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 2012  dicembre 11 Martedì calendario

A POTENZA ASSESSORE PER UNA NOTTE

La fortuna dei lucani è che sono in pochi, troppo pochi perché qualcuno abbia voglia di ficcare il naso nei loro affari. Tutto discende dalla diarchia che ha preso il testimone del novantaduenne Emilio Colombo, padre padrone della Dc lucana.
Il crepuscolo della seconda Repubblica si srotola nel segno dell’eterno conflitto tra l’anima democristiana e gli eredi del Pci.
Il governatore è Vito De Filippo, laurea in filosofia, tesi su Spinoza, giornalista e, come ripetono erroneamente le agiografie delle testate locali, "studioso attento e rigoroso del pensiero del filosofo olandese". De Filippo, per la verità, è un politico integrale. Esordio alla Provincia di Potenza a 26 anni nelle file dei Popolari e dal ’95 ininterrottamente in consiglio regionale con svariati incarichi di assessore.
Il coprotagonista è Vincenzo Folino, presidente del Consiglio regionale, dalemiano di ferro e uomo d’apparato. Nulla accade che non sia concordato tra De Filippo e Folino. Che di comune accordo si sono dedicati all’organizzazione della gioiosa macchina da guerra della propaganda regionale. Un’artiglieria con, in ordine d’importanza, un portale (Basilicatanet), un quotidiano online (Basilicata Mezzogiorno), un tgweb e un consorzio di radio il cui notiziario è finanziato da mamma Regione. Il governatore è l’editore numero uno della Basilicata. Per le posizioni apicali si è proceduto di conseguenza. Al vertice dell’ufficio stampa una firma della Gazzetta del Mezzogiorno, edizione lucana; portavoce del governatore un editorialista della Nuova Basilicata.
De Filippo e Folino hanno convenuto di adottare il modulo del marcamento a uomo. Se De Filippo individua l’assessore, Folino sceglie il direttore di quell’assessorato. O viceversa. Forse è il distillato del pensiero spinoziano del governatore, che ha declinato la religione della scienza del pensatore olandese nella religione della lottizzazione. Con una serie di gravi incidenti di percorso. Vincenzo Sigillito, direttore generale dell’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpab) e uomo di fiducia dell’ex assessore alle Attività produttive Emilio Restaino (Pd in quota Margherita) è inquisito per aver omesso di comunicare i dati secondo i quali il termovalorizzatore la Fenice di San Nicola di Melfi inquinava sistematicamente la falda acquifera da otto lunghi anni; allo stesso tempo, sempre secondo l’accusa, l’assessore e il dirigente si sarebbero organizzati per moltiplicare a dismisura le assunzioni a tempo determinato all’Arpab, soprattutto in vista delle regionali del 2010. «È arrivato il treno?», si dicevano al telefono parlando in codice. Il treno era la delibera da un milione di euro appena approvata per prolungare l’assunzione di decine di raccomandati.
Poi ci sono le gag involontarie, come l’invenzione tutta lucana degli assessori per una notte. Donato Viggiano, ricercatore e direttore del Centro Enea di Trisaia, ha retto l’assessorato alla Formazione e alla Cultura per neppure 24 ore. Viggiano avrebbe dovuto rappresentare la sterzata di De Filippo, l’affermazione delle competenze nei ruoli chiave all’alba della seconda consiliatura. Alla presentazione della Giunta, illustrata con apposita conferenza stampa, al posto dell’assessore-scienziato si presenta Rosa Mastrosìmone, materana, ex Udc, segretaria regionale dell’Idv e tra i non eletti in consiglio regionale. Si poteva lasciare il partito di Tonino a mani vuote? Mastrosìmone (con l’accento sulla i, l’assessore ci tiene) al posto del ricercatore, e Viggiano dirottato alla direzione dell’assessorato all’Ambiente, dove le scelte strategiche sono state rinviate per troppo tempo. La Basilicatashire è punteggiata da oltre mezza dozzina di discariche per i rifiuti solidi urbani, mentre la questione della raccolta differenziata è stata affrontata con enorme ritardo.
Eliminato Viggiano, De Filippo prende due piccioni con una fava. Placa le ambizioni dell’Idv e pareggia i conti tra assessori uomini e donne (3 a 3). Donne sì, ma a patto che siano segretari regionali di partito: alla Mastrosìmone si affianca Vilma Mazzocco, nel 2010 segretario regionale del minuscolo Api di Rutelli, assessore all’Ambiente ed ex assessore all’Agricoltura, posto lasciato poi alla sua omologa dell’Idv. Di competenze è inutile parlare. Tra i segretari regionali di partito figura anche Agatino Mancusi, Udc, assessore ai Trasporti, vicegovernatore ed ex assessore all’Ambiente, costretto un paio di settimane fa alle dimissioni: un’inchiesta della Dda di Potenza lo vede indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Di questo passo, converrà rivedere il vecchio adagio che recitava lucani boni, calabri mali, siculi pessimi.
Gli incarichi burocratici degli assessorati procedono per analogia. Stipando gli uffici: no a caso in Basilicata la spesa per i dirigenti è cresciuta tra 2008 e 2010 del 9,9%. Così, all’insediamento della seconda Giunta De Filippo, con la Mazzocco assessore all’Agricoltura, il governatore nomina direttore generale Carmen Santoro, ex segretario generale della Giunta. Il marito di lei, Emilio Libutti, candidato a sindaco di Potenza per l’Udc e a sua volta dirigente alla Regione Basilicata, deciderà poi, per quelle strane coincidenze della vita, di aderire all’Api, il partito del quale ora è portavoce. Si può essere allo stesso tempo un alto burocrate regionale e dirigente di partito?
Stesso intreccio alle partecipate. Alla società elettrica c’è Ignazio Petrone (Margherita), ex sindaco di Pignone e primo dei non eletti del Pd in consiglio regionale; per il ruolo prima di commissario e poi di direttore all’Arbea, l’ente pagatore per agricoltura, che ha sul groppone una multa milionaria di Bruxelles, De Filippo ha ripescato dalla lunga panchina della prima repubblica l’ex craxiano, ex pluriassessore ed ex potente direttore generale della Regione, Rocco Colangelo.
In Lucania, c’è anche chi dice no. Come Maria Teresa Lavieri, ex direttore generale del dipartimento di presidenza della Giunta, ex direttore generale alla Formazione, esperta di fondi strutturali e programmazione. La politica le chiede di essere flessibile. Ma lei risponde come il Bartleby di Melville, infilando una serie di "preferirei di no". Risultato: esiliata al consiglio regionale, un’assemblea ormai svuotata di poteri. La realpolitik diessina non ammette ripensamenti. E procede la cooptazione di alti papaveri selezionati tra i fratelli di giudici o figli di magistrati della Corte dei Conti (su 42 dirigenti 17 sono esterni, tutti gratificati quest’anno con un premio di 3,2 milioni). A questo si sommano i debiti da saldare: Ludovico Rossi, ex portavoce di De Filippo, è stato nominato dirigente per l’attuazione del programma. "Dirigente di se stesso" chiosa Gianni Rosa del Pdl, una delle poche voci controcorrente.
Anche i reclutamenti con bando pubblico sono spariti. L’ultimo per l’assunzione negli uffici di giunta risale ai tempi della presidenza Dc di Antonio Boccia (1990-1995). Qualcuno, tutt’altro che a torto, potrebbe essere indotto a nutrire qualche nostalgia per i tempi di Emilio Colombo e della balena bianca. Ma in realtà nulla è da rimpiangere perché nulla è cambiato.