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 2012  dicembre 10 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - MERCATI IN TILT


CORRIERE.IT
Giornata negativa a Piazza Affari, dove gli operatori si sono dati alle vendite in risposta all’annuncio delle dimissioni di Mario Monti, dopo la crisi di governo aperta dal Pdl e il ritorno in campo di Silvio Berlusconi. Il mercato, aiutato anche dal trend lievemente positivo di Wall Street, ha poi recuperato ampiamente dai minimi, terminando con un calo di poco superiore al 2%.
LO SCENARIO - Le incertezze sullo scenario politico italiano hanno favorito le vendite, anche alla luce dell’allargamento dello spread Btp-Bund, a quota 351 punti base in chiusura, dopo un balzo oltre quota 360. Un ampliamento del differenziale che ha penalizzato soprattutto le banche, a causa dei loro ricchi portafogli in titoli di Stato italiani. «La decisione di Mario Monti creerà probabilmente ulteriore volatilità sul differenziale Italia-Germania anche in occasione delle aste di titoli di Stato da 10 miliardi in programma questa settimana», commenta Banca Akros.
LA VOLATILITA’ - A sottolineare come politica e finanza siano, ora più che mai, strettamente connesse, gli analisti dell’istituto prevedono che, così come l’incertezza politica impatta su indici e spread, «la pressione dei mercati potrebbe rappresentare un ostacolo al tentativo di Berlusconi di riaggregare una coalizione di centro-destra in vista delle elezioni». In generale, la ricomparsa di Berlusconi sulla scena politica porta gli analisti a interrogarsi sulla sostenibilità futura delle misure di austerità intraprese dal governo tecnico.
L’AUSTERITY - «Berlusconi è il simbolo dell’anti-austerità e in caso di una sua vittoria sarà difficile che passeranno riforme improntate al rigore», commenta un broker. A tal proposito, Morgan Stanley ricorda come le politiche di austerity dell’esecutivo Monti abbiano impattato su un tessuto economico già debole, dunque "il rischio ora è che il malcontento possa continuare a crescere, compromettendo di conseguenza l’abilità o la volontà del prossimo governo di perseguire riforme decise. Oppure che possa risultare in una campagna elettorale strenuamente improntata all’antiriformismo».
I LISTINI - L’indice FTSE Mib chiude la seduta in calo del 2,2%, mentre l’AllShare cede il 2,01%. «Dal punto di vista tecnico, rotto (nella seduta) il supporto di 15.347, l’indice ha messo pressione al successivo sostegno strategico a 15.253, minimo del 28 novembre. L’eventuale cedimento peggiorerebbe notevolmente lo scenario grafico di breve periodo, creando i presupposti per una flessione fino a 14.970-14.812 punti, minimi dello scorso mese», commenta Filippo Diodovich, market strategist di IG. Il paniere FTSEurofirst 300 guadagna lo 0,13%. A Milano, volumi scambiati per 1,9 miliardi di euro.
Redazione Online

MONTI SI CANDIDA? (CORRIERE.IT)
«Candidarmi? Non sto considerando la questione ora». Risponde così il premier dimissionario Mario Monti a chi gli chiede quali intenzioni abbia in vista del voto. Che sarà accorpato a quello delle regionali, come annuncia il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri: «Le elezioni politiche si svolgeranno nella stessa data di quelle amministrative in Lombardia e Molise: data che dipenderà dal presidente della Repubblica, si parla di 17 o 24 febbraio, ma dipenderà da quando scioglierà le Camere». Un Election Day che per ora non comprende quelle del Lazio, per le quali «c’è una sentenza del Tar che per ora impone il voto il 3 e 4 febbraio».
MONTI: «PIU’ LIBERO»- Poche ore dopo l’annuncio che avrebbe lasciato l’incarico Monti aveva ammesso con il Corriere di essere «più libero» rispetto a un impegno in politica. Parlando in conferenza stampa a Oslo, a margine di un vertice europeo, l’attuale premier spende anche parole di rassicurazione rispetto al tonfo italiano sui mercati: «Non bisogna drammatizzare» dice. E agli stessi mercati ricorda che attualmente «l’esecutivo è pienamente in carica» e che non devono temere «un vuoto di governo».
ALLARME POPULISMI - Le parole di Monti sono anche occasione per rivendicare la vocazione europeista del suo governo, mettendo in guardia, invece, dai pericoli di «rigurgiti di populismo». «Non ho dubbi che l’Italia continuerà a essere un protagonista molto attivo e impegnato nella costruzione dell’Unione europea», dice Monti. Il rischio del populismo «può essere superato se ci si impegna a non assecondare gli istinti dei cittadini ma a cercare di spiegare loro la visione che ogni governante ha dell’interesse del cittadino e del Paese più a lungo termine» aggiunge. «È importante uno sforzo collettivo», continua, questo impegno di non assecondare la «pancia» della gente, «è responsabilità» e compito di chi vuole governare.
I cittadini italiani «sono maturi e non tanto disposti» a credere a facili promesse, rassicura infine i partner europei a proposito delle prossime elezioni.

BERSANI: NO A CANDIDATURA MONTI (CORRIERE.IT)
«Meglio che Monti resti fuori dalla contesa». Lo ribadisce Pier Luigi Bersani, il segretario del Partito Democratico e candidato premier del centrosinistra alle prossime elezioni politiche, nel corso di una conferenza stampa a Piacenza.
Un invito a restare fuori dal confronto politico adesso, dunque, senza escludere aperture nel futuro: «Proprio perché Monti può essere ancora utile, sarebbe meglio che restasse fuori dalla contesa» spiega Bersani, sottolineando per il futuro «l’esigenza di avere (con Monti, ndr) un rapporto in nome dell’Italia». Tanto che conclude ribadendo la fedeltà mostrata dal Pd al governo tecnico: «Ognuno sceglie come crede, fa le proprie valutazioni con serenità, noi abbiamo sostenuto lealmente questa operazione di transizione che la destra ha sfregiato nelle ultime settimane».
RENZI - Il segretario del Pd serra le fila anche sul fronte Renzi, commentando le avances di Silvio Berlusconi al sindaco di Firenze. «Dopo le primarie siamo tutti più in salute, con Renzi combatteremo insieme la battaglia». «Invito Berlusconi a non cadere nel ridicolo - aggiunge - anche se è un luogo da lui ampiamente frequentato».

BERLUSCONI INVITA RENZI (CORRIERE.IT)
«Pensavo che fosse doveroso». Così, al termine del lungo vertice milanese, Silvio Berlusconi commenta la decisione del premier Mario Monti di dimettersi. Il Cavaliere si è detto non stupito dall’annuncio del presidente del Consiglio aggiungendo che «dopo il discorso fatto da Alfano in Parlamento, fosse doveroso un comportamento così fatto». Dunque considera finita «l’esperienza del governo dei cosiddetti tecnici». E in fondo «cambia poco perchè abbiamo l’anticipo di un voto di un mese, un mese e mezzo. Noi abbiamo tenuto fede agli impegni».
ANDRO’ IN TELEVISIONE - Quanto alla probabile data delle elezioni il Cavaliere afferma: «Sento come data il 24 febbraio, quindi penso che non si perderà tempo». E si dice pronto a tornare in televisione. «Confido -afferma - nel buonsenso degli italiani e cercherò di spiegare il prossimo mese, andando in tv, che il voto frammentato rende il Paese ingovernabile». E aggiunge: «Noi abbiamo tenuto fede ai nostri impegni ma non c’è un solo indicatore economico che sia positivo».
ALFANO FUORICLASSE - Ha riservato parole di apprezzamento al segretario del Pdl. «Angelino Alfano è il nostro segretario ed è in ticket con me» e lo ha definito «un fuoriclasse». «Per quanto mi riguarda - ha aggiunto - ho alle mie spalle naturalmente, quasi vent’anni di leadership, dieci anni di governo e poi una carriera imprenditoriale che mi porta ad essere considerato dagli italiani un conducator di cui fidarsi». Tutte ragioni, ha concluso, per le quali «credo che sarebbe stata una mia mancanza di responsabilità se non mi fossi riproposto, con grande sacrificio personale».
LE ALLEANZE - Quanto alleanze afferma che «con la Lega non è mai venuta meno, stiamo cercando di risolvere il problema della Lombardia, che discende dall’alleanza a livello nazionale. Abbiamo deciso di sederci ad un tavolo per affrontare il problema a livello nazionale, e poi penseremo a quello lombardo, ma non vedo possibilità di contrasti». E dedica un pensiero persino al sindaco di Firenze. «Se Renzi volesse venire con noi, sappia che ai liberali tengo sempre la porta aperta».
LOMBARDIA - Nello specifico della partita per le regionali in Lombardia dunque il Pdl apre all’ipotesi di una regione guidata dal segretario della Lega Roberto Maroni, in cambio di una alleanza nazionale che rimetta il centrodestra nelle condizioni di poter vincere alle prossime elezioni politiche. In particolare si pensa ad un ticket Maroni-Gelmini. «Poco fa ho sentito al telefono Bossi - ha riferito - e ieri ho parlato con il segretario Maroni». Per la Lombardia, ha concluso, «abbiamo deciso di sederci attorno a un tavolo con la Lega». Ha infine replicato alle parole di riservato una battuta alle parole di Martin Schulz. «È assurdo e inaccettabile che il presidente del Parlamento europeo possa esprimere giudizi così sulla politica italiana» aggiungendo che è anche «male informato, perchè se in Italia c’è una persona più europeista di Silvio Berlusconi me la facciano trovare».
FINI E CASINI - Tutto il mondo politico è in agitazione dopo l’annuncio di dimissioni di Monti. Il leader Udc Casini al Tg1 dice: «Io non sono autorizzato ad interpretare il pensiero di Monti, riassunto in un lungo racconto sul Corriere della Sera. C’è una politica seria che per 4 anni ha fatto un’opposizione seria e costruttiva al governo Berlusconi ed ha voluto Monti appoggiando il suo governo e c’è poi una società civile di moderati e benpensanti che non vogliono rassegnarsi al populismo berlusconiano a cui bisogna dare risposte». Fini a Che tempo che fa di Fazio afferma: «Berlusconi sa che ha già perso». Quanto alla possibile data per le elezioni per il presidente della Camera «può essere anche il 10 febbraio».
GRILLO - Dice la sua anche il leader del Movimento 5 Stelle. «L’annus horribilis di Monti - afferma dal suo blog - lascia dietro di sé sciagurate conseguenze. Un Paese allo stremo e nessun problema strutturale, istituzionale, industriale, elettorale, sociale minimamente risolto. Macerie. Un vuoto dove si inseriranno come salvatori i responsabili dello sfascio del Paese, i gemelli siamesi pdl e pdmenoelle, e l’estrema destra che già presenta le sue liste in mezza Italia».

SERGIO RIZZO SULL’ACCORPAMENTO DELLE PROVINCE SALTATO (CORRIERE DI OGGI)
ROMA - E’ noto che in Italia le promesse fatte in campagna elettorale valgono quel che valgono. Parole al vento, il più delle volte. Ma sarà interessante, in questa occasione, vedere se Silvio Berlusconi ripeterà quello che disse nel 2008 alla signora Ines di Forte dei Marmi durante una chatline al Corriere : «Non parlo delle Province, perché bisogna eliminarle». E non era certo l’unico, nel suo Popolo della libertà, a pensarla così. Di più: della stessa idea non erano i peones del partito, ma i pezzi da novanta a lui fedelissimi. Il superberlusconiano capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto sentenziava il 29 novembre 2008: «L’appello sull’abolizione delle Province va preso in seria considerazione. C’è un gran bisogno di qualche altro taglio di spesa». E il ministro Renato Brunetta, competente per quella materia, gli faceva eco il 4 dicembre: «Le Province? Sono enti inutili, non servono». Proprio vero...
Come è andata, lo sappiamo. E si potrebbe amaramente concludere: lo avevamo detto. La maggioranza di centrodestra si è ben guardata dall’affrontare una questione sulla quale si erano detti d’accordo quasi tutti anche a sinistra. Se si eccettua l’uscita dell’ex ministro Roberto Calderoli, nell’agosto 2011, che aveva proposto di chiudere soltanto le Province più piccole. Idea subito smontata e quindi abortita. Erano le settimane in cui l’Italia si affacciava pericolosamente sull’orlo del baratro. In una lettera alla quale aveva dato un robusto contributo la Banca d’Italia, la Bce chiedeva al governo italiano durissimi interventi, sottolineando la necessità di riforme quali appunto l’abolizione delle Province.
E con l’uscita di scena del Cavaliere e l’arrivo di Mario Monti la musica sembrava cambiata. Il decreto salva Italia aveva ridotto le Province a enti non più elettivi, privi di qualunque funzione: la premessa per la loro scomparsa. Sarebbe stata però necessaria un’altra legge entro il 2012 per fissare le modalità della dissoluzione dei consigli. Inutile dire che le Province non se ne sono rimaste con le mani in mano. Subito è partito un ricorso alla Corte costituzionale. Ed è stato così che nella scorsa estate, anche con la motivazione di evitare la scure della Consulta, il governo ci ha ripensato: anziché l’abolizione, la riduzione per decreto. Più o meno con il vecchio e discutibile metodo Calderoli, ma fermo restando per le Province sopravvissute il principio di avere organi di governo non più eletti a suffragio universale. Peccato che anche questo progetto, sostenuto a parole, abbia incontrato fortissime resistenze nei corridoi del Palazzo. Dove il partito delle Province, forte di una decina di presidenti di giunte provinciali seduti in Parlamento, ha sempre manovrato, agguerritissimo, per guadagnare tempo. Perché più le elezioni si avvicinano, più le leggi che tagliano poltrone perdono forza. Questa è la regola in Italia.
Tuttavia è certo che in nessun Paese normale a pronunciare la condanna a morte di un simile provvedimento sarebbe stato proprio il partito il cui leader aveva promesso agli italiani l’abolizione delle Province. Perché è questo il significato della pregiudiziale di incostituzionalità presentata a palazzo Madama dal pidiellino Filippo Saltamartini addirittura prima che Monti annunciasse le sue dimissioni. Pur sapendo che il gesto costerà 500 milioni l’anno: tanto, dice il ministro Piero Giarda, sarebbe il risparmio dovuto all’accorpamento delle Province. Molto più di quanto sarebbe costato rinunciare all’election day, che il segretario del Pdl Angelino Alfano aveva rivendicato proprio con l’esigenza di evitare inutili sprechi.
Ma poco importa. Tirerà un respiro di sollievo il deputato del suo partito Antonello Iannarilli, presidente della Provincia di Frosinone che per protesta ha mandato giù un bel sorso di olio di ricino. Davanti al Senato, pensate un po’! Idem potrà fare il sindaco di Prato, Roberto Cenni, protagonista di una sconcertante conferenza stampa seduto su una tazza da gabinetto a segnalare la propria indignazione davanti alla prospettiva di vedere la sua Provincia tornare sotto Firenze. Come al tempo dei Medici, non sia mai! E pure Cosimo Sibilia, figlio dell’ex patron dell’Avellino calcio Antonio Sibilia, e come Iannarilli parlamentare e presidente di Provincia: Avellino, appunto. Si è dannato l’anima per far saltare il decreto che l’avrebbe costretto a fondersi con Benevento.
Gli irpini insieme ai sanniti? Contro natura! Brinderà, Sibilia, con Ciriaco De Mita, ottantaquattrenne eurodeputato dell’Udc che forse non si voleva rassegnare a cedere il capoluogo al rivale beneventano Clemente Mastella: anch’egli, grazie alla prodigiosa regola secondo cui certi politici non possono mai restare a spasso, parlamentare (per il Pdl, dopo l’evaporazione del suo Udeur) a Strasburgo. E brinderanno tutti insieme al senatore Claudio Fazzone, potente capo del partito a Latina, tanto ostile al decreto del ministro Filippo Patroni Griffi da farsi autore di 400 dei 700 emendamenti che gli sono piovuti addosso in Senato. Magari ci sarà anche Antonio D’Alì, il quale nei mesi scorsi aveva chiesto che fossero considerate nei parametri minimi di superficie anche le piattaforme marine antistanti le Province: lui è di Trapani. E chissà se accetterà l’invito il relatore del Pd Enzo Bianco convinto che dagli accorpamenti debbano essere escluse le Province confinanti fra loro per meno di 25 chilometri. Come Viterbo e la più piccola Rieti, che finirebbe per essere annessa: ma si dà il caso che la prima sia in mano al Pdl, mentre presidente della seconda è il democratico Fabio Melilli. Margheritino d’origine, proprio come Bianco. Guarda un po’...
Sergio Rizzo

LA LITTIZZETTO IN TV (CORRIERE DI STAMANE)
Prima vera grana politica per i nuovi vertici della Rai, cioè per il direttore generale Luigi Gubitosi e la presidente Anna Maria Tarantola. Antonio Verro, consigliere di amministrazione Rai in quota Pdl, è furioso: «Considero più che legittima la satira, inclusa quella politica. Ma l’insulto no, non è tollerabile. Ciò che ha detto Luciana Littizzetto su Berlusconi, mi chiedo, è satira o è politica?». Verro si riferisce alla chiusura del monologo della Littizzetto domenica sera, a «Che tempo che fa» su Raitre: «... ora torna Berlu, sale lo spread... Non dico un pudore, sentimento antico, ma una pragmatica sensazione di avere rotto il c... ?!».
Grandi applausi in platea. Naturalmente col ritorno in campo di Berlusconi una frase del genere non poteva passare sotto silenzio, in una Rai continuamente attraversata dalla politica. Dice ancora Verro: «Far ridere con la volgarità è la cosa più semplice del mondo. Ma chi fa spettacolo ha una grande responsabilità nei confronti del pubblico. E certi divi troppo pagati, naturalmente mi riferisco anche alla Littizzetto, rischiano di dimenticare quale sia il loro vero ruolo e si trasformano in predicatori. Tutto questo non è tollerabile così come non è concepibile offendere in diretta televisiva non solo un esponente politico ma anche quegli spettatori che pagano il canone di un servizio pubblico e magari fanno parte dell’elettorato di centrodestra. Io rispetto le idee della signora Littizzetto, diametralmente opposte alle mie, ma non posso accettare che il servizio pubblico diventi il megafono delle sue posizioni».
Infine un accenno a Sanremo, il festival previsto dal 12 al 16 febbraio 2013: «Tutto questo è una pessima premessa in vista del Festival che si svolgerà in piena campagna elettorale, se non addirittura qualche giorno prima delle elezioni. Personalmente confido nella grande professionalità di Fabio Fazio che saprà sicuramente moderare le intemperanze verbali della signora Littizzetto».
Intanto il direttore generale Luigi Gubitosi, fa sapere a chi gli è vicino che «nel legittimo rispetto della satira» ha invitato il direttore di Raitre Antonio Di Bella a dare indicazioni ai conduttori e alla struttura di Raitre che si occupa di «Che tempo che fa» a un «maggior rispetto e a una maggiore attenzione nei confronti di tutti gli esponenti politici evitando eccessi». Per ora niente misure disciplinari ma l’avvertimento sembra molto chiaro

REPUBBLICA.IT
BERLUSCONI CONTRO L’EUROPA
"Offensive e fuori luogo". Così Silvio Berlusconi definisce le reazioni di alcuni politici europei alla notizia del suo ritorno sulla scena italiana e del conseguente passo indietro di Mario Monti.
"Le reazioni eccitate e fuor di luogo di alcuni politici europei e di alcuni quotidiani stranieri alla notizia di un mio impegno rinnovato nella politica italiana risultano offensive non tanto nei miei confronti personali quanto per la liberta di scelta degli italiani", scrive l’ex premier in una nota. "Sarebbe fin troppo facile collegare queste ingerenze con l’ennesima manovra speculativa tesa a indebolire le nostre aziende e a renderle facile preda di acquirenti stranieri".
"Sono sempre stato un europeista convinto", prosegue Berlusconi, "e mi sono sempre battuto per un’Europa meno burocratica e più unita politicamente, con una politica monetaria unica, con una politica estera unica, con una politica della difesa unica, e quindi una Europa che conti di più sulla scena internazionale".

MONTI A OSLO
OSLO - Il governo è ancora in carica e lo sarà fino alle prossime elezioni. Il premier Mario Monti lo puntualizza in conferenza stampa, parlando ad Oslo per l’assegnazione del Premio Nobel per la pace alla Unione europea. E cerca di rassicurare sulla situazione italiana, dopo il nervosismo dei mercati e la risalita dello spread che ha seguito l’annuncio delle sue dimissioni - effettive dopo l’approvazione della legge di stabilità - comunicate al capo dello Stato sabato: "so quelle che sono state le reazioni dei mercati ma non vanno drammatizzate", dice il premier. "Chiunque vinca le elezioni" sarà responsabile con gli "impegni presi con l’Europa", assicura. Quanto ad una sua possibile candidatura alle elezioni non si sbilancia: "Non sto considerando questa questione in questa fase. Tutti i miei sforzi - ha spiegato - ora sono concentrati sul completamento del tempo rimanente al Governo attuale".
Nuovo governo sarà responsabile. Il messaggio di fondo trasmesso dal premier a Oslo è che l’Italia continuerà ad essere protagonista nella costruzione della Ue unita. E Monti ha fiducia nel fatto che gli italiani alle ormai prossime elezioni politiche "daranno spazio, qualunque sia la coalizione, ad un governo responsabile". Il nuovo esecutivo "sarà in linea con gli sforzi compiuti sulla disciplina di bilancio", sottolinea, e sarà votato alla crescita e allo sviluppo.
Poi la rassicurazione ai mercati, che non devono temere alcun vuoto di decisioni: "il governo attuale è in carica e continua il suo lavoro" e "tutti i miei sforzi sono concentrati al completamento degli impegni assunti", sottolinea il presidente del Consiglio.
Italiani maturi, non disposti a credere a promesse irrealistiche. Nel continuare il lavoro di costruzione europea bisogna fare attenzione ai "rigurgiti di nazionalismi e populismo, che farebbero il male dei nostri Paesi e del tentativo di costruire un’Europa sempre più armonica", avverte ancora Monti. Discorso che tocca da vicino l’Italia, perché il rischio di derive populistiche sulle politiche economiche e per la Ue esiste in ogni Paese e "va evitato il più possibile nella imminente campagna elettorale". A questo proposito, Monti spiega che i cittadini italiani "sono maturi e non tanto disposti" a credere a promesse irrealistiche da qualunque parti arrivino.

REAZIONI EUROPEE (REPUBBLICA.IT)
OSLO - C’è preoccupazione a livello internazionale per la crisi politica e la decisione del premier Mario Monti di dimettersi. L’Ue è stata colta di sorpresa dalla caduta del governo Monti. "Non ci aspettavamo una fine della legislatura così repentina", hanno detto fonti europee. "L’importante" è che venga approvata la legge di stabilità e, da quanto assicurato finora, "questo sarà fatto", hanno aggiunto riferendo di contatti tra Roma e Olli Rehn. ’’In Europa abbiamo bisogno di un’Italia forte e stabile", incalza il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso. E sul premier italiano Mario Monti dice: ha dato "un grande contributo al dialogo europeo". Monti, quindi, come guida affidabile del paese e come elemento di stabilità. Promozione a pieni voti per l’attuale esecutivo anche da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel. Fa sapere di aver "sempre lavorato bene" con Mario Monti e di avere "un rapporto di stima" con lui. Lo spiega attraverso il suo portavoce Georg Streiter che non risponde a una domanda diretta su Silvio Berlusconi, precisando che il governo tedesco non commenta la politica interna degli altri paesi.
Germania. Ma la Germania non sembra temere un effetto destabilizzante del cambio di guardia in Italia. "Non ci aspettiamo - dice il portavoce del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, Marianne Kothe - nessun effetto destabilizzante e ci aspettiamo che l’Italia mantenga gli impegni presi con l’Europa e tenga il passo con le riforme".
Spagna. Un timore che invece ha espresso la Spagna. I dubbi sull’instabilità politica di paesi come l’Italia hanno "un contagio immediato" sulla Spagna, ha spiegato il ministro dell’Economia Luis de Guindos alla Radio Rne, commentando l’annuncio di dimissioni di Monti. "Quando sorgono dubbi sulla stabilità di un paese vicino come l’Italia, a sua volta percepito come vulnerabile, ci contagiano subito".
La continuità. Un messaggio di stima nei confronti del professore è arrivato anche dal presidente del Consiglio dell’Unione europea Herman Van Rompuy. Mario Monti è stato un "grande" primo ministro, ha detto Van Rompuy, che ha aggiunto di augurarsi che le politiche messe in atto dall’esecutivo italiano "continuino dopo le elezioni".
Financial Times. Non sono incoraggianti comunque i commenti della stampa internazionale sull’annuncio di dimissioni di Monti. "Costretto a chinarsi" scrive in prima pagina il Financial Times, riferendosi al premier italiano. Le "dimissioni di Monti probabilmente scuoteranno l’Italia". La fine dell’esperienza del governo tecnico, aggiunge il quotidiano, "renderà instabili i mercati dopo un periodo di stabilità e di rinnovata fiducia nel paese". Oggi il Wall Street Journal apre con un’intervista a Bersani e segue sul sito web con preoccupazione l’andamento dei mercati europei, "guidati al ribasso dai titoli italiani". E anche la Bbc in home page rileva come le "notizie su Monti colpiscano la borsa italiana".
Bbc. Anche altri giornali si dicono preoccupati davanti alla prospettiva d’un ritorno di Berlusconi. Allarme per il ritorno dell’ex premier sulla scena politica anche da parte della Bbc. Sulla tedesca Bild, ecco "il ritorno del bunga-bunga" : Berlusconi vuole di nuovo governare l’Italia. L’ex presidente el consiglio, ricorda il giornale tedesco, è stato condannato appena sei settimane fa per evasione fiscale a quattro anni. Mentre lo Der Spiegel scrive: "lo spettro dell’Italia", i piani di rientro in politica di Berlusconi significano che l’ex premier "vuole salvare la sua pelle - a ogni costo". "L’Europa trema all’idea di un suo ritorno"
Libération. Sarcastico il quotidiano progressista francese Libération dedica la sua abituale copertina a tutta pagina al ritorno del cavaliere sulla scena politica italiana e sceglie un primo piano fotografico dell’ex presidente del consiglio e un titolo che spiega tutto: "Il ritorno della mummia". E scrive: "Berlusconi torna in politica e accelera l’uscita di Monti, a rischio di far precipitare l’Italia nel caos e poi la zona euro", aggiunge l’occhiello. Silbio Berlusconi, "protagonista sempreverde" (...) "Risorge dal regno dei morti". Sul quotidiano economico les Echos, Nicolas Barré ricorda che Berlusconi "aveva lasciato uno stato sull’orlo del baratro, uno stato che per le sue dimensioni minaccia di far precipitare l’intera zona euro nel caos".
Le Monde. "L’uscita di Monti preoccupa l’Europa", scrive invece, con richiamo in prima pagina, il quotidiano francese Le Monde. Per il giornale, quella di Silvio Berlusconi, che intende tornare in campo per una sesta volta nelle prossime elezioni legislative, è una "battaglia di troppo". "Berlusconi di ritorno all’insegna del populismo", titola invece il quotidiano conservatore Le Figaro,secondo cui nella prossima campagna elettorale, Berlusconi "farà di tutto per riconquistare il potere".
Pochi giorni fa un attacco al Cavaliere era arrivato anche dal presidente del Parlamento europeo Schulz che aveva detto: "Berlusconi è il contrario della stabilita" ed il suo ritorno può essere una minaccia per l’Italia e per l’Europa".

TUTTE LE LEGGI CHE SALTANO
ROMA - Per molti provvedimenti, in cantiere per questo scorcio finale della legislatura, era già prevista una corsa contro il tempo. Ora, con l’accelerazione impressa alla crisi, quale potrà essere l’agenda parlamentare? Quale sarà il destino delle poche riforme ancora ipotizzate? Naturalmente la legge di stabilità avrà una corsia preferenziale. Anche nel comunicato del Quirinale si cita la necessità di evitare un esercizio provvisorio che potrebbe aggravare la crisi e affonderebbe l’Italia davanti ai mercati. Sulla vecchia finanziaria anche il Pdl ha dato garanzie: "Siamo prontissimi all’approvazione", ha garantito Alfano. Stando al vecchio calendario, il disegno di legge dovrebe arrivare in Senato il 18 e passare alla Camera tra Natale e Capodanno per il via libera finale. Certo, restano alcuni nodi da sciogliere. Sono stati presentati 1500 emendamenti. E poi c’è l’intenzione di inserirci dentro anche il milleproroghe, che dovrebbe trovare una soluzione al problema dei precari della pubblica amministrazione. Sempre nel milleproroghe, è previsto il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, il trasferimento dell’Imu ai Comuni, le norme sulla tobin tax, quelle sulle cartelle pazze e i finanziamenti per le regioni terremotate dell’Emilia.
Dovrebbe
avere disco verde anche il decreto sull’Ilva, che prevede il dissequestro degli impianti consentendo la possibilità di proseguire l’attività produttiva.
Sembra destinato a morire, invece, il decreto per l’accorpamento delle province. Vittima dell’ingorgo parlamentare ma anche - soprattutto - dell’opposizione del Pdl che già ieri ha sollevato l’eccezione di costituzionalità. La riforma, ferma in commissione al Senato, è d’altronde già ampiamente depotenziata.
Qualche rischio anche per il decreto Sviluppo, targato Passera. Ha già avuto il via libera al Senato, ma potrebbe incontrare qualche difficoltà aggiuntiva proprio per l’ostilità del fronte berlusconiano al ministro.
Praticamente morte le già esili speranze di modificare il Porcellum. La nuova legge elettorale, già nel mirino dei veti incrociati che arrivano dai partiti, in teoria sarebbe dovuta arrivare in aula a palazzo Madama martedì. Ma l’intesa tra i partiti non c’è, anche se ieri Berlusconi ha dichiarato che la modifica è ancora possibile. Resta da capire quale partito resterà con il cerino in mano, per la mancata riforma. E se qualcono, per evitare i guasti delle liste bloccate, vorrà ricorrere alle primarie per le liste dei candidati.
In vista, anche, degli importanti appuntamenti europei delle prossime settimana, il presidente Napolitano considera fondamentale anche il via libera definitivo all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione. Non a caso anche questo provvedimento è citato nella nota del Quirinale.
Ci sono anche alcune novità degli ultimi giorni che hanno molto colpito l’opinione pubblica e acceso il dibattito politico. Si deve correggere la norma che impone l’obbligo delle gomme da neve, al posto delle più economiche catene; alcuni vorrebbero correggere anche la norma che ha concesso scivoli pensionistici per i manager. Ma comunque bisognerà rivedere, al più presto, tutto il calendario dei lavori parlamentari.
(09 dicembre 2012)