Paola Pollo, Corriere della Sera 09/12/2012, 9 dicembre 2012
IL MONTE BIANCO A MIAMI, LA SECONDA VITA DI MONCLER - — A
Miami come sul monte Bianco. Si può anche questo, perché no? Chiudere gli occhi, volgere il naso all’insù e respirare immaginando di essere sulle Alpi anziché al 7° piano di un enorme garage in 1.111 Lincoln Street, cuore dello shopping di Miami. Il vento (reale ma caldo). La neve fresca (finta, una moquette soffice e brillante) e 300 figure (reali, gli ospiti) per una notte, re e regine delle nevi vestiti di lunghe cappe bianche. Lo aveva promesso Remo Ruffini, patron della Moncler, che per i 60 anni avrebbe stupito. Ciack si gira le «Cronache di Moncler», allora. Mare, neve, l’oca. Con la Dama Bianca, Uma Thurman, e poi fauni e folletti, fate e guerrieri: da Bruce Weber a Williams Pharrell, Bianca Brandolini, Eva Cavalli, Delfina Delettrez, Silvia Fendi, Renzo Rosso, Stavros Niarchos. Una lista chiusa quasi allo scadere e in continuo divenire causa (e meraviglia) della concomitanza (studiata) di Art Basel, la grande rassegna di arte contemporanea. Ventuno tavoli bianchi, quattordici poltrone bianche ciascuno, tovaglie bianche, lampade bianche, fiori bianchi e... oche di ceramica bianche. Un gran colpo d’occhio. Poi polenta, gorgonzola, tartufo, fois gras e risotto agli asparagi. Ospiti in visibilio. E Ruffini padrone di casa perfetto, tergiversa solo a indossare la cappa.
La scelta di Miami non è poi cosi bizzarra. L’uomo riuscirebbe a vendere piumini in Tanzania. E ri-confessa il suo sogno di mettere il duvet a tutti: dalla Cina alla Florida in nome del suo slogan mai tradito, «il piumino globale». «E poi Miami, è energia allo stato puro — dice —. E comunque festeggio oggi ma penso all’altro compleanno, quello del prossimo anno. Il nostro insomma». Perché due sono le vite di Moncler: quella del marchio, che è la storia che parla di imprese in Alaska e sull’Himalaya, di campionato del mondo e di una generazione di paninari, e l’altra, più recente, che hanno fatto l’imprenditore di Como e i suoi partner e che racconta di nuove aree produttive, strategie di marketing, comunicazione, linee nuove (Gamme Rouge, Gamme Blue e Grenoble) e stilisti ad hoc (ora Valli e Browne). Fra la prima e la nuova vita una crescita del fatturato, dal 2003 a oggi, di dieci volte. «E non sono solo queste le cifre. Credo che il lavoro più bello sia stato quello di tener fede allo slogan del "globale" e trasformare un mercato che era del 90% italiano in 70% straniero».
Questa è un’altra storia, da manuale di economia, più di un ateneo gli ha dedicato ricerche: vendere meno per produrre meglio. «Non potevamo offrire qualità alta con quei numeri — spiega —. Le vendite erano facili, troppo. Ma la materia prima, la piuma, non poteva reggere in qualità. Abbiamo dimezzato i punti vendita in Italia, preferendo i monomarca. Il mercato interno si è contratto. E abbiamo cominciato a uscire fuori: Europa, Usa, Asia. Equilibri: 30% ovunque con l’ambizione di ascoltare il mercato che ha esigenze diverse». Il futuro, ora la Cina come paese di salvataggio? «Facciano attenzione tutti, è un mercato che non può continuare a crescere del 30%. A un certo punto si attesterà e dovremo essere pronti». Diversificazione, questa è la sua strategia con la barra ferma sul «piumino buono per tutte le occasioni»: «elegante, sportivo, caldo e che sta in una borsa, giovane ma accattivante anche per chi l’università l’ha fatta parecchio tempo fa, tecnico e fashion». Che faccia anche il caffè, per caso? Perché no. Se il monte Bianco è andato a Miami!
Paola Pollo