Franco Ordine, il Giornale 7/12/2012, 7 dicembre 2012
Un’evasione da 30 milioni ultimo autogol di Ferlaino «Denaro sparito all’estero» - Il comandante Achille Lauro l’aveva intuito
Un’evasione da 30 milioni ultimo autogol di Ferlaino «Denaro sparito all’estero» - Il comandante Achille Lauro l’aveva intuito. «Chillo è uno assai dritto» chiosò ritrovandoselo nel consiglio del Napoli calcio. E non aveva sbagliato il vecchio lupo di mare. Chillo, al secolo Corrado Ferlaino, ingegnere, napoletano con venatura calabrese (è nato a Cosenza), fece in fretta a dimostrare d’essere un giovanotto sveglissimo. Il giorno destinato alla cessione del Napoli, si presentò in anticipo rispetto all’orario fissato con gli altri acquirenti, nell’abitazione della vedova Corcione, e la convinse a cedergli il pacchetto delle azioni bruciando la concorrenza. Con una trovata delle sue, accompagnata dalle maniere di gentiluomo d’altri tempi, dal sorriso sornione e dal tratto schivo, inaugurò la sua quasi trentennale carriera di presidente del calcio napoletano scandita dai tanti e storici successi (2 scudetti, 1 coppa Italia, 1 coppa Uefa, 1 supercoppa d’Italia) e decollata con l’arrivo di Diego Armando Maradona alla falde del Vesuvio. Fu anche quella una raffinata operazione politico-mediatica condotta con grande maestria. Ebbe tra i decisivi alleati il presidente del Banco di Napoli Ferdinando Ventriglia e il sindaco di Napoli Vincenzo Scotti, potente esponente della Dc dell’epoca: al primo chiese e ottenne le garanzie per soddisfare le richieste economiche del Barcellona, dal secondo incassò l’appoggio del partito più influente del Paese. Fu un trionfo di popolarità dopo i giorni difficili vissuti in coincidenza di risultati deludenti (bombe carta sotto i suoi uffici), il Napoli piombò sulle prime pagine di tutto il mondo e Corrado Ferlaino si liberò della scomoda etichetta del comandante Lauro e divenne l’Ingegnere, con la maiuscola. Fu quello il suo capolavoro da presidente, realizzato col contributo non indifferente, prima di Italo Allodi ( messo ko da un ictus) il maestro, e poi di Luciano Moggi, l’allievo. Il calcio fu il fine per giustificare i mezzi, compresa la sua attività imprenditoriale nei settori dell’ edilizia e dell’accoglienza alberghiera che adesso gli han procurato l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale (30 milioni la cifra in ballo secondo i pm napoletani). Non avendo giornali di riferimento, fu abilissimo nel coltivare amicizie influenti tra i direttori dei quotidiani sportivi (Gino Palumbo della Gazzetta dello Sport e Giorgio Tosatti del Corriere dello Sport) e nel ritagliarsi ruoli di primo piano nel consiglio federale della Federcalcio. Dietro quell’aria mite, spesso si celava un piccolo comandante. Non si negò altre passioni travolgenti: le donne (tre mogli, la penultima Patrizia Baldoni coinvolta nella stessa indagine), i figli (5) e le auto. Fu pilota in un paio edizioni della targa Florio e poi ottenne il brevetto di pilota d’aereo. Era diventato il re di Napoli, quando decise di lasciare. Ora torna alla ribalta per una storia di capitali finiti all’estero e la denuncia di un professionista.