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 2012  dicembre 10 Lunedì calendario

«RETE TELECOM, SCORPORO SOLO CON FORTI INCENTIVI»

È una questione di regole. Da quelle dipenderà lo scorporo della rete di accesso di Telecom Italia. «Si farà se ci sono significativi vantaggi regolamentari. Deve esserci un incentivo forte sia per la società che nascerà che per quella che resta. Se invece tutto rimane come è oggi, allora viene meno il presupposto essenziale». Franco Bernabè chiede «un contesto» che crei le condizioni giuste per spingere la corazzata Telecom, di cui è presidente esecutivo, verso un passo strategico e per certi versi epocale, dopo aver ricevuto giovedì dal consiglio d’amministrazione il mandato a trattare con la Cassa depositi e prestiti (Cdp) di Franco Bassanini. Un tema che si intreccia con quello del futuro di Internet, a cui ha dedicato un libro (Libertà vigilata, Editori Laterza, nella foto), che presenterà proprio oggi a Roma. Anche qui, chiede un sistema di regole per i nuovi monopoli Over-the-top, da Google a Facebook, a Amazon e Apple, perché Internet «è uno strumento fantastico, utile all’umanità, ma non può essere una prateria sconfinata dove scorrazzare senza limiti né responsabilità come nel Far West».
Cosa vi ha spinto a esplorare la via dello spin off e della trattativa con Cdp?
«Il motivo per cui guardiamo al progetto è prima di tutto industriale. Una rete scorporata o attraverso un rafforzamento della divisione Open Access o attraverso la costituzione di una nuova società, consente di ottenere una perfetta parità di condizioni tra le divisioni commerciali di Telecom e i concorrenti. Questo passo però non è richiesto dalla regolamentazione europea. Se lo facciamo dobbiamo verificare quali sono i vantaggi che si possono ottenere per la collettività e per l’azienda».
A quali condizioni siete pronti a fare partire il progetto?
«La condizione prima e più importante, è capire quale sarà il quadro regolatorio: se fosse sfavorevole o non sufficientemente incentivato, tutto diventa inutile».
Questo, però, non è nella disponibilità negoziale di Cdp.
«È nelle mani, intanto, dell’eurocommissaria Neelie Kroes, dell’Autorità per le Comunicazioni. Le nuove raccomandazioni europee dovrebbero arrivare nelle prossime settimane e se abbiamo preso in considerazione la possibilità di uno scorporo della rete è proprio perché abbiamo la speranza che il nuovo quadro regolatorio sia sufficientemente incentivante».
I tempi? Da come ne parla sembrerebbero abbastanza lunghi.
«La rete è fortemente intrecciata con il tessuto connettivo dell’azienda. Openreach in Inghilterra ha richiesto 4 anni per essere realizzato. Riguardo alla Cdp, abbiamo appena avuto dal consiglio il mandato ad approfondire e verificare la disponibilità su un progetto che, però, è ancora da costruire. Non abbiamo più l’urgenza del debito: a fine anno scenderemo verso la soglia dei 27,5 miliardi. L’ingresso di nuovi soci in una società della rete richiede prima di tutto la condivisione di un piano industriale. Certamente potrà contribuire ad una accelerazione nello sviluppo della nuova rete che comunque stiamo realizzando. Proprio in questi giorni abbiamo lanciato l’offerta in fibra ultraveloce a Roma, Torino e Napoli. Entro il 2014 saremo in grado di connettere 100 città».
L’ipotesi di una regolamentazione Rab, come quella riservata a Terna e Snam, è stata fatta proprio in questi giorni. Come la valuta?
«Positivamente, perché rende stabili i ricavi nel lungo periodo mentre il sistema attuale si presta a maggiori incertezze. Tuttavia, è riservato alle utility regolate».
«Gli Over-the-Top, scrive nel suo libro, stanno ricreando il mondo chiuso dei monopoli di rete che l’Interne delle origini aveva inteso superare». Anche qui, dunque, servono nuove regole?
«È proprio dall’assenza di vincoli che questo mondo trae il suo dinamismo e la crescita esplosiva. Ma se diventa uno strumento universale per l’umanità, allora devono esserci delle regole».
Google e Facebook si oppongono. La rete deve restare libera, dicono, altrimenti si rischia la censura che piacerebbe a tanti Paesi. È così?
«Ma no, Cina, Russia e Iran, se vogliono, hanno già ora tutti gli strumenti per intervenire e oscurare ciò che vogliono. Le regole a cui penso non sono queste: sicurezza, privacy, diritto d’autore, di questo stiamo parlando. La libertà di stampa è tutelata dalla presenza di regole non dalla loro assenza».
Un tempo il monopolio era degli operatori di telecomunicazione. Un pizzico di nostalgia?
«Noi non chiediamo agli Over-the-Top di pagare per usare le nostre reti. Il problema sono i vincoli che a noi vengono imposti e a loro no. Spendiamo centinaia di milioni in sistemi, strutture, personale per garantire la sicurezza e la privacy. Loro invece possono raccogliere informazioni riservate, conoscere chi sei, cosa preferisci e rivendersi queste preziose informazioni. Quando su Facebook clicchi su «Mi piace» sei inconsapevole di mettere a nudo preferenze che vengono prese, vendute, senza che tu sappia a chi vanno. È inaccettabile. In sintesi, noi siamo troppo regolati, loro troppo poco grazie anche a una stupefacente capacità di lobby nei confronti dell’amministrazione Usa».
I database con pacchetti di profili Facebook sono stati venduti per il porta a porta nell’ultima campagna presidenziale negli Stati Uniti. Qui sarebbe possibile?
«Assolutamente no ed è giusto che sia così. Le politiche di privacy di questi colossi sono anche peggiorate dal punto di vista degli utilizzatori e questo pone potenziali problemi di controllo democratico. Cosa accadrebbe se qualcuno volesse utilizzare le informazioni in chiave autoritaria?».
Bastano regole nazionali o anche europee?
«Il problema è mondiale e la contrapposizione è tra gli Usa e tutti gli altri. D’altra parte, gli Over-the-Top pagano poche tasse e non fanno investimenti nei paesi in cui operano, creano poca occupazione e non si preoccupano della proprietà intellettuale. È stupefacente l’opposizione totale all’imposizione di regole in questo mondo virtuale. Ma se ne parli sembri uno che vuole limitare la libertà. Gli stessi politici che dovrebbero tutelare, attraverso le leggi, i cittadini dagli abusi, spesso sono distratti e sembrano impegnati in una gara giovanilistica ad ignorare il problema».