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 2012  dicembre 09 Domenica calendario

SOUTH STREAM PRENDE IL VIA

Sotto enormi igloo geodetici installati per l’occasione sulle scogliere del Mar Nero, tra maxischermi e luci azzurrine come il metano, lo hanno festeggiato prima ancora che nascesse. È South Stream, il gasdotto voluto da Mosca a ogni costo, tanto da regalargli una partenza virtuale che porterà la data del 7 dicembre: malgrado la costruzione offshore di questa nuova via del gas che si tufferà 2.250 metri sotto il mare non comincerà prima del 2014.
È da completare l’elenco dei permessi tecnici e ambientali dovuti dai Paesi coinvolti, sono ancora da definire le gare d’appalto per la fornitura dei 300mila segmenti di tubo che percorreranno i 925 km marini del gasdotto, i costi (e relativa condivisione) e il calendario che scandisce i tempi di realizzazione e i volumi di gas russo da trasportare in Europa non sono ancora definitivi.
E la decisione finale di investimento - raggiunta a San Donato Milanese il 14 novembre scorso - non è considerata un punto di non ritorno neppure dai partner del consorzio che lavora con Gazprom al tratto offshore di South Stream: Eni per l’Italia, i francesi di Edf, i tedeschi di Wintershall. Se «determinate condizioni» non «verranno soddisfatte in futuro», è scritto nel documento, gli azionisti «si riservano il diritto di lasciare il progetto».
È in questo scenario che Vladimir Putin ha riunito tutti qui, nell’antica colonia genovese di Anapa sul Mar Nero: sfidando i dubbi sull’andamento della domanda europea, le discussioni sull’opportunità di un gasdotto che nasce con il boom dello shale gas - intrappolato tra le rocce - e il calo dei prezzi sui mercati spot; sfidando le inchieste anti-monopolio della Ue e i timori di un’eccessiva dipendenza dal Cremlino.
South Stream, chiarisce il presidente russo, nascerà qui ad Anapa senza ogni dubbio, anzi è già nato.
È una data storica, dice Aleksej Miller, il responsabile di Gazprom, e Putin gli fa eco, soddisfatto all’idea che questa cerimonia che hanno chiamato "Saldatura della partnership" rinsaldi ancor di più il legame «tra noi fornitori e i nostri clienti europei».
Il primo gas arriverà a fine 2015. Il presidente russo è sicuro di sé, malgrado appaia effettivamente dolorante alla schiena e malgrado abbia fatto attendere un po’ troppo a lungo i propri ospiti, i vertici di Basf Kurt Bock, di Edf Henri Proglio, e di Eni, Paolo Scaroni. Che a un certo punto si alza e accenna ad andare via: «Mi annoiavo - si schermirà poi sorridendo - la pazienza non è una mia virtù».
Eppure South Stream ne richiede tanta. Se questo non è un inizio vero e proprio per South Stream, «è una data importante - spiega Scaroni - abbiamo riunito le condizioni per andare avanti». L’amministratore delegato di Eni - che respinge con decisione ogni invito a commentare l’inchiesta aperta a Milano su Saipem - accenna ai due passaggi che ancora attendono South Stream: la definizione della costruzione finanziaria del progetto e l’accordo della Ue, che insiste sulla liberalizzazione del mercato ma che secondo Scaroni dovrebbe concedere l’esenzione sull’obbligo di accesso di terze parti al gasdotto, almeno per qualche anno, in modo da dare ai partner la possibilità di rientrare sugli investimenti. «Non vedo le ragioni perché la Ue non debba approvare condizioni di sicurezza per gli approvvigionamenti in Europa» conclude Scaroni. Poi esce insieme a Miller e agli altri partner.
Fuori, nel buio, hanno finito di saldare insieme due tubi, il capo di Gazprom firma per primo quello con la bandierina russa, più grande di quella tedesca, quella francese, quella italiana. Ora il progetto è davvero internazionale, aveva detto Putin. Ma non è qui a firmare, il presidente è già andato via. I due tubi da cui è nato South Stream restano sulla scogliera. Per ora, non sono collegati a nulla.