Danilo Taino, CorrierEconomia 10/12/2012, 10 dicembre 2012
CITY. RUMORE DI SCIABOLE SULLA MANICA
Sul Canale della Manica per ora la guerra è verbale, ma presto si passerà ai fatti. L’attacco lanciato la settimana scorsa dal governatore della Banque de France, Christian Noyer, alla City di Londra, per strapparle la corona di regina del mercato dei cambi denominati in euro, non è il primo episodio dello scontro che sta montando tra il Regno Unito e l’Eurozona. Al fondo ci sono la progressiva emarginazione della Gran Bretagna dalle vicende che riguardano l’Europa e la sempre meno nascosta irritazione di Parigi per quello che viene letto come un comportamento corsaro — un po’ dentro l’Europa e un po’ fuori — da parte del governo guidato da David Cameron.
Analisi
Noyer ha detto che non è «razionale» il fatto che la gran parte del mercato dei cambi che interessa l’euro sia svolto a Londra, capitale di un Paese che dell’euro non fa parte: questa attività dovrebbe essere riportata nell’Eurozona. «È un fatto legato alla capacità della banca centrale di fornire liquidità e assicurare supervisione sulla sua propia valuta», ha sostenuto. «Questa è la conseguenza — ha aggiunto — della scelta del Regno Unito di restare fuori dall’area euro». Poche volte la Banca di Francia si era espressa con tanta nettezza su un argomento delicato, del quale si discute da anni. È che sui due lati del Canale il rumore di sciabole si fa sentire.
Qualche settimana fa, il sindaco di Londra Boris Johnson aveva invitato gli imprenditori francesi a trasferirsi in Gran Bretagna, dopo che il governo di François Hollande aveva minacciato di esproprio un impianto del gruppo Arcelor Mittal. E, in risposta a Noyer, lo stesso sindaco ha detto che si tratta un «attacco francese disperato nel tentativo di tirare fuori qualcosa dalla crisi dell’Eurozona, che dimostra il totale disprezzo per i principi del mercato unico». Anche Downing Street, sede del governo e del Tesoro britannici, ha mostrato irritazione.
Nel merito della questione, non è chiaro come Noyer o l’Eurozona possano decidere dove effettuare gli scambi valutari in euro. Oggi, questi sono realizzati per il 40% nella City: una quota che supera di gran lunga la somma degli scambi effettuati in tutte le piazze della zona euro. Dove svolgere questi affari lo ha in sostanza deciso il mercato, cioè gli operatori attratti dalla time-zone di Londra più favorita dalla lingua, dalle competenze presenti nel Miglio Quadrato, dalle infrastrutture della City, dall’internazionalità della città. Per toglierle business l’Eurozona dovrebbe imporre limitazioni e barriere, qualcosa che probabilmente andrebbe contro le regole del mercato unico dei 27 Paesi Ue. È vero che la Banca centrale europea (Bce) ha chiesto alle clearing house di Londra che regolano grandi quantità di contratti finanziari nella moneta unica di ricollocarsi nell’Eurozona, ma è anche vero che il Tesoro del Regno Unito è ricorso contro questa norma alla Corte di Giustizia europea, sostenendo che viola le regole del mercato unico.
Imporre restrizioni sulla circolazione internazionale dell’euro — come sarebbe l’impedire che certe transazioni si tengano a Londra — sarebbe non facile da sostenere: soprattutto sarebbe la rinuncia a fare dell’euro una moneta liberamente trattata nel mondo, in grado di sfidare il dollaro.
Fughe
D’altra parte, se si alzassero barriere solo nei confronti di Londra, il business probabilmente emigrerebbe a Singapore, a Hong Kong, a New York o a Zurigo: già oggi la piazza svizzera tratta sul mercato dei cambi più euro di Parigi o di Francoforte. Tra l’altro, l’unica banca europea forte nel mercato dei cambi è Deutsche Bank: difficilmente si potrà cambiare la situazione per decreto. Non solo: negli ultimi tempi, una serie di banche americane e svizzere hanno ridotto significativamente la loro attività sulla piazza di Francoforte, nonostante la città tedesca sia la sede della Bce.
La realtà è che dietro a questa sconcertante disputa c’è lo scontro ampio, politico tra Regno Unito ed Eurozona: soprattutto, c’è l’unione bancaria che quest’ultima sta preparando e alla quale Londra non vuole partecipare ma dalla quale non vuole nemmeno essere penalizzata con regole nocive alla City. Non sarà un confronto pacifico.
Danilo Taino