Roberto Giardina, ItaliaOggi 12/12/2012, 12 dicembre 2012
GHETTO PER ROMPIBALLE IN OLANDA
[Finiti lì, sono a loro volta vittime dei peggiori di loro] –
Quante probabilità si hanno di incappare in un serial killer? Una su qualche milione. Quasi tutti, invece, hanno fatto esperienza con un vicino di casa fastidioso e incorreggibile, o la faranno. Altrove, come in Germania, qualche rimedio c’è. La polizia arriva prima o poi, e chi turba la quiete è costretto alla ragione.
Non sempre, quasi sempre. Da noi, non c’è nulla da fare, e temo che neanche la riforma del condominio varata dal governo servirà a qualcosa. Non basta la paura di una modesta multa per incutere timore. Non resta che traslocare, e pregare che non si finisca in un condominio ancora peggiore.
Ad Amsterdam, hanno deciso di ricorrere a metodi radicali. Se i cittadini asociali non si ravvedono, saranno «deportati» in un quartiere tutto per loro. Diciamo un ghetto per rompiballe. Il motto chiarissimo dell’operazione è: «Mettere l’immondizia tutta insieme». Una misura da regime totalitario? L’Olanda non era un paese tollerante, finché non arrivò sulla scena politica il populista e razzista Geert Wilders? Bene. L’idea è del sindaco, il socialdemocratico Eberhard van der Laan, che ha deciso di ascoltare la voce dei suoi cittadini esasperati.
Le denunce per il comportamento asociale di qualche vicino sono in media 13 mila all’anno. Le misure repressive, come da noi, servono a poco, e in rarissimi casi. Tra perdoni e multe, e perfino dopo qualche giorno in galera, i rompiballe non cambiano, non diventano più educati. Suonano la tromba alle due di notte, si ubriacano e vomitano sulle scale, bloccano l’uscita del garage, gettano la spazzatura in cortile. Non sono reati, ma rendono la vita un inferno. Già oggi, abitano in alta percentuale nei quartieri di periferia, quelli degli onesti lavoratori che la notte avrebbero bisogno di dormire. Gli inquilini per bene traslocano, e i reprobi hanno a disposizione comodi appartamenti con giardino, perché gli affitti crollano e loro, gli unici che vivono bene nel caos, ne approfittano.
«Abbiamo imparato dall’esperienza di questi anni», dichiara un portavoce del sindaco. «Se non vogliamo che tutta Amsterdam diventi un inferno per chi ci abita, bisogna ricorrere a provvedimenti drastici». Ai cittadini vittime di vicini incorreggibili basterà una telefonata per far accorrere una squadra che controllerà la situazione. Alla prima chiamata, viene sventolato il cartellino giallo, e se si persevera arriva la deportazione.
La campagna antirompiballe verrà a costare almeno un milione di euro. I disturbatori dell’ordine pubblico saranno alloggiati in container arredati in modo rudimentale, e costretti a soggiornare nel ghetto per almeno sei mesi. Dopo, se non si ravvedono, potranno anche essere sfrattati definitivamente, destinati a un futuro da barboni, dato che nessuno affitterà loro un nuovo appartamento. Si spera che dover vivere con gente altrettanto asociale faccia capire la tortura che si infligge al prossimo. «Ci costa», ammette il sindaco, «ma le multe non servono, e si spende di più a incassarle, sempre che sia possibile». Antidemocratico? Il trasferimento, o la deportazione, non è una pena, ma una misura educativa.
Servirà? Ad Amsterdam prevale lo scetticismo. L’idea non è neanche nuova: nell’Ottocento, vennero creati ghetti simili, a Drenthe e Overijssel, nei pressi di Amsterdam, e i quartieri si trasformarono rapidamente in zone per «senza legge», dove neanche la polizia osava avventurarsi.