Conchita Sannino, la Repubblica 11/12/2012, 11 dicembre 2012
SAVIANO IN TRIBUNALE: GUARDO NEGLI OCCHI I BOSS
È UN faccia a faccia. Ed è la prima volta. Anche se da lontano, via monitor. Sei anni dopo, il ragazzo che scrisse Gomorra incontra
i boss che lo ossessionano. Un confronto muto scorre al Palazzo di giustizia di Napoli, aula 111, sotto un lucernario opaco e un cielo grigio zinco. Roberto Saviano entra nell’aula dove si apre il processo contro due padrini dei casalesi e i loro avvocati.
Sono le 11 quando le figure dei boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine compaiono, sedute, nei due video accesi nell’aula. Per il gergo dei processi, sono collegati in «videoconferenza». Si materializzano dal silenzio del carcere duro, il 41 bis scontato in due celle a centinaia di chilometri dalla Campania. S’affacciano dal fondo dei loro ergastoli. Sembrano minuti, inoffensivi nei loro pullover coloro pastello, i capicosca che hanno gestito per decenni il potere criminale in varie zone del Paese, organizzato l’ala militare, ordinato omicidi, movimentato imperi economici, condizionato e strangolato la vita di interi territori. E fingono di non notare quel giovane teste, scrittore antimafia conosciuto nel mondo e “parte lesa” nel dibattimento, che si è costituito
parte civile.
Quattro anni per arrivare a questo processo che vede imputati, oltre ai due padrini, anche i loro ex avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello, tutti accusati di minacce e diffamazione ai danni di Saviano e della giornalista Rosaria Capacchione, assistiti rispettivamente dagli avvocati Antonio Nobile e Vittorio Giaquinto. L’episodio si riferisce al marzo 2008, quando i difensori dei boss lessero in aula, dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello, un’istanza di remissione del processo che conteneva «frasi diffamatorie e minacciose » sia per i due giornalisti, sia per i magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho.
Saviano sa che quei due imputati giocheranno di sottrazione: «La loro cultura ordina che non mi si nomini né mi si noti: se pronunciano il mio nome, dal loro punto di vista, mi fanno un “regalo”». Poco dopo, lo scrittore si fa fotografare nel locale spoglio dove solitamente i testi attendono l’inizio del processo, e twitta: «In una
stanzulella
del Tribunale, in attesa che i boss Iovine e Bidognetti si colleghino in video per il processo». Poi, ancora: «Inizia il processo a loro e ai loro avvocati accusati di minacce nei miei confronti: li guarderò negli occhi». Seduto accanto al pubblico ministero Antonello Ardituro, Saviano resta a lungo a fissare i due monitor, che però non restituiscono un primo piano degli imputati. Sono padrini impassibili. Se non fosse per un piede che si muove ogni tanto, sembrerebbero manichini. L’unica volta che Bidognetti alza la mano è per chiedere al presidente della terza sezione del Tribunale, Aldo Esposito, di poter telefonare in una pausa del processo al proprio avvocato presente nell’aula di Napoli. Permesso ovviamente accordato. Il Tribunale rigetta due istanze avanzate dalla difesa: impossibile concedere, causa la richiesta “tardiva”, il trasferimento del processo a Roma per “connessione” con quello che riguarda i due magistrati. Si riprende il 4 marzo.
Saviano resta fino all’ultimo. A margine, torna a parlare del ritorno
di Silvio Berlusconi come candidato premier. «Un rientro devastante per il Paese, ma è solo la mia opinione. Siamo in piena guerra di Scampia, c’è la chiusura del processo alla ‘ndrangheta in Lombardia che dimostra la presenza capillare delle reti criminali anche al nord. E invece di rispondere a questo, lui sceglie questa strategia
personalissima». Stoccate dure anche al sindaco di Napoli Luigi de Magistris, che non aveva digerito alcune aperte critiche dello scrittore. «Perché invece di stare lontano non viene qui a dare una mano? », lo provoca de Magistris. Saviano replica: «Sono qui a costituirmi parte civile, e comunque il sindaco sa che non ho deciso io di
andarmene. Temo stia utilizzando la città come ribalta nazionale (domani, a Roma, il sindaco presenta il Movimento Arancione per il Parlamento,
ndr).
Mi pare assurdo che sia andato in tv il giorno dopo l’agguato di camorra davanti a un asilo e non abbia detto una parola
sulla città».