Roberto Mania, Affari&Finanza, la Repubblica 10/12/2012, 10 dicembre 2012
ALFIO CALCE E MARTELLO LA STRANA SFIDA DI MARCHINI LO ZELIG DEI SALOTTI
[L’autocandidatura a sindaco di Roma dell’imprenditore con accesso privilegiato in tutti i posti che contano, da piazzetta cuccia al vaticano, dal Quirinale a comunione e liberazione] –
Da giovane interlocutore privilegiato di Enrico Cuccia negli uffici di Mediobanca ad auto-candidato alla successione di Gianni Alemanno al Comune di Roma. Certo la discesa nel campo nella politica di Alfio Marchini, ricco 47enne, imprenditore e finanziere, erede di una importante famiglia di immobiliaristi romani con cuore a sinistra (quella con la falce e il martello ribattezzata proprio per Alfio senior e Alvaro Marchini “calce e martello”) e porte aperte anche Oltretevere, è tutta da decifrare. Perché è difficile capire cosa porti alla politica un uomo che ha già conosciuto il potere nelle stanze chiuse del capitalismo relazionale italiano, nei giochi della finanza nostrana dominata per decenni da “arzilli vecchietti” fedeli ai dettami della cooptazione, che ha goduto dell’amicizia e dei consigli di Francesco Cossiga, che lo riempiva (non si sa perché) di cravatte color blu, ma anche di Oscar Luigi Scalfaro, che lo obbligò a non dimettersi praticamente subito da consigliere di una Rai in via di berlusconizzazione ai tempi della presidenza di Letizia Moratti. E poi di Cesare Romiti (fu lui il trait d’union con Cuccia), di Cesare Geronzi (insieme scelsero Matteo Arpe per il vertice di Banca di Roma), di Vincenzo Maranghi (un legame nato attraverso le famiglie), di Don Giussani (fu il fondatore di Comunione e liberazione a volerlo conoscere e poi a prenderselo sottobraccio entrando trionfante al meeting di Rimini del ‘94), di Massimo D’Alema (amicizia famigliare che
consentì al primo, e unico, premier comunista di incontrare Cuccia ai tempi dei “capitani coraggiosi” dell’Opa su Telecom proprio nel suo salotto) e di Francesco Gaetano Caltagirone (fu il nonno Alfio a dirgli: «È l’unico di cui ti puoi fidare», e insieme all’editore- immobiliarista tentarono nel 2003 la scalata sulla spagnola Metrovacesa osteggiata da tutto l’establishment iberico). Che oggi dialoga frequentemente con Giorgio Napolitano. E che, ancora, ha avuto accesso alle udienze private di Giovanni Paolo II, che ha contatti diretti con l’amministrazione Obama, e che continua ad essere in strettissimi rapporti con Shimon Peres, dopo aver lungamente finanziato l’Olp ai tempi di Yasser Arafat. Cosa c’è dietro, insomma, la decisione di sfidare il cognato del repubblichino Pino Rauti e il prescelto che verrà dalla sinistra bersaniana nella corsa al Campidoglio? Una scelta di vita, la chiama Marchini che più volte (con il Sabato e l’Unità) tentò pure la strada dell’editoria. C’è un taglio con il passato, o almeno con una parte di esso. Tutto giocato con la «passione». Perché questa è la chiave - sostiene per interpretare il suo ingresso nell’agone della politica metropolitana e poi, forse, nazionale. Dunque un altro imprenditore- finanziere in politica, perlopiù - di nuovo - con un partito personale, esattamente mentre quel modello dà segni di evidente decadenza. Si chiamerà “Movimento della cittadinanza romana”, che richiama il “civis romanus sum” di San Paolo su cui il giovane Marchini dissertava a Milano proprio con Cuccia, ma il cui acronimo, Mdcr, farà fatica a entrare nelle orecchie dei romani. Non vi è dubbio, però, che sia un ingresso diverso da quello del Cavalier Silvio Berlusconi, che ci fa guardare con sospetto le scelte politiche di chiunque altro arrivi dalle industrie o dalle banche, e che - ormai un ventennio fa - trovò nell’impegno politico la strada per risolvere le sue questioni personali, anche a costo di violentare più volte il codice con le leggi ad personam. Ma differente pure dalla scelta a tappe progressive e qualche stop and go di Luca Cordero di Montezemolo, presidente di “Italia Futura”, think tank diventato movimento e poi quasi partito liberale alleato con una parte dei cattolici sociali che va dalle Acli di Andrea Olivero fino alla Cisl di Raffaele Bonanni, passando per la Comunità di Sant’Egidio dello storico-ministro Andrea Riccardi. E diverso dalla scelte vagheggiate, sognate e pure spesso negate dei vari Corrado Passera e Emma Marcegaglia, per capirsi. Marchini ha deciso di metterci la faccia e di giocarsi tutto in prima persona con un manipolo di amici e di volontari («Pochi ma buoni, appassionati e bravi »). Dice che si ispira al modello Obama, dice che la politica funziona esattamente come il mercato: si deve far incontrare domanda e offerta. E oggi l’offerta è insufficiente se è vero che qualcosa come il 40 per cento degli elettori potrebbe astenersi. Bisogna avere l’idea giusta per vincere al mercato della politica. Partendo dalla società civile, come d’altra parte scriveva anche Bobbio. E togliendosi ogni possibile conflitto di interessi. Questa è una novità. Marchini venderà tutto ciò che possa avere contatti con la pubblica amministrazione. Il colosso tedesco della Bosch potrebbe chiudere nei prossimi giorni l’acquisto (si parla di 90 milioni di euro) di Astrim energia (rinnovabili e sistemi energetici integrati). Un passaggio che romperà pure i legami con Acea (la Mediobanca della Capitale) di cui Astrim è partner in Ecogena (cogenerazione). Marchini farà un passo indietro anche da Ecare (società di call center di cui è socio pure Caltagirone). Gli resterà Methorios, merchant bank romana. Ormai è rimasto praticamente nulla, in Italia, dell’attività immobiliare dei palazzinari rossi. Da oltre trent’anni Marchini non c’è nelle grandi operazioni della Capitale. Roma non ha bisogno dell’ennesima colata di cemento - spiega Marchini da quando due domeniche fa ha annunciato in tv nell’intervista a “In mezz’ora” di Lucia Annunziata di mettersi in politica - bensì di un piano di manutenzione, di risistemazione, come hanno già fatto le grandi capitali europee. Sì, certo, l’idea piacerà comunque ai costruttori romani, ma è riduttivo pensare che Marchini sia il candidato voluto da Caltagirone che la volta precedente puntò su Alemanno chiedendo «discontinuità». Marchini (che siede nel cda di Cementir) e Caltagirone sono amici. «Ma l’amicizia è un fatto personale, non di interessi. Io non ho mai fatto affari con i miei amici», dice. E certo nella Roma, dov’è potentissimo, è difficile per tutti pensare di fare il sindaco “contro” Caltagirone. Marchini è un ingegnere ma ha studiato teologia. Lezioni private per cinque anni, nella sede appena fuori Roma dell’Opus Dei. Insegnante Don Juan, incontrato in Spagna e accanito fumatore di Ducados senza filtro. Marchini, che non ha mai votato Pci (prima il Pri e poi il centrosinstra nella seconda Repubblica) è un cattolico praticante. Eppure si definisce un anti-clericale. Quando nel 1995 prima di accettare di diventare amministratore delegato di “Roma Duemila”, società delle Ferrovie dello Stato che aveva il compito di coordinare gli interventi infrastrutturali di Roma in vista del Giubileo del 2000, disse a Walter Tocci, vicesindaco nella giunta Rutelli: «Accetto ad una condizione, perché non voglio perdere la fede: non voglio avere rapporti con prelati». Perché la fede è forse anche alla base dell’approdo alla politica. Una decina di anni fa, Alfio Marchini ha perso tragicamente il padre e ha avuto uno dei suoi cinque figli in coma dopo un incidente in motorino. La morte del padre l’ha portato all’estero (Argentina, Spagna, Inghilterra), a «sublimare il dolore», come ha detto, non più nel lavoro ma nello sport: si è dedicato al polo diventando pure il capitano della nazionale italiana. E l’uscita dal coma del figlio l’ha portato a convincersi di dover «fare qualcosa in più per gli altri e a farla con passione ». Non più solo l’attività imprenditoriale con cui dare lavoro (oggi sono circa 2.500 i dipendenti del gruppo), non più solo le iniziative di beneficenza, ma un intervento diretto: la politica, appunto. Dove si realizza quella che, con sorpresa, Marchini, ricco e potente, definisce «una delega emozionale». Da realizzare a Roma che considera una sorta di «laboratorio » in un paese unico per cultura, storia, ricchezze naturali. Ma anche profondamente «destrutturato ». Insomma: addio alla finanza, questo è il momento della politica dal basso. Anche per chi è già potente.