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 2012  dicembre 11 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA CRISI POLITICA


I MINISTRI PRONTI A SEGUIRE MONTI (DALLA STAMPA)
Per «ora» il premier Monti assicura di «non pensarci». Ma in caso di discesa in campo, almeno metà dei suoi ministri sarebbero pronti a seguirlo. Tant’è che il titolare delle Politiche agricole Mario Catania, ammette che «comincerà a pensarci». E seppur non lo dica ancora così esplicitamente il collega dello Sviluppo economico Corrado Passera, la sostanza resta più o meno la stessa anche per lui.
Tutti accanto al premier anche se i tempi sono strettissimi e l’incognita più seria non è sciolta: come e con chi eventualmente si candiderà Mario Monti. E già, perché in base alle modalità che il premier sceglierà per il suo impegno diretto o meno ne deriverà tutto il resto. Insomma, se Monti avrà una propria lista molti dei suoi ministri sarebbero al suo fianco, discorso diverso, invece, se il Professore si limitasse ad un endorsement verso qualcosa o qualcuno o se scegliesse addirittura, invece, di starsene alla finestra per il dopo partita.
Il mese scorso, infatti, proprio Mario Monti (conversando con Vespa per il suo libro lo scorso 5 novembre) parlando dei suoi ministri si augurò che «le eventuali candidature siano limitate nel numero e distribuite politicamente», argomentando che non avrebbe mai voluto che «qualche osservatore desse una chiave di lettura retrospettiva sul colore politico di questa compagina».
Ma è chiaro che da allora, e in poco più di un mese le condizioni politiche sono mutate radicalmente e la crisi ha subito un’accelerazione improvvisa. Al punto che anche molti dei suoi «tecnici» si guardano intorno. E così, mentre Catania ci «pensa» non è mistero che Giulio Terzi di Sant’Agata (artefice all’epoca della famosa visita di Gianfranco Fini a Israele) abbia già manifestato il proprio interesse per un coinvolgimento diretto (intervista al Corriere della Sera), «il rapporto con la politica c’è sempre stato: è difficile che un diplomatico e ancor più ambasciatore non abbia maturato questo rapporto con intensità».
Un rapporto che ha coltivato per anni, soprattutto in Europa, anche Enzo Moavero Milanesi che non resterebbe certamente fuori nel caso di un coinvolgimento anche elettorale di Mario Monti. Così come il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi. Al fondatore della Comunità di Sant’Egidio, in verità, poco interessa di sedere in Parlamento ma è chiaro che di fronte a una chiamata al fianco di Monti non si tirerebbe indietro.
Allo scranno di Montecitorio guardano anche il ministro alla Salute Renato Balduzzi (possibile candidato per il Pd), quello all’Istruzione Francesco Profumo, e dell’Ambiente Corrado Clini. Posizione, invece, più defilata per Fabrizio Barca. Al ministro per la Coesione territoriale guardano un po’ tutti con attenzione.
C’è chi lo rivorrebbe ministro, chi parlamentare, chi ancora, soprattutto, il Pd, candidato alla poltrona di sindaco di Roma. Barca ha fatto già sapere di no, ma pare che Bersani tornerà alla carica. L’ipotesi più probabile è che Barca torni «utile» per un ministero di peso (Economia o Sviluppo) qualora il centro-sinistra vincesse le elezioni.
Si sono chiamati, invece, fuori dalla mischia i ministri Patroni Griffi che ha fatto sapere di voler tornare a fare il magistrato e le ministre Cancellieri e Severino.
I MINISTRI SEVERINO E CANCELLIERII MINISTRI SEVERINO E CANCELLIERI

1. GIRAVOLTA DI GOLDMAN: "AUMENTA 
IL RISCHIO. VENDETE BOND ITALIANI"
Gianluca Paolucci per La Stampa
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Vendete bond italiani. Se cambiamo idea ve lo diciamo, ma per il momento continuiamo a credere che l’Italia «andrà peggio degli altri mercati non core» dell’eurozona. Questo è il consiglio arrivato ieri di primo mattino da Goldman Sachs ai suoi clienti in una nota riservata. Gli analisti di Goldman tracciano anche lo scenario della crisi: voto tra febbraio e marzo, il ritorno di Berlusconi che erode consensi ai grillini e nuovo governo. «Al momento, l’esito più probabile resta quello di una di un governo di coalizione di centro-sinistra, con Mr. Monti coinvolto in qualche ruolo istituzionale».

Ieri, con gli occhi del mercati concentrati sul debito italiano, le grandi case di brokeraggio hanno dato grande spazio al futuro di Mario Monti e a quello di Silvio Berlusconi. L’analisi di Goldman - non diffusa alla stampa - è però quella che è più entrata nel dettaglio dello scenario politico.

Gli analisti del gruppo Usa, da Londra, mandano messaggi rassicuranti: «Il rafforzamento della governance dell’eurozona dovrebbe anche mitigare le possibilità di vedere una modifica sostanziale della politica economica» rispetto a quanto fatto dall’esecutivo attualmente in carica. Anche se, avvisa la banca, «è da aspettarsi un aumento della retorica anti-austerità e anti-riforme».

Proprio quest’ultimo fattore spiegano gli analisti, dovrebbe portare come esito un aumento del premio di rischio per gli asset italiani. Per questa ragione, «fin dalla scorsa settimana abbiamo raccomandato di prendere posizioni "corte" sui bond governativi italiani (rispetto alle loro controparti spagnole)». In futuro, «consiglieremo eventualmente ai clienti di chiudere questa posizione tattica».

Di certo, spiegano ancora gli analisti di Goldman, in questa sarà più difficile per l’Italia chiedere il ricorso al piano di sostegno antispread della Bce, nonostante il Tesoro debba rinnovare 52 miliardi di Btp e Ctz e 89 miliardi di Bot entro la fine di febbraio. Tra gli aspetti positivi, Goldman segnala però che adesso Monti avrà le mani più libere per aggregare attorno a sé il supporto per le politiche messe in atto dal suo esecutivo, «probabilmente ispirando la piattaforma di una coalizione centrista».

Scenari politici a profusione anche dalle altre banche d’affari, in analisi questa volta circolate anche tra la stampa specializzata: Royal bank of Scotland si avventura anche in percentuali sul prossimo esecutivo, con un 55% di probabilità che si di centro-sinistra, un 25% che vinca il centro destra e un 20% che dalle urne esca un Monti-bis.

Morgan Stanley vede tra i rischi la vittoria di un governo che voglia smussare le riforme, o una campagna elettorale centrata sui temi anti-riforme. Per Credit Suisse, infine, quello che potrebbe cambiare i giochi potrebbe essere l’impegno diretto di Monti in politica, sia come capo di una coalizione centrista che con esplicito appoggio ad un simile raggruppamento.

2. MONTI: NESSUN COMPLOTTO IN ATTO DA PARTE DEGLI INVESTITORI. SENZA L’EUROPA SAREMMO PICCOLI PAESE
http://www.ilsole24ore.com
Mario Monti non crede a «complotti» occulti di investitori sui mercati, ma sottolinea che spesso ci sono soggetti che agiscono «senza scrupoli». «Non ci sono complotti di forze occulte» contro l’Ue o i suoi singoli Stati ha affermato intervenendo a Uno mattina su Rai 1 - ma certamente «l’Ue rappresenta un argine» alle tempeste dei mercati finanziari. Poco dopo l’apertura lo spread Btp/Bund balza da 350 a un massimo di seduta di 360 punti.
IL PREMIER: CHI AVREBBE DOVUTO FARE LE RIFORME NON LE HA FATTE 

È inutile che si punti l’indice contro lo spread. Il problema vero è un altro: chi in passato avrebbe dovuto fare le riforme per sostenere la crescita non l’ha fatto. Con il risultato che nell’ultimo anno il governo è stato costretto a mettere in campo misure draconiane, e la ripresa del sistema economico è saltata. È questo il messaggio che si legge tra le righe delle affermazioni del premier Mario Monti.
«EVITARE SOLUZIONI MAGICHE IN CAMPAGNA ELETTORALE» 

Il Professore non ha fatto nomi e cognomi, ma in molti hanno letto in queste dichiarazioni una critica a quel Pdl che lo ha di fatto sfiduciato, costringendolo ad annunciare le dimissioni. Nella campagna elettorale, ha poi ricordato il presidente del Consiglio, «c’è la tendenza a presentare soluzioni magiche ai cittadini per seguire i loro istinti e non per proporre un programma per il futuro».
Pochi minuti prima il leader del Pdl Silvio Berlusconi, sempre tramite una trasmissione televisiva («La telefonata» su Canale 5), ha criticato lo spread. Che ci importa, si è chiesto, di questo parametro, «è un imbroglio: cosa ci importa degli interessi sui nostri titoli rispetto a quelli sui bund tedeschi?».
Di diverso parere il professore: bisogna «spazzare via alcuni miti tipo che ciò che un paese fa non influisce sul suo spread perchè contano solo gli interventi della Bce. Spero - ha osservato Monti - che anche in questo non si trattino i cittadini in modo più sprovveduto di quello che sono».
IL PREMIER: SENZA L’EUROPA SAREMMO TUTTI PICCOLI PAESINI 

Monti ha messo in evidenza il ruolo dell’Europa nel contrastare la crisi e gli attacchi della speculazione: «Se non ci fosse l’Europa queste guerre finanziarie sconvolgerebbero i paesini e mercatini nazionali. Spesso i singoli paesi europei sarebbero soccombenti di fronte ad altre potenze economiche. I singoli governi nazionali senza l’Europa sarebbero sbandati senza il quadro europeo», ha aggiunto Monti.
LA CRESCITA? TOCCAVA AI GOVERNI PRECEDENTI SPINGERLA 

Per il Capo del governo «l’alunno Italia é uno dei grandi maestri d’Europa». «Tredici mesi fa - ha ricordato - l’Italia si é trovata in condizioni finanziarie molto molto difficili: oggi se guardiamo ai rapporti della Commissione e delle altre istituzioni possiamo dire di essere stati promossi. Il costo - ha aggiunto il presidente del Consiglio - é stato che non c’é stata crescita, ma chiedo come sarebbe stato possibile salvare l’Italia da un destino greco e farla crescere: questa ricetta si sarebbe dovuta trovare qualche anno prima, quando non c’era da salvarsi».
«Sono l’uomo nero». Sembra che sia crollato il mondo con l’annuncio della sua candidatura, la conseguente sfiducia al governo e l’accelerazione di Monti verso lo scioglimento delle camere. Si sono aperti i mercati, la Borsa è precipitata, lo spread è volato e una tempesta di critiche, anche dall’estero, si è abbattuta su Berlusconi. Tutti a indicarlo come l’untore d’Europa. «Ecco - dice ridendo - sono additato come l’uomo nero che fa paura a tutti, ma chi deve avere veramente paura è Bersani. Non deve dormire sonni tranquilli».
Viene descritto grintoso come ai vecchi tempi, indifferente alle accuse di essere un irresponsabile, interessato ai suoi affari, indifferente agli interessi italiani. Ha letto la valanga di fango che gli hanno riversato addosso i giornali, anche quelli esteri, soprattutto tedeschi e francesi.
Così nel pomeriggio «l’uomo nero» ha deciso che non poteva più stare zitto. Non bastava che parlasse Alfano e dicesse che «i mercati sono molto suscettibili ma non dettano l’agenda, non scelgono i governi: diversamente saremmo davanti alla bocciatura di ogni governo futuro. Se la reazione è la sfiducia a prescindere per qualsiasi governo noi ci schieriamo con il popolo italiano e non con i mercati».
Era necessaria una reazione del protagonista di questo sconquasso, che rispondesse anche a l’ex ministro Frattini, che in mattinata aveva preso le distanze dalla linea politica anti-Monti e anti-Merkel: «Chi ignora le reazioni internazionali ed i mercati commette un grave errore». Per Frattini i toni esasperati nei confronti del governo sono sbagliati.
Bene, l’uomo nero considera le reazioni alla sua candidatura «eccitate, fuor di luogo, offensive» non tanto nei suoi confronti quanto per «la libertà di scelta degli italiani». Poi rincara la dose e insinua il sospetto che queste «ingerenze» siano «l’ennesima manovra speculativa tesa a indebolire le nostre aziende e a renderle facile preda di acquirenti stranieri».
Nessuno può mettere in dubbio la sua fede europeista: «Mi sono sempre battuto per un’Europa meno burocratica e più unita politicamente, con una politica monetaria unica, con una politica estera unica, con una politica della difesa unica».
Alla fine, la colpa del nervosismo dei mercati non è di Berlusconi ma di Monti che ha annunciato le sue frettolose dimissioni. E’ la tesi paradossale dell’ex ministro Brunetta, per il quale bisognava seguisse «la linea di Napolitano, vale a dire una crisi ordinata, ma Monti l’ha accelerata, indicando le sue dimissioni subito dopo l’approvazione della Legge di stabilità».
Dunque, tutti contro l’uomo nero, con la Boccassini che lo accusa di prendere tempo nel processo Ruby e la vicenda dei fondi per l’editoria in cui è finito incastrato Verdini. «Aspettiamoci avvisi di garanzia che spuntano come funghi», ha detto ieri il Cavaliere, al quale però fa gioco tutta questa attenzione su di lui e le accuse che muove alla politica recessiva di Monti, piegato ai diktat dell’Europa.
E’ arrivata l’ora di «un’operazione verità sull’imbroglio dello spread» che portò alla caduta del governo Berlusconi: sarà il tema della contro conferenza stampa di fine anno organizzata da Brunetta, con la probabile partecipazione del Cav. Un contraltare alla conferenza del premier Monti del 21.
In questo modo Berlusconi cerca di recuperare i milioni di voti persi e di far dimenticare che gli impegni in Europa li aveva sottoscritti lui. Ma ora siamo in campagna elettorale e bisogna pensare a mettere su una bella coalizione con la Lega e magari il nuovo movimento di destra di La Russa-Gasparri, senza Matteoli, in forse Alemanno, con l’innesto di Crosetto e la giovane Giorgia Meloni come punte di lancia.

MONTI DA FRANCO DI MARE
"Mio nipote era a casa nel pomeriggio e ha visto al telegiornale che si parlava di spread. E ha detto ’mamma, ma spread sono io’. Perché all’asilo lo chiamano ’spread’. Le colpe dei nonni ricadono sui nipoti". Lo ha raccontato il premier Mario Monti, intervenendo a Uno Mattina.


REPUBBLICA.IT
ROMA - Eccolo qui il mantra della prossima campagna elettorale del Cavaliere, sulla falsariga di quel "i ristoranti sono pieni" mentre la crisi martellava le fondamenta del Paese. Berlusconi lo illustra con Maurizio Belpietro: "Ma che ci importa dello spread, è un imbroglio". E, ancora: "L’economia con Monti è solo peggiorata". Per arrivare a far intravvedere il ritorno del "glorioso simbolo di Forza Italia alle prossime elezioni". Che, ovviamente, "sono state anticipate solo per colpa delle dimissioni anticipate di Monti".
Imbroglio spread. "L’anticipo delle elezioni è" un motivo "risibile" che non può comportare la crisi dello spread: "si tratta di poco più di un mese, non c’è una ragione vera". Berlusconi ritiene che lo spread sia una scusa: "Smettiamola di parlare di questo imbroglio: cosa ci importa degli interessi sui nostri titoli rispetto a quelli sui bund tedeschi?", ha aggiunto. Quando salì lo spread - ha aggiunto l’ex premier - contribuendo a far cadere il suo esecutivo, Berlino aveva "ordinato a tutte le banche di vendere i buoni del Tesoro italiani, con 8-9 miliardi di vendita. Gli altri fondi hanno pensato: ’Se la Germania vende, qualcosa ci sarà...’. E hanno ritenuto di chiedere un premio per un rischio teorico, a noi del 6%. La Germania ha approfittato di tutto questo e ha abbassato i tassi all’1%, a noi cosa importa? A noi importa che i nostri tassi sono aumentati del 2%, che in un anno sono 5 miliardi in più. Tutto quello che è stato inventato sullo spread è un imbroglio usato per abbattere un governo e fargli perdere la maggioranza", ha concluso.
Con Monti economia peggiorata. "Purtroppo il governo Monti ha portato una situazione di crisi, molto peggiore di quando c’eravamo noi al governo. I nostri ultimi mesi avevano un pil positivo, con questo governo è diminuito, tutti gli indicatori sono peggiori di quando c’eravamo noi. La situazione è peggiore". Lo afferma Silvio Berlusconi, ospite de la Telefonata, parlando del governo.
I ’no’ a Merkel. "Io ho detto di no quando la signora Merkel chiedeva che alla Grecia fossero imposte delle riduzioni che l’avrebbero portata, come pensavo e come poi è stato, quasi alla guerra civile. Ho detto di no quando si è parlato di Tobin Tax. Ho detto di no quando si è trattato di far calcolare alle banche i titoli del debito pubblico posseduti non al valore di rimborso ma del secondo mercato, costringendole a patrimonializzarsi di più". E prosegue la lista. "Ho detto di no - ricorda ancora Berlusconi - quando si è parlato del Fiscal Compact e ho persino messo il veto, sospendendo il consiglio dei capi di Stato e di governo, per far presente che l’Italia non poteva assumersi una riduzione del debito di 50 miliardi all’anno, anche perché il nostro debito non era, e non è, del 125% rispetto al Pil perché - torna a rilevare - il nostro Pil va calcolato sommando a quello emerso anche quello sommerso, cosa che invece l’Europa non fa". E ha sottolineato: "Finché sono stato capo di governo ero uno dei più autorevoli".
Nuovi volti per il Pdl, anzi no. Il Pdl cambia pelle e, soprattutto, parlamentari. Anzi no. Berlusconi annuncia: "Abbiamo deciso di presentare un movimento con una forte immissione di forze nuove. Il 50%" dei prossimi candidati in lista verranno "dal mondo del lavoro, dell’impresa, delle professioni; il 20% dagli amministratori locali che si sono comportati bene; il 10% da nuove persone dal mondo della cultura e dell’arte" e solo "il 10%" saranno scelti tra "i nostri attuali parlamentari". Ma subito dopo, una nota di Palazzo Grazioli corregge il tiro: "Appare evidente che non sarà soltanto Il 10% dei parlamentari uscenti del Popolo della libertà ad essere ricandidato. È bene chiarire che tutti quei deputati e senatori che provengono dalla trincea del lavoro, che hanno svolto o stanno svolgendo un’attività lavorativa, e non hanno una provenienza solo politica, saranno ricompresi in quella quota del 50% dei provenienti dal mondo del lavoro suggerita stamani dal presidente Berlusconi".
(11 dicembre 2012)

MONTI IN TV (REPUBBLICA.IT)
ROMA - Mario Monti non crede a "complotti" occulti di investitori sui mercati, ma sottolinea che spesso ci sono soggetti che agiscono "senza scrupoli". "Nei mercati finanziari - ha detto il premier a Unomattina - ci sono infiniti soggetti grandi e piccoli che cercano di fare i loro interessi, spesso senza scrupoli", ma "non credo che ci siano complotti occulti".
Crescita? Toccava ai governi precedenti. Parlando contemporaneamente a Silvio Berlusconi, che, alla Telefonata di Belpietro lo attacca, accusando il governo tecnico di aver fatto peggiorare la crisi, il presidente del Consiglio difende l’operato dell’esecutivo e sembra rispondere direttamente al Cavaliere che da giorni insiste polemicamente sul tema della mancata crescita: toccava ai governi precedenti spingerla, dice il premier. "Tredici mesi fa l’Italia si è trovata in condizioni finanziarie molto molto difficili: oggi se guardiamo ai rapporti della Commissione e delle altre istituzioni possiamo dire di essere stati promossi. Il costo è stato che non c’è stata crescita, ma chiedo come sarebbe stato possibile salvare l’Italia da un destino greco e farla crescere: questa ricetta sarebbe stata dovuta trovare qualche anno prima, quando non c’era da salvarsi".
Senza Ue singoli stati sbandati. Il giorno dopo la cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace all’Unione europea ad Oslo, Monti argomenta la sua visione di Europa, prima di tutto, in tempi di crisi, come argine alle guerre finanziarie. Per il premier il governo europeo non è perfetto, ma sta facendo passi in avanti, spinto anche dalla crisi. "Se non ci fosse l’Europa queste guerre finanziarie sconvolgerebbero i paesini e mercatini nazionali. Spesso i singoli Paesi europei sarebbero soccombenti di fronte ad altre potenze economiche".
Elezioni, no a soluzioni magiche o promesse irrealistiche. Il premier mette in guardia ancora una volta dal pericolo del populismo: "C’è in quasi tutti i Paesi d’Europa, c’è in Italia a corrente alternata". In campagna elettorale "c’è la tendenza a presentare soluzioni magiche ai cittadini per seguire i loro istinti e non per proporre un programma per il futuro", dice ancora Monti. Si cerca di "ipersemplificare le cose" e si "promette ciò che non può essere mantenuto", per assecondare "gli istinti viscerali" dei cittadini. E ai partiti lancia un avvertimento: "ci vuole autodisciplina per trattare i cittadini non come sciocchi, ma come cittadini maturi".
Cittadini non sprovveduti, sanno cosa muove lo spread. Per Monti la risalita dello spread è preoccupante e va affrontata con calma. Monti ne parla mentre subito prima Berlusconi alla Telefonata diceva: "Smettiamola di parlare di questo imbroglio". Il professore dice con chiarezza: "Dobbiamo stare attenti e spazzare via alcuni miti, come quello secondo cui quello che un paese fa non influisce sul suo spread perché interviene la Bce". E aggiunge: "Spero che anche in questo non si trattino i cittadini come più sprovveduti di quanto siano".
Poi si concede una battuta: "Le colpe dei nonni ricadono sui nipoti: il mio, all’asilo, lo chiamano spread" (il video).
Politica è cercare di orientare la testa delle persone. Anche alla domanda sul suo futuro politico, il premier cerca di rispondere con leggerezza, dicendo di non spiegarsi tutto quest’interesse per le prossime mosse di una "persona ormai anziana". Poi aggiunge: "La politica credo sia prima di tutto cultura, cercare di orientare la testa delle persone. Credo di averlo fatto da professore e sto cercando di farlo da presidente del Consiglio. Sono sicuro che qualunque veste mi tocchi in futuro, continuerò a farlo, poi tutto il resto e tutto il resto e si vedrà".
(11 dicembre 2012)

QUADRO INTERNAZIONALE (REPUBBLICA.IT)
BRUXELLES - C’è timore sulla scena internazionale per le dimissioni di Mario Monti. "E’ stato un grave errore far cadere il governo Monti". E’ la dura presa di posizione assunta dal Partito popolare europeo nei confronti della decisione del Pdl. "Siamo molto preoccupati - ha detto Joseph Daul, capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, in una conferenza stampa a Strasburgo - . Per l’euro e per l’economia non ci possiamo permettere una politica spettacolo, serve una politica rigorosa".
E’ dallo stesso Pdl che arrivano le critiche alla decisione di Silvio Berlusconi di far cadere l’attuale esecutivo e di ricandidarsi. Anche il capo degli eurodeputati del Pdl Mario Mauro prende le distanze dal ritorno di Berlusconi. "Spero che a un momento di follia vera e propria - ha detto Mauro - segua un periodo di assunzione di responsabilità". Quanto a Berlusconi, Mauro ha ricordato che "abbiamo idee diverse ma gli stessi elettori": ecco perchè, secondo Mauro, è importante sottolineare che "per me il Pdl esiste se si riconosce, come previsto nel suo statuto, nei principi del Ppe": se questo non è più vero, "allora non mi riconosco in quel partito".
Preoccupazione anche dalla Germania che ha lanciato un duro monito all’Italia: guai se Roma abbandonerà il corso risanatore ben impostato da Monti, se lo farà sarà in grave pericolo l’intera Europa. Lo ha detto a Spiegel online il ministro degli Esteri federale, Guido Westerwelle. "L’Italia non può adesso fermarsi e restare ferma dopo aver compiuto due terzi del processo di riforma - ha detto Westerwelle - .Ciò causerebbe nuove turbolenze non solo in Italia bensì nell’Europa intera".
Un rigore che chiede anche l’Europa. "Mario Monti è stato un grande premier e spero che le politiche che ha realizzato continueranno dopo le elezioni" perché "non c’è alternativa ad avere conti pubblici solidi e una economia competitiva. Il prossimo governo non può fare diversamente", ha detto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sottolineando che "il consolidamento fiscale è una scelta inevitabile per paesi con un deficit o un debito elevato". Monti, aggiunge, "e il governo hanno svolto un ottimo lavoro. Hanno ripristinato la fiducia nell’Italia, il che è importante perchè siete centrali nell’Eurozona. E’ stato un aiuto molto rilevante nella difesa della stabilità collettiva".
Anche oggi, come ieri, la stampa internazionale guarda con preoccupazione al ritiro di Monti e alla decisione dell’ex premier Silvio Berlusconi di scendere di nuovo in campo. In linea di massima l’orientamento è unanime: Monti lascia, ma dovrebbe ripresentarsi. Chi si espone di più è il Financil Times che con un editoriale invita espressamente il professore a candidarsi.
Monti, per il Financial Times, ha agito bene accelerando e scegliendo di dimettersi. Ora deve capitalizzare la sua esperienza. "La sua presenza tra i candidati al voto darebbe agli elettori maggior scelta". Il Wall street journal scrive in italiano "ciao monti", ma lascia intendere di augurarsi che si tratti di un arrivederci e non di un addio.

SQUINZI IRRITATO (REPUBBLICA.IT)
ROMA - A Silvio Berlusconi sullo spread risponde il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. "Siamo nel campo delle opinioni personali. Lo spread è importante perché impatta direttamente sul costo del nostro debito pubblico", spiega il presidente di Confindustria, commentando le parole di Silvio Berlusconi, che, alla Telefonata di Belpietro questa mattina ha sparato a zero contro il differenziale: "Smettiamola di parlare di questo imbroglio: cosa ci importa degli interessi sui nostri titoli rispetto a quelli sui bund tedeschi?" ha detto Berlusconi.
Lo spread è importante per il rilancio dell’Economia, aggiunge il leader degli industriali. Oltre al costo del debito pubblico, l’impatto dello spread è "sulla possibilità di destinare fondi per ridurre il cuneo fiscale, che è la cosa più importante per rilanciare l’economia del nostro Paese", sottolinea.
"Non dobbiamo guardare a reazioni isteriche sul momento - ha spiegato Squinzi parlando della reazione dei mercati ieri sulla crisi politica - perché ci può essere qualcuno che ne trae profitto. Credo sia necessario avere sempre una visione di medio lungo periodo e credo che quello che conta veramente è che dalle prossime elezioni esca un governo stabile capace di governare e fare una buona politica".
Sullo spread "probabilmente
Berlusconi non è stato ben inteso", dice il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. "C’è veramente qualcuno al mondo che può pensare che lo spread non è importante?" si chiede Passera. Sicuramente "non è l’unico indicatore ma un indicatore importante", aggiunge. Del resto, "la credibilità del paese è molto determinante ed è molto determinante anche il livello dei suoi tassi". Ecco perché occorre "continuare a lavorare per rendere lo spread più basso", conclude Passera.
Anche Pier Ferdinando Casini interviene, dicendosi terrorizzato da un ritorno al passato. Per il leader dell’Udc far cadere il governo Monti "è stato un grave errore". "Noi condividiamo il terrore diffuso nella comunità internazionale che l’Italia torni all’improvvisazione e all’avventurismo del passato. Monti ha restituito all’Italia la credibilità nella politica europea".
Sullo spread arriva anche la puntualizzazione della Ue. Spread elevati "mettono in difficoltà le imprese ed impediscono il buon funzionamento del mercato interno": lo ha detto un portavoce della Commissione Ue oggi, rispondendo ad una domanda sul dibattito italiano circa l’importanza di tale indicatore.
Il ritorno in campo di Berlusconi suscita ancora altre reazioni. "Bisogna dire basta alla teoria del singolo che può risolvere tutto", sostiene il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: "Berlusconi non fa ripartire niente, basta con le formule magiche".
Nel Pdl, il capodelegazione a Strasburgo Mario Mauro prende le distanze dal Cavaliere: "a un momento di follia vero e proprio segua un lungo periodo di assunzione di responsabilità per far capire che Monti è necessario anche domani", ha dichiarato.
Sempre dal Pdl, Giorgia Meloni è contraria al ritorno di Berlusconi: "Avevamo dato vita a un percorso
molto affascinante sul tema delle primarie. Interrompere tutto questo crea confusione agli italiani che non capiscono esattamente cosa stiamo facendo", dice l’ex ministro, aggiungendo anche: in un Pdl nel quale vorrei rimanere ci sono alcune persone alle quali sarebbe bene chiedere di fare un passo indietro in questa tornata elettorale. Dell’Utri è una di queste".
"Lo spread un’invenzione? Magari lo fosse", dice Pier Luigi Bersani, segretario del Pd.
Berlusconi "è alla frutta e imita alba dorata, attaccando l’Europa e dicendo che lo spread è un imbroglio, per recuperare qualche manciata di voti, dice Massimo Donadi, portavoce nazionale di Diritti e Libertà.
Attacca anche Angelo Bonelli dei Verdi: "Berlusconi se ne frega dello spread? Bene lo paghi lui con i suoi soldi perché le famiglie e le imprese non ce la fanno più a pagare le conseguenze del disastro che Berlusconi ha prodotto con i suoi governi", dichiara il presidente dei Verdi.
Sul proprio sito Famiglia Cristiana pubblica un editoriale dal titolo "Silvio, scusa se ridono di te", a firma Fulvio Scaglione. "Stupisce lo stupore. Quello di Silvio Berlusconi e dei suoi, s’intende, arrabbiati col mondo perché dappertutto, in Europa, i propositi di rivincita del Cavaliere sono accolti con ironia o palese sconforto", si legge nel commento. Umanamente è comprensibile, continua l’editoriale, ma dal punto di vista politico le cose stanno diversamente. "Solo in Italia il politico di allora, Berlusconi appunto, ambisce al riciclo anche oggi". E "una parte d’Italia" somiglia sempre più all’automobilista della barzelletta. Quello che andava contromano in autostrada e intanto mormorava tra sè: ma questi sono tutti matti", conclude Famiglia Cristiana.