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 2012  dicembre 09 Domenica calendario

Centristi ai minimi termini: ecco chi rischia la poltrona - Sono i prossimi esodati del centro. Parlamentari Udc e Fli che rischiano il posto, anzi lo scranno

Centristi ai minimi termini: ecco chi rischia la poltrona - Sono i prossimi esodati del centro. Parlamentari Udc e Fli che rischiano il posto, anzi lo scranno. Per alcuni il foglio di via da Montecitorio o Palazzo Madama è già timbrato. Ma a ri­schiare sono decine, una vera falcidie. È questo il vero incubo di Casini e Fini, risvegliatisi dal sogno di sfondare ben oltre la doppia cifra, di raggiungere ad­dirittura il 15 per cento e diven­tare l’ago della bilancia della po­litica italiana. Ma un ago gran­de così, praticamente un giavel­lotto. E invece quell’ago è uno spillo quasi invisibile. In via Due Macelli e in via Poli si pigia­no freneticamente i tasti delle calcolatrici.Conta e riconta,c’è poco da ridere. Un mezzo disa­stro alla Camera dei deputati, il rischio dello sbianchettamen­to in Senato. Da Terzo polo a ter­zo incomodo. Partiamo da Montecitorio. Qui attualmente il gruppo del­l’Udc conta 37 deputati e quello di Fli 26, per un totale di 63. Una pattuglia nutrita, pari a esatta­mente il 10 per cento dell’Aula. Ma una pattuglia decisamente sopravvalutata rispetto alla for­za p­olitica attuale delle due for­mazioni, con un’Udc appanna­ta e un Fli ch­e ha fallito il compi­to storico di capitalizzare in ter­mini elettorali la diaspora di Fi­ni da Berlusconi. Ma quanti deputati potrebbe eleggere oggi il Terzo polo, dan­do per scontato che si andrà al voto con l’attuale legge elettora­le, l’inesorabile«Porcellum»?Il trio Casini-Fini-Montezemolo nei sondaggi più recenti viene accreditato del 9 per cento dei voti, cifra che con il ritorno in campo di Silvio Berlusconi pro­babilmente dovrà essere ritoc­cata al ribasso: il Terzo polo in­fatti era uno degli approdi natu­rali ( assieme alla Destra, a Gril­lo e al limbo degli incerti tentati dall’astensione) dei delusi del Pdl, quelli che però il ritorno del brand Berlusconi potrebbe riavvicinare al primo partito del centrodestra. Le incognite sono tante. Se i tre partiti si presentassero divi­si ma uniti da un’alleanza ri­schierebbero troppo: la soglia di sbarramento per i rassemble­ment è infatti fissato al 10 per cento. Sotto questa cifra, eleg­gono deputati solo i partiti che prendono singolarmente più del 4. Quindi a Montecitorio en­trer­ebbe qualche sparuto espo­nente Udc. Niente finiani, nien­te montezemoliani. Salvo, natu­ralmente, clamorosi colpi di scena, come dicono i telecroni­sti di calcio. Ciò rende quindi quasi scon­tato il fatto che Udc, Fli e Italia Futura,l’espressione elettorale della minigalassia di movimen­ti che fan­no capo a Luca Corde­ro di Montezemolo , si presenti­no come partito unico, abbas­sando la quota di ingresso a Montecitorio al 4 per cento complessivo. Con il 9 per cento il massimo numero di parla­mentari a cui si può aspirare è una cinquantina. Consideran­do che Montezemolo ha lancia­to l’opa sul 30 per cento degli scranni, gliene toccherebbero 15. È presumibile pensare che in quota Udc sarebbero eletti 25 deputati e 10 tra i futuristi. Una vera strage soprattutto tra que­sti ultimi. A questo punto ri­schierebbero di perdere il pre­fisso «on.» molti dei pezzi grossi del partito, da Italo Bocchino a Giulia Bongiorno , da Giusep­pe Consolo a Benedetto Della Vedova , da Donato Lamorte a Flavia Perina , dal finiano di fer­ro Francesco «Checchino» Proietti Cosimi a Fabio Grana­ta , da Chiara Moroni a Enzo Raisi . Ma anche tra gli Udc ca­drebbero se non proprio super­big , almeno alcuni pesi medi co­me Ferdinando Adornato , Pa­ola Binetti , Gabriella Carluc­ci , Enzo Carra , Anna Teresa Formisano , Savino Pezzotta . Ancora più complesso lo sce­nario al Senato. Qui il calcolo dei seggi si fa su base regionale, prescindendo dal numero com­pl­essivo di voti a livello naziona­le. Per ogni alleanza c’è lo sbar­ramento del 20 per cento, per ogni partito singolo dell’8. Sot­to queste cifre, prego ripassare. Quindi presentandosi come al­leanza il Terzo polo resterebbe a secco, mentre da lista unica eleggerebbe senatori solo nelle Regioni in cui dovesse riuscire a superare quota otto. A questo punto la ripartizione dei seggi tra le tre anime sarebbe affidata all’ingegneria elettorale delle segreterie. È pensabile comun­que a un bottino massimo di 25 senatori: secondo il 3-5-2 spet­terebbero 7 o 8 senatori a Mon­tezemolo, una dozzina a Casini e briciole a Fini (che oggi a Pa­lazzo Madama ha 8 senatori). Si capisce così perché i terzo­polisti si stiano guardando in­torno. Il flirt dell’Udc con il Pd va avanti da tempo ed è stato rin­saldato dal mezzo divorzio di Berlusconi dal governo Monti. Ma alla Camera i democratici non avrebbero nessun bisogno dei voti scudocrociati, che anzi creerebbero molti grattacapi nel rapporto con Vendola. E poi è difficile immaginare che Casi­ni­si porti dietro Fini e Monteze­molo nel ménage con Bersani. Per questo c’è chi pensa che al­la fine potrebbe tornare in auge il progetto di un grande polo moderato con il Pdl ed eventual­mente la Lega. Meno controna­tura di un asse Pd-Udc, a patto di dimenticare gli screzi degli ul­timi anni. Converrebbe a tutti. Soprattutto all’Italia.