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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

«IL TALK È VIVO E VEGETO SEMBRA VECCHIO PER COLPA DEI POLITICI»

[Il conduttore parla della (presunta) crisi dei format tradizionali: «Funzionano bene, ma certi ospiti sono all’improvviso indigesti»] –
Tempi duri per i talk show. Sono invecchiati nel giro di po­chi mesi. Magari gli ascolti conti­nuano a essere buoni perché, vi­sta la situazione, la domanda d’informazione politica resta elevata. Tuttavia, la formula del salotto tv appare ingiallita. Que­stione di clima e di liturgie. For­se troppe, mentre fuori la crisi morde. Non a caso in occasione delle primarie del centrosini­stra c’è chi s’è innamorato dei confronti e dei faccia a faccia. La parola a Bruno Vespa ideato­re e conduttore di Porta a Porta , il più longevo dei talk show in onda.
Fuori tutto cambia, dentro niente?
«Cambiano le persone. Le no­vità non arrivano dai contenito­ri, ma dai contenuti e dalle diver­se capacità di interpetare i cambiamen­ti. Con la pun­tata che aveva Renzi protago­nista, con quella sulle primarie del Pdl e l’altra se­ra parlando di Avetrana ho raggiunto il 22 per cento di share. La for­mula è la stes­sa, la differen­za la fa quello che ci metti dentro».
La cornice risulta logo­ra.
Porta a Porta e Bal­larò sem­br­ano parla­mentini.
« Porta a Porta e Ballarò sono stati il luogo del confronto della Seconda Repubblica. Il proble­ma è che improvvisamente so­no invecchiate le facce. Gli stes­si Bersani e Berlusconi rifiuta­no psicologicamente che i loro partiti siano rappresentati dalle persone che li rappresentava­no fino a ieri».
Politici e giornalisti, tanto Palazzo e poca piazza: sono i programmi della casta? «Io credo in un giornalismo responsabile. Sebbene sia un am­miratore di Paolo Del Debbio, lavorando in un servizio pubbli­co non posso trasformare Porta a Porta in uno sfogatoio. Devo esser capace, e non sempre lo sono, di parlare degli stessi problemi in modo più articolato».
Nei vostri salotti si vede poca società civile.
«Forse è un nostro limite. Ma rappresentarla non è facile. La società civile sono i sindacati? A me sembrano più casta loro dei partiti. Lo sono le categorie pro­duttive e i professionisti che si muovono per lobby e bloccano le liberalizzazioni? A volte si par­la di società civile e si finisce in braccio all’inciviltà».
Qualcuno come i conduttori di Servizio Pubblico , di Piazza Pulita o di In Onda tenta strade nuove...
«Questo aiuta molto. Dico sempre di aver da imparare da tutte le trasmissioni. Ma fare un programma d’attacco è più faci­le che proporne uno riflessivo ».
Ha mai pensato a coinvolge­re il pubblico con domande da porre agli ospiti?
«Qualche anno fa Renato Mannheimer preparò un campione statistico sui giovani. C’erano quelli che votavano a destra, quelli che votavano a si­nistra e quelli che si asteneva­no. L’impresa è realizzare il cocktail giusto. Che in questo momento la protesta sia più pagante è sotto gli occhi di tutti. Ba­sta vedere com’è ingrassato Grillo».
In un momento in cui anche la politica è liquida i faccia a faccia danno qualche certez­za in più?
«Certamente. Ma non è facile convincere i leader a incontrar­si. Dopo il confronto d’inizio st­a­gione Bersani non ha più voluto incontrare Alfano. Berlusconi accetta i faccia a faccia solo se è indietro nei sondaggi. Alla fine si fanno solo quando sono obbli­gati. In campagna elettorale o per le primarie del Pdl, se mai ci saranno».
Qualcuno dopo i confronti ha parlato, forse in modo affrettato, di fine dei talk show. Ma che necessitino di un rinnovamento è assoda­to, o no?
«Il rinnovamento ci dev’esse­re sempre. Ma proprio in quei giorni Porta a Porta ha registra­to gli ascolti migliori. Prima fa­cendo incontrare Renzi e Alfa­no, che insieme totalizzano 79 anni, poi con Bersani. Penso che la fine dei talk show decreta­ta da qualcuno sia prematura».
Perché la sua puntata sulle primarie del Pdl successiva al duello Renzi-Bersani ha dato a molti l’idea di qualco­sa di vecchio?
«Non sono d’accordo.Per tut­ta la settimana aveva tenuto banco il Pd. A quel punto era giu­sto riportare l’attenzione sul Pdl. Immaginavo di dover parla­re di primarie, ma la trasmissio­ne cambiò perche Lupi annun­ciò che non si sarebbero fatte. Ne è scaturito lo scontro tra la Meloni e la Santanché e il Pdl è parso indietro anni luce rispet­to al Pd. È sempre una questio­ne di contenuti».
Critici tele­visivi, razza assassina.
Si è mai chiesto per­ché non la amano trop­po?
«Forse risul­to antipatico, non so... Sono sempre stato vissuto come un corpo estraneo. Non è mai suc­cesso che un moderato avesse un ruo­lo così stabil­mente visibile in tv e con i li­bri. Forse so­no pro­prio i li­bri ad aver fat­to sbroccare qualcuno. I cattoli­ci e i l­iberali non hanno mai avu­to un vero ruolo da protagonisti nelgiornalismo. Semièconces­so, senza far paragoni, lo stesso Montanelli conquistò grande popolarità quando venne spon­sorizzato dalle sinistre. Mentre prima era il diavolo».