla crescita che, nonostante un rallentamento momentaneo causato dal calo dell’export verso Occidente, segnerà l’intero secolo.
È noto che le agenzie di intelligence abbiano un interesse ad alimentare le paure di cui si nutrono. L’inedita correlazione dei dati forniti, in gran parte pubblici, ha però scosso ieri i governi di
un G20 sempre più precario, disegnando quello che Pechino ha definito «il mondo che i bambini di oggi vedranno quando andranno all’università». Già nel 2030 gli Usa non saranno dunque più l’azionista di maggioranza del pianeta, ma secondo l’intelligence americana avranno però conquistato «l’indipendenza energetica, frutto dei nuovi giacimenti di gas e delle tecnologie». Grazie a questa, l’ascesa cinese non si trasformerà in nuovo monopolio del potere, ma risulterà inserita in un mondo multipolare e gli Stati Uniti conserveranno la dimensione di prima «superpotenza sostanziale», capace di «formare e di guidare coalizioni capaci di affrontare le sfide globali del futuro». Ricchezza ed economia
stanno cioè diventando il patrimonio di un’Asia sempre più lanciata anche nella corsa al riarmo, mentre l’Occidente americano è impegnato a conservare la sua influenza politica. Il primo alleato di questa resistenza, per paradosso, è proprio la Cina. La sua crescita, il consumato sorpasso sul Giappone, gli investimenti nell’esercito, la nuova assertività verso i Paesi vicini per il controllo del Pacifico e di territori contesi ricchi di energia, «finiscono per costituire il più robusto sostegno al prolungamento del ruolo Usa nella regione».
Tra meno di vent’anni la “paura della Cina” sarà dunque la prima ragione del “bisogno di Stati Uniti”, non più nei mercati finanziari, ma «nei centri interconnessi
che condivideranno il nuovo potere politico». L’epocale staffetta Pechino-Washington al vertice dell’umanità, con una Cina che viene annunciata «più democratica », non esaurisce però gli sconvolgimenti in corso. Tra i «mega-trend», ossia tra gli eventi più «altamente probabili», ci sono anche una prosperità più diffusa, il boom globale della classe media, la diminuzione dell’umanità alla fame, ma pure un «più distribuito impoverimento individuale » e un’Europa costretta a «condividere l’antico potere con le nazioni emergenti». La crescita della popolazione e del benessere, ossia la presa del potere per la prima volta nella storia da parte del «ceto medio», causerà un aumento del 50% della domanda di
energia. Il patto Cina-Usa, obbligato dalla necessità reciproca di scongiurare un collasso interno, consentirà però di non consegnare il mondo nelle mani delle potenze petrolifere grazie a una conversione alla “green economy”. Tra quelli che lo studio definisce «game changer», ossia cambiamenti con minori possibilità, vedremo così un regime più liberale in Iran, rapporti meno tesi tra Israele e Palestina e un Medio Oriente più stabile. Teheran e Pyongyang saranno ancora impegnati nella corsa atomica, mentre risulteranno più remoti il rischio di una pandemia e un crollo dell’euro. Sono tutti scenari, se non probabili, quantomeno plausibili. La vera scossa, per i neonati che nel 2030 avranno diciott’anni, è dunque il passaggio del potere economico dall’Ovest all’Est. La Cina vanterà anche il maggior numero di università e di centri per la ricerca, di brevetti e di prodotti finanziari, di industrie pulite e di automobili elettriche.
Lo «strapotere di Pechino» e il «dominio asiatico» sono l’allarme chesuonainOccidente,mapurela prima preoccupazione della nuova leadership cinese. Se i futurologi sbagliassero l’ennesima profezia, come avvenuto con l’Urss prima econilGiapponeneglianniOttanta, l’autoritarismo cinese non avrebbe scampo, ma un mondo senza locomotiva finirebbe sul binario morto. La terra ignota governata dall’Asia,egiàinfluenzatadall’emergere dell’Africa, appare così anche all’intelligence Usa come «una minaccia che si trasforma in una promessa». Scocca in anticipo, l’ora della Cina: ma questa volta la speranza, per l’Occidente, è che Pechino possa davvero rispondere «presente».