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 2012  dicembre 10 Lunedì calendario

SANITA’. QUEL BUCO ALL’OSPEDALE DI PADRE PIO - «È

pervenuta una lettera dalla Segreteria di Stato in cui il Cardinale Segretario di Stato (Tarcisio Bertone, ndr) chiede chiarimenti sulle vertenze in corso». Funziona così nel più vaticano degli ospedali italiani: l’unico che dipende direttamente dal Papa. Il virgolettato è tratto dai verbali del consiglio di amministrazione. L’azionista sta a Roma, ma tiene le redini corte a quello che da tutti è conosciuto come l’ospedale di Padre Pio, governato dalla Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza. Fino ad oggi i conti economici non erano mai stati resi noti.
L’ospedale di Padre Pio sta in cima a una montagna, a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia. E da lì Domenico Crupi, 62 anni, il direttore generale «comandato» dalla Santa Sede, fede «bertoniana», attacca frontalmente la Regione Puglia di Nichi Vendola.
Discriminati
«È una situazione vergognosa — sostiene Crupi —. Le loro politiche di finanziamento premiano l’inefficienza e noi, con il nostro patrimonio, ci sostituiamo alle inadempienze dello Stato nella cura dei cittadini». Sul fascicolo di bilancio il concetto è espresso in termini ancor più duri: «Risulta evidente il disegno ingiusto e discriminatorio di traslare sull’efficienza e sui patrimoni degli Ospedali Religiosi Classificati i costi dell’assistenza sanitaria pubblica».
I fax dalla Santa Sede
«Il Cardinale Segretario di Stato, dopo una conversazione telefonica, ha inviato a mezzo fax una nota — si legge in un altro documento riservato — in cui tratta la questione (...) della direzione generale dell’ospedale». Le carte del cda portano indietro al febbraio 2008 quando il timone venne affidato alla guida di Crupi che è anche vicepresidente della Fondazione. Come Giuseppe Profiti è un uomo di fiducia delle gerarchie ecclesiastiche. Ex manager del Galliera di Genova (presieduto dall’arcivescovo del capoluogo ligure), l’hanno chiamato per rimettere in equilibrio l’ospedale fondato nel 1940 da Padre Pio. Dalla nomina sono passati quattro anni, tutt’altro che ordinari: il crac del San Raffaele di don Luigi Verzé, il dissesto dell’istituto dermatologico Idi (Congregazione Figli dell’Immacolata Concezione) e la crisi del Gemelli di Roma (Università Cattolica) hanno profondamente segnato la storia degli ospedali di ispirazione cattolica.
Per la qualità dei medici e delle prestazioni sanitarie l’ospedale di Padre Pio attira migliaia di pazienti anche dal resto d’Italia. In totale vengono curati 370 mila malati l’anno. Però da tempo si sussurra che i bilanci siano in grave perdita. La riservatezza sui conti ha per anni alimentato la storia del «buco». È una favola o è vero?
Il mistero del buco
Di sicuro si sono allungati i tempi di pagamento dei fornitori: oggi a 365 giorni. Un’altra cosa è certa: il rapporto con la Regione Puglia, la principale fonte di fatturato, si è talmente inasprito che ora se ne sta occupando il Tar. È una partita che da sola vale 138 milioni di euro, i soldi che l’ospedale pretende da Nichi Vendola per prestazioni effettuate a carico del servizio sanitario nazionale e — secondo Crupi — mai saldate.
Con i ricavi stabili a 254 milioni, una cifra colpisce: le perdite accumulate negli anni e mai ripianate. Sono 123 milioni che abbattono il patrimonio fino ad un valore negativo di 74,4 milioni di euro. La Deloitte ha lavorato e sta lavorando a fianco dei manager che hanno tagliato le spese, fatto accantonamenti elevati, valorizzato solo crediti sicuri ed esigibili mentre i debiti sembrano gestibili (100 milioni di cui 33 con Banca Carime del gruppo Ubi e 77 con i fornitori). Però anche il 2011 si è chiuso in perdita: 12,3 milioni, meglio dei - 17,8 milioni del 2010. E il 2012 confermerà un disavanzo «ineluttabile», secondo la definizione dei vertici.
Se è così prima o poi da Piazza San Pietro dovrà arrivare un assegno per ridare ossigeno (e patrimonio) alla sanità di Padre Pio, continuando a garantire il sollievo dei malati e meno sofferenza per i fornitori. Tuttavia, secondo Crupi, non è in discussione la solidità del gruppo (vi sono anche società immobiliari e aziende agricole che producono cibi biologici per le cucine dell’ospedale).
Il manager si scalda e sbotta: «Le tariffe di rimborso delle cure adottate dalla Regione Puglia ci penalizzano duramente. Anche se siamo riusciti a ridurre il disavanzo, le cifre previste a saldo delle cure effettuate non sono sufficienti per coprire i costi. Né i nostri né quelli degli ospedali pubblici. Solo che i loro bilanci sono ripianati dalla regione: il Policlinico di Bari e gli Ospedali riuniti di Foggia in quattro anni hanno incassato quasi 150 milioni per coprire le perdite».
L’olio del Madagascar
Spulciando tra i vecchi verbali del cda della Fondazione che governa l’ospedale si scopre che, tra i tanti, vi era un progetto della comunità dei Frati Minori Cappuccini del Madagascar: «Procedere alla coltivazione intensiva di una pianta (Jatropha Curcas) per la produzione di olio combustibile, utilizzabile in un futuro impianto di cogenerazione presso l’ospedale». Non si sa come è andata a finire.
Il manager della Maugeri
Da un altro documento interno, invece, si viene a sapere che uno degli uomini chiamati dalla Santa Sede per supervisionare le proprietà dell’ospedale di Padre Pio è stato, fino al 2010, Costantino Passerino. Insieme all’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo e altri due amministratori, si è occupato, con piglio critico da esperto di economia sanitaria qual è, dell’Immobiliare Casa Sollievo della Sofferenza. Intanto, come direttore amministrativo, gestiva la Fondazione Maugeri e i suoi rapporti con i faccendieri Piero Daccò e Antonio Simone, amici del governatore Roberto Formigoni. Oggi Passerino è un «ex», travolto dall’inchiesta milanese su fondi neri e corruzione.
Mario Gerevini
Simona Ravizza