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 2012  dicembre 11 Martedì calendario

I consumi elettrici in Italia nell’ultimo anno si sono ridotti del 3%, in Spagna del 10% e persino in Germania si è registrato un calo dell’1%

I consumi elettrici in Italia nell’ultimo anno si sono ridotti del 3%, in Spagna del 10% e persino in Germania si è registrato un calo dell’1%. In tutta Europa, i grandi operatori telefonici hanno notato una diminuzione del traffico da cellulare negli ultimi sei mesi, e ancora di più negli ultimi tre. Nel frattempo su Google Trends, la ricerca della parola «Berlusconi» sul web segna un’impennata esponenziale da mercoledì 5 dicembre (quando il Pdl ha iniziato a staccare la spina al governo), dopo una lunga fase di stanca: il grafico sulle ricerche Internet di quel cognome ricorda uno spread che s’impenna improvvisamente. Elettricità, minuti al telefono, ricerca parole online. Troppi elementi registrano la stessa realtà: l’Italia sta entrando nella sua ennesima stagione politicamente instabile mentre si trova nella più lunga recessione dal dopoguerra e non può ricevere molto sostegno del resto d’Europa. La domanda di beni e servizi da parte dei principali clienti del made in Italy deve ancora scendere, prima di risalire. La ripresa si farà attendere a lungo e non toglierà le castagne dal fuoco a nessun partito. È su questo sfondo che stanno iniziando la campagna elettorale e quella dei mercati. Lo strappo di ieri negli «spread» sui titoli sovrani e la Borsa è stato chirurgico, non sistemico: non ha quasi toccato le altre piazze finanziarie salvo (marginalmente) Madrid, mentre anche i rendimenti dei titoli italiani sono saliti di 10 o 15 punti base più di quelli spagnoli. Non si tratta di scosse destabilizzanti, per adesso: secondo Goldman Sachs, ieri ci sono state soprattutto chiusure di posizioni al rialzo prese da «hedge funds» e grandi fondi sovrani o istituzionali all’estero. Non si è ancora rivista speculazione al ribasso contro l’Italia e del resto la strada coperta in questo anno di sacrifici resta lunga comunque: il primo gennaio 2012 l’Italia pagava uno spread sui bond decennali di ben 200 punti base sopra Madrid, mentre anche dopo lo scivolone di ieri era 75 punti base al di sotto. È stato un sorpasso netto. In meno di un anno, il costo del debito a dieci anni è sceso quasi del 3% rispetto alla Spagna. Difficilmente queste conquiste dureranno. Molti grandi investitori che pensavano di comprare in Italia, ora aspetteranno che la nebbia della politica si diradi. Alcuni operatori di mercato pensano che lo scarto fra i due grandi Paesi del Sud scenderà rapidamente a zero. Nel frattempo anche Madrid teme di subire il nuovo contagio partito da Roma, ha avvertito ieri il ministro delle Finanze Luis de Guindos. Axa, la compagnia francese di assicurazioni, in una nota di ieri lo definisce un «danno collaterale» e aggiunge: «Potrebbe essere l’Italia a fornire l’innesco perché la Spagna chieda l’aiuto dell’Esm (il fondo salvataggi, ndr)» (dunque anche alla Bce). Ed se davvero il premier iberico Mariano Rajoy si decidesse a questa svolta già mille volte rinviata, il paradosso è che Mario Monti otterrebbe ciò che voleva proprio quando rischia di non servirgli più a molto. Da mesi la strategia del premier era di aspettare che fosse la Spagna a sperimentare per prima il nuovo ingranaggio di aiuti europei. «Assaggiare il budino», diceva Monti. Era una scelta razionale: il governo italiano poteva godere dei benefici se l’intervento a favore di Madrid avesse fatto scendere la febbre un po’ per tutti; poteva decidere di imitare Rajoy se il programma della Bce si fosse dimostrato benefico; o poteva tenersene alla larga se si fosse dimostrato tossico sulla pelle degli iberici. Poteva. Ora però quest’architrave dell’attuale politica europea dell’Italia si è incrinato. Con una crisi di governo aperta e una campagna elettorale feroce e populista, è più difficile che il mercato premi anche i Btp dell’Italia solo perché la Bce sta intervenendo sulla Spagna. Allo stesso tempo, il calendario delle aste di titoli del Tesoro nel primo trimestre è pesante e delicatissimo (oltre 100 miliardi), ma il Paese rischia di trovarsi paralizzato qualora avesse bisogno di chiedere l’aiuto della Bce in cambio di un «memorandum» di impegni. Il governo tecnico dimissionario non ha certo l’autorità per vincolare il prossimo parlamento con un piano di sacrifici pluriennale. I principali partiti, in campagna elettorale, non vorranno certo legarsi le mani firmando altri impegni europei. E la prossima maggioranza, qualunque sia, deve prima far eleggere un nuovo capo dello Stato, poi formare un governo e dargli il tempo di provare a governare. Serviranno ancora molti mesi, solo dopo eventualmente si potrà pensare a negoziare un aiuto dell’Esm e della Bce (se dovesse servire). Ciò significa che l’Italia oggi ha le spalle meno coperte di prima di fronte alle scosse dei mercati. Già solo sapere che c’è la rete di sicurezza della Bce di Mario Draghi aveva aiutato a abbattere gli spread di oltre 250 punti fra il 26 luglio e il 3 dicembre di quest’anno. Ma quella rete non è stata richiesta dunque, per il momento, non può più essere aperta dall’Italia facilmente. Il Paese dovrà affrontare la volatilità dei prossimi mesi da solo. Chissà che non sia la volta buona perché chi chiede il voto ai cittadini sia costretto a farlo, per qualche mese, senza troppe fughe dalla realtà. Federico Fubini