Libero 7/12/2012, 7 dicembre 2012
IL BON TON A TAVOLA [A
cena il linguaggio del corpo svela più di mille parole] –
Abito. Quando ricevete un invito, assicuratevi bene del tono che avrà l’incontro, tanto per non presentarvi a un picnic con i tacchi a spillo e a una serata chic con una renna ricamata sul maglione di lana.
Anello di fidanzamento: romantico consegnarlo al ristorante, anche se l’usanza purtroppo è in disuso. È sconsigliato (tranne che dai dentisti) nasconderlo nel cibo, tovagliolo e dolci, a eccezione di un uovo di cioccolato. Alle cene formali o alle cerimonie di ogni tipo il «Vengo anch’io » non va bene. Non si chiede neppure «Chi c’è?» È come sottolineare che si accetta l’invito solo a condizione che ci siano ospiti all’altezza; sarà la padrona di casa che, se vorrà, ci farà sapere chi sono gli altri commensali.
Baciamano. Andrebbe eseguito solo rigorosamente nei locali chiusi, quindi case private e ristoranti. Mai in chiese o musei. La regola vuole che si faccia solo alle signore e non alle signorine.
Banane. La banana non è consigliabile in una cena formale. Si tiene ferma con la mano sinistra, e dopo averla sbucciata si appoggia sul piatto, si taglia e si porta alla bocca con la forchetta. Vietato dal galateo sia per gli uomini sia per le donne succhiarla come un ghiacciolo con sguardi maliziosi, cosa invece permessa in privato.
Barzellette. Raccontare barzellette è una vera arte, quindi non cimentatevi se non siete davvero un fuoriclasse, eviterete di vedere i vostri commensali sforzarsi di sorridere alla battuta finale o ancora peggio dire «Non l’ho capita ».
Biglietto da visita. Una volta le signore non lo potevano dare a un uomo, adesso c’è la massima elasticità. Evitate per favore di scrive Marchesa o Cavaliere e altri titoli, meglio semplicemente nome e cognome.
Brindare. Non si dice cin cin né si fanno tintinnare i bicchieri se non durante una festa di famiglia senza formalità. Si brinda semplicemente alzando verso l’alto i bicchieri con un sorriso.
Cameriere. L’approccio con il personale di servizio dirà molto di voi agli altri. Da evitare ogni tono sgarbato o di sufficienza, il tu dato senza chiedere il permesso, il tono confidenziale. Il cameriere da parte sua evita di prendersi qualsiasi libertà nei confronti del cliente, sorride e non interviene assolutamente nella conversazione. Si eviti di fare richieste impossibili e soprattutto di gigioneggiare facendo apprezzamenti sulle cameriere sia in presenza di signore sia, e soprattutto, tra uomini. Conversazione. Non si parla di soldi, di sesso e di salute.
Décolleté. Bandito agli incontri professionali e con la futura suocera, alle cene all’orato - rio e gite familiari. Consentito in tutti i casi in cui si deve essere dressed to kill, espressione inglese che rende bene l’idea. Dieta: se siete a dieta stretta non invitate né accettate inviti, statevene a casa tranquilli. Non c’è cosa peggiore che dividere una cena con compagni immusoniti dalle costrizioni alimentari. Mai pronunciare la fatidica parola a un incontro amoroso: avrebbe un effetto raggelante.
Fazzoletto. A tavola si cerca di non soffiarsi il naso, se è necessario lo si fa con discrezione.
Fine pasto: si lasciano le posate sul piatto accostate con i manici sul bordo tra le ore 16.20 e le 18.30. Non c’è cosa peggiore che un piatto abbandonato con le posate in disordine seminascoste dai rimasugli di cibo. Conoscere questa semplice regola vi permetterà di «fare la radiografia » ai vostri commensali e, in più, sarete in grado di valutare anche il personale di servizio.
Frittata. Non si mangia mai con il coltello, così come le uova cucinate nelle loro varianti.
Giacca. Non si toglie mai nelle cene formali e tra amici si chiede prima il permesso ai padroni di casa; vietato anche togliersi la giacca e appenderla allo schienale della sedia, lo stesso per la cravatta. O si porta per tutta la sera o non si porta.
Gomiti. Mai sul tavolo e, se è possibile, teneteli stretti al dorso, anche se è difficile allargarsi nei minuscoli tavolini delle tavole urbane.
Gossip. Meglio evitarlo a cena. Consentito solo tra amici molto stretti.
Imboccare. Non si dovrebbero imboccare bambini o anziani in pubblico o al ristorante. Di norma, è meglio non portare alle cene formali i bambini sotto i dodici anni. Non si imbocca mai la fidanzata o l’amico a una cena o un pranzo dove si rispetta l’etiquette. Se vedete un amico sposato imboccare un’altra donna al ristorante, state alla larga.
Invito. Si risponde sempre a qualsiasi tipo di invito e si ricambia entro due mesi. Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l’ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta.
Jeans. In molti paesi del mondo si sa che andare a cena fuori o in una casa privata indossando il denim blu è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro.
Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino.
Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali.
Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè.
Lumache. L’unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa.
Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale.
Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l’altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l’orologio, né le vie di fuga come la porta d’uscita, né si parla con un tizio nell’altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi.
Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani.
Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio.
Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare.
Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta.
Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare.
Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali.
Reclami. Nel caso di un cibo mal cucinato, di un vino che sa di tappo odi una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti.
Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari.
Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze.
Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l’alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene.
Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo.
Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l’iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Il vino non si mescola con l’acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio.
Zotico. È l’epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. E non solo a tavola.