Roberto Petrini; Vittoria Puledda, la Repubblica 11/12/2012, 11 dicembre 2012
UNA STANGATA PER TESORO E RISPARMIATORI 300 MILIONI DI INTERESSI IN PIÙ FINO AL VOTO
Il conto della crisi, dal rientro sulla scena di Silvio Berlusconi e alla decisione di Mario Monti di rassegnare le dimissioni, è già da ora salato. Per le tasche dei risparmiatori (che avessero avuto in portafoglio azioni e Btp) ma anche per le casse dello Stato. Solo tra la chiusura dei mercati di venerdì scorso e ieri infatti il tasso decennale dei Btp è cresciuto circa di un quarto di punto, dal 4,55 al 4,8% (ma se si considerasse il minimo di martedì scorso il conto sarebbe ancora peggio). Il primo banco di prova ci sarà domani, con l’asta dei Bot a 12 mesi, mentre il giorno dopo ci sarà il bis con l’asta dei Btp a tre e i ben più impegnativi Btp a 15 anni, per un massimo di 4,25 miliardi.
Secondo un’analisi di Antonio Forte del Cer se l’aumento dei tassi d’interesse di 0,25 punti si riflettesse sull’intero spettro dei titoli pubblici e rimanesse tale fino alle elezioni, il costo per lo Stato aumenterebbe di circa 300 milioni. Del resto, se in un giorno
la crisi di governo ha scatenato i mercati non si può escludere che la situazione, anche dopo le elezioni possa restare critica e di difficile quadratura politica: in questo caso, se lo 0,25% di maggior rendimento dei Btp decennali “guadagnato” in un giorno si consolidasse per l’intero 2013 sull’intera curva dei tassi, la spesa per interessi salirebbe di 700-800 milioni. E se la situazione dopo le elezioni piacesse ancor meno ai mercati, quale potrebbe essere il costo per lo Stato? Secondo l’analisi di Forte, ipotizzando la crescita di un punto dei tassi sull’intero spettro delle emissioni l’aggravio per un anno sarebbe di 3 miliardi. Significherebbe mangiarsi la metà di quei 6 miliardi di prudente provvista messa in cascina dal governo Monti, che nell’aggiornamento al Def di settembre ha stimato un costo di 89 miliardi di spesa per interessi per il 2013 a fronte di una spesa plausibile (prima dell’effetto Berlusconi) di 83 miliardi.
Del resto gli stessi piccoli investitori hanno già avuto un assaggio in proprio del ciclone-Berlusconi e l’effetto crisi. Partendo dal punto migliore degli ultimi tempi sotto il profilo dello spread, la chiusura di martedì scorso, un ipotetico giardinetto di cinque titoli azionari avrebbe perso in un pugno di giorni il 3,87%, per un totale di 774 euro
rispetto ad un investimento teorico di 20 mila euro (diviso in parti uguali tra 5 azioni). Se invece lo stesso importo fosse stato distribuito su cinque Btp di durata variabile, da due anni di vita residua
fino al trentennale, compresa una quota sul Btp Italia legato all’inflazione, la perdita complessiva sarebbe stata pari al 2,51% (ipotizzando di dividere in parti uguali il gruzzoletto): in
altre parole, la perdita di valore sarebbe già stata pari a 500 euro.
Una riduzione teorica - se non si vende non si realizzano le minusvalenze - e per di più addolcita, nel caso dei titoli di Stato,
dal fatto che comunque continuano a maturare gli interessi delle cedole. Ma comunque perdite; sempre poi che la crisi non continui ad avvitarsi.