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 2012  dicembre 09 Domenica calendario

LECCORNIE DA BIBLIOFOLLI

Il 31 ottobre scorso a Parigi è andata all’incanto da Drouot la biblioteca di Pierre Lacam (1836-1902), noto maestro pasticciere. In quegli anni Balzac attraversava la città per rifornirsi del miglior caffè presso tre diverse botteghe. In quegli anni usciva il Manuale del dilettante del caffè ossia l’arte di prender sempre del buon caffè di Alexandre Martin per il quale, nell’edizione veneziana del 1830, oggi si chiedono 800 euro. E per tutto quello che a tavola precede il caffè? Ora che, tra il Merano WineFestival di novembre e il Milano Food&Wine Festival di febbraio, le feste decembrine sono anche occasione di buona tavola, merita riscoprire la storia della cucina attraverso i libri che ne trattano.
L’Antico Regime fa storia a sé. Se Salvatore Massonio nell’Archidipno per quattrocento pagine tratta Dell’insalata e dell’uso di essa (Venezia, Brogiollo, 1627: battuto da Gonnelli a Firenze il 15 novembre a 1.800 euro su una stima di 1.500), cuochi di corte come il pontificio Platina o il francese Taillevent (1310-95), ricordato da Villon nel Testament, ci lasciano un De Honesta voluptate (prima edizione a stampa datata Venezia 1475: nel 1999 l’edizione del 1480 andò a 6.000 sterline, e nel 2007 quella veneziana di Tacuino, 1517, valeva 12.000 dollari ma per le successive si cala molto) e un Viandier (l’edizione Pichon 1892 si trova a 500 euro) che poco servono oggi, se non come testimonianza. Tempi di cottura per l’uovo barzotto? Dieci Pater noster...
Più recenti i testi di ampelografia. Se nel 1592 Marco Bussato nel Giardino d’agricoltura (Venezia, Fiorina: battuto da Gonnelli a Firenze il 16 novembre a 2.200 euro su una stima di 1.800) tratta anche di vigna e vino, e nel 1651 ad Amsterdam Janson pubblica, di Johann Rudolph Glauber, la prima edizione latina del Furni Novi Philosophici, che tratta di chimica e distillazione (sul mercato oggi a 2.000 euro), i testi sul vino nascono con la fine dell’Antico Regime.
Fra questi stanno, ai due estremi temporali, il "trattato degli alberi fruttiferi" Pomona Italiana di Giorgio Gallesio (Capurro, Pisa, 1817-39; tiratura in singoli fascicoli di 170 esemplari, con 160 tavole acquerellate a mano), che, pur incompiuto per la morte dell’autore, ha una sezione dedicata alle uve con ventisei vitigni italiani; e l’Ampélographie, sette volumi illustrati di Pierre Viala e Victor Vermoel (Masson, Parigi, 1901-10) che, completa, fa cifre impegnative, oltre i 20.000 euro. Queste opere, infatti, sono spesso scomplete e difficilmente reperibili: della Pomona si conoscono soltanto otto esemplari in biblioteche pubbliche italiane e uno con 129 tavole su 160 è oggi sul mercato a 50.000 euro.
Il 17 luglio 1789 il principe di Condé fugge in esilio lasciando senza lavoro decine di cuochi e cucinieri addetti alla sua casa: in autunno il già capocuoco Robert apre in rue de Richelieu 104 il primo dei grandi ristoranti che, da allora, fiorirono nella Ville Lumière.
Fu proprio il secolo del nazionalismo, dall’Impero alla Belle Époque, a inventare la cucina internazionale: all’unione dei proletari di tutto il mondo si contrapponeva quella delle classi egemoni, che, se non in tutto il mondo almeno in tutta Europa, desideravano trovare stessi valori e certezze, anche nel piatto. Edito a Parigi nel 1806, Le cuisinier Imperial ou l’Art de faire la cuisine et la pâtisserie pour toutes les fortunes: Avec la manière de servir une Table depuis vingt jusqu’à soixante Couverts di Alexandre Viard ebbe sei edizioni in sei anni, né le sue fortune tramontarono con Napoleone. Si noti l’importanza conferita all’estetica del servizio, linguaggio con strumenti e stili deputati, che nei testi richiede complesse tavole schematiche. Un ciclo chiuso da Escoffier negli anni della Grande Guerra.
Se nell’Italia del XIX secolo è la cucina regionale o medioborghese a essere codificata – si pensi a titoli come La cuciniera piemontese (Milano, 1828), La cuciniera genovese (Genova, 1867), o Il Cuciniere economico di Ferdinando Grandi (Firenze, 1870), tutti più volte ristampati e reperibili per somme inferiori ai 500 euro –, in Francia, pur non mancando titoli molto nazionalistici, si batte sul concetto di internazionalità. E Charles Monselet, autore di La cuisinière poétique (1859, si trova a 200 euro), assurge a gourmet per antonomasia in una poesia di Baudelaire.
Che il più celebre artista di cucina si chiamasse Marie-Antonin Carême, cioè Quaresima, non è che un tocco presurrealista. Per i suoi titoli più noti, come l’Art de la cuisine française au XIXe siècle o Le pâtissier pittoresque, le stime all’asta Lacam non superavano i mille euro. Anche l’autore dei Tre moschettieri si cimentò con un Grand dictionnaire de cuisine (1873) oggi stimato intorno ai 500 euro. E la collana Les classiques de la table edita da Firmin Didot nel 1855, si trova sul mercato a meno di 500 euro: volumetti di bell’effetto – dal marchese di Cussy a Brillat-Savarin, da Grimod de la Reynière a Colnet – che si prestano a stare, oltreché in cucina, sotto l’albero.