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 2012  dicembre 11 Martedì calendario

GOOGLE MANDA LA LIQUIDITÀ ALLE BERMUDA

Gli enormi profitti e il fatturato di Google svaniscono, quando si tratta di pagare le tasse, nel triangolo delle Bermuda. Il re dei motori di ricerca, nel mirino dagli Stati Uniti all’Europa per le aggressive strategie destinate a minimizzare le imposte, è riuscita l’anno scorso a eludere il fisco globale per ben due miliardi di dollari. E per farlo è ricorso al trasferimento di 9,8 miliardi di dollari di entrate sulle spiagge dell’arcipelago, notoriamente privo di imposte sul reddito – anche aziendale. L’intero Pil del territorio è stato nel 2011 ben inferiore, 5,79 miliardi, in calo del 3,5 per cento. Mentre il business di Google alle Bermuda nel giro di tre anni è triplicato, equivalente oggi all’80% dei profitti lordi complessivi dell’azienda, cioè prima di pagare le tasse.
L’ultima breccia sulle manovre di Google è arrivata grazie a documenti depositati in novembre da una sua controllata in Olanda. Google, come molte altre società americane soprattutto tecnologiche, ha messo in campo negli ultimi anni strategie sempre più sofisticate per ridurre i colpi dell’erario con operazioni spesso considerate legali ma accusate da un coro sempre più forte di critici di legittimare l’elusione. Al centro c’è il ricorso a una rete di società di comodo, con sedi in località dai regimi vantaggiosi, alle quali trasferire ingenti risorse. Gruppi hi-tech possono beneficiare della particolare facilità con cui può traslocare la proprietà intellettuale. A volte, oltretutto, gli utili vengono poi fatti rientrare negli Stati Uniti in maniera altrettanto surrettizia, ad esempio attraverso prestiti esentasse tra controllate e casa madre. La Corporate America ha così ormai parcheggiato all’estero oltre il 60% dei capitali, anche se in media fuori dai confini genera solo un terzo del giro d’affari.
Nell’ultimo caso di Google, la società l’anno scorso ha riportato un’aliquota effettiva vicina al 3,2% sui suoi profitti internazionali, nonostante gran parte del fatturato abbia radici in Paesi europei con imposte aziendali tra il 26% e il 34%, cioè di poco inferiori al 35% ufficiale in vigore negli Stati Uniti. Grazie a escamotage contabili battezzati Double Irish e Dutch Sandwich, le cui tracce sono state seguite dall’agenzia Bloomberg, le entrate da diritti intellettuali aono protagoniste di una piccolo odissea: una controllata irlandese raccoglie il fatturato pubblicitario, che paga diritti a un’altra controllata locale con sede legale alle Bermuda e che attraverso un’ulteriore società olandese che non ha neppure un dipendente li spedisce oltreoceano. Alle Bermuda il viaggio si conclude presso una società di comodo che nulla ha di tecnologico. È tutta negli uffici di uno studio legale.