Nino Sunseri, Libero 7/12/2012, 7 dicembre 2012
PRESSING SUI GOVERNI DRAGHI PROMETTE SOLDI SOLO «FINO A LUGLIO»
[Il presidente Bce mette fretta sulle riforme. Vede la ripresa per fine anno prossimo e riparla di tassi negativi per sbloccare il credito] –
Draghi mette fretta ai governi, ma lascia il costo del denaro allo 0,75%. Annuncia che la Bce continuerà a pompare liquidità nel sistema fino a luglio. Poi si vedrà. Valuterà la situazione: soprattutto alla luce dei risultati elettorali visto che l’anno prossimo si vota in Germania e in Italia. Dal governo di Roma il banchiere si attende una maggior decisione sulla strada delle riforme. Da Berlino un ammorbidimento: sia dettando regole meno vincolanti per i partner sia accettando, finalmente, di far ripartire i consumi. Anche a costo di pagare il conto con un po’ di inflazione.
Tanto più che l’aumento del costo della vita, l’anno prossimo, non dovrebbe superare il 2%. Tuttavia l’economia dovrebbe iniziare una graduale ripresa «grazie al rafforzamento della domanda e alla nostra politica monetaria accomodante», ha spiegato.
Comunque la Banca centrale europea, come atteso, ha rivisto al ribasso le sue previsioni sull’economia dell’area euro. Attende un pil tra -0,6% e -0,4%, mentre per il 2013 stima tra - 0,9% e +0,3%. Per la prima volta i tecnici dell’istituto centrale hanno fornito una stima sul 2014 per cui indicano una dinamica tra +0,2% e +2,2%. Una forbice molto ampia che testimonia la difficoltà del momento. Le nuove stime sono decisamente più caute, soprattutto per quanto riguarda il prossimo anno. Tre mesi fa i tecnici della Bce avevano infatti indicato un Pil 2012 tra -0,6% e -0,2%, mentre sul 2013 tra -0,4% e +1,4%.
Vi sono comunque segnali di miglioramento come quelli giunti dall’indice Ifo tedesco e dalle statistiche dell’istituto Insee francese e dall’Istat per l’Italia sulla fiducia delle imprese.
Comunque è di tutta evidenza che, per il momento, a tenere in piedi l’euro è soprattutto la Bce e il suo programma di finanziamento illimitato alle banche. Tuttavia non si tratta di una cambiale in bianco. Nè per tempi nè per modalità. «Non diciamo ai governi cosa fare, spetta a loro agire; sanno quali sono le condizioni. Vale per tutti anche per l’Italia».
Per il salvataggio della Grecia è stato chiesto molto al settore pubblico. Sono stati fatti «grossi progressi» nelle riforme e nel consolidamento fiscale.
La Bce ha anche discusso di tassi di interesse negativi, ma non ha approfondito. «Abbiamo brevemente toccato la complessità che una simile misura richiede», ha ammesso Draghi, «e le possibili conseguenze non volute». L’applicazione di tassi negativi e cioè il far pagare degli oneri a chi deposita soldi, piuttosto che pagare gli interessi, costituirebbe un modo per costringere le banche a non depositare i loro soldi alla Bce e a spostarli nel finanziamento all’economia.
Fiducioso che alla fine dell’anno si raggiungerà un accordo sulla sorveglianza bancaria unica nell’area euro, ruolo che verrebbe assegnato proprio alla Bce, Draghi ha rimarcato che «i benefici che ci sarebbero sono incontestati. Si romperanno i legami tra debiti pubblici nazionali e banche, rendendo le banche più affidabili».
Il meccanismo di vigilanza unica deve naturalmente avere una copertura su tutta l’Eurozona, altrimenti si rischia la frammentazione. E’ ovvio che la Bce non può vigilare su 6 mila banche ma è importante avere un meccanismo comune.
Draghi risponde così alle obiezioni sollevate dalla Germania che vuole tenere fuori le banche di minori dimensioni. In particolare alle Landesbank (le banche pubbliche dei Laender) e le Sparkassen (casse di risparmio). E’ quindi «assolutamente » necessario per la Bce avere una base legale per la supervisione delle banche europee, altrimenti, ha avvertito il numero uno dell’istituto centrale, «il nostro lavoro sarà rallentato ».