Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 09 Domenica calendario

APPLE BRUCIA 150 MILIARDI A WALL STREET

Non accadeva da quattro anni: in una sola seduta, mercoledì, ha subito un tonfo del 6,4 per cento. Dai massimi del 21 settembre il titolo ha ormai battuto in ritirata del 25%, l’8,5% nell’ultima settimana. Preoccupante, se si trattasse di un qualunque grande titolo. Ben di più quando in gioco è Apple. Il leader della capitalizzazione di Borsa ha bruciato 35 miliardi nella "seduta nera", causando due terzi delle perdite dell’intero indice Nasdaq. Un’azienda che sembrava in grado di sfidare ogni forza di gravità, raggiungendo i 705,07 dollari per azione tra pronostici di valicare presto i mille, in due mesi e mezzo ha invece visto evaporare 150 miliardi di market cap. E sollevato l’interrogativo se Wall Street sia, in realtà, alla vigilia della fine di un’era.
Il malessere è innegabile, frutto di crescente concorrenza e di errori, sommati a fenomeni temporanei quali ondate di vendite a fine anno per motivi fiscali. E’ innegabile per lo stesso chief executive Tim Cook, impegnato in un tour anti-crisi con tanto di annunci su ritorni a produrre computer in America. La serietà dei sintomi e soprattutto la prognosi, però, fanno discutere. La grande maggioranza degli analisti resta tuttora fedele a Apple e sostiene che le scommesse su un suo tramonto sono esagerate. Gene Munster di Piper Jaffray dà il titolo a quota 900 entro un anno. Ma ci sono anche voci di dissenso.
La miscela di fattori che turba Apple comincia con pressioni esterne, le cessioni di azioni in vista di probabili aumenti delle imposte sui guadagni di capitale nel 2013: dal 15% forse fino al 39,6%, l’aliquota massima sui redditi, grazie a accordi per risanare i deficit pubblici. Anche executive di Apple da mesi vendono per evitare i colpi dell’erario. Gli investitori potrebbero però anche esprimere delusione per un mancato dividendo straordinario - le cedole saranno anch’esse penalizzate dal fisco - una scelta fatta da numerose società ma non Apple che pure ha in cassaforte 120 miliardi.
Ci sono poi le più pesanti paure strategiche: si fa sentire la concorrenza di smarthphone e gadget dotati del sistema Android targato Google, a cominciare da Samsung. La Idc ha previsto che anche nei tablet Apple conoscerà nel 2012 riduzioni della quota di mercato, al 53,8% dal 56,3 per cento. E in Cina, mercato di domani, quell’iPhone che oggi fornisce metà del fatturato e il 70% dei profitti è stato solo sesto nel terzo trimestre, indebolito da marchi locali. Affiorano dubbi che China Mobile, re dei carrier locali, accetti facilmente l’iPhone nel 2013. A simili trend si sono aggiunti passi falsi insoliti per Apple: è recente il fallimento nel sostituire le mappe di Google sull’iPhone, seguito da cambiamenti al vertice che mostrano tensioni nel management orfano di Steve Jobs. Un clima che mette in dubbio la capacità’ di lanciare altri prodotti e servizi rivoluzionari quali una nuova Apple Tv mentre le mire di espansione dei rivali non si fermano (Groupon ha guadagnato venerdi’ il 24% su voci di un interessamento di Google). Ed è di ieri la notizia che Apple, insieme a Google, abbia presentato insieme a Google un’offerta da 500 milioni per rilevare 1.100 brevetti di Kodak.