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 2012  dicembre 10 Lunedì calendario

E’ un viaggio nell’immaginario di Luigi Ontani quello che comincia entrando al Museo Andersen di Roma, un viaggio a ritroso fino ad arrivare all’apertura di bauli ormai impolverati, ma attentamente custoditi nella soffitta della casa paterna

E’ un viaggio nell’immaginario di Luigi Ontani quello che comincia entrando al Museo Andersen di Roma, un viaggio a ritroso fino ad arrivare all’apertura di bauli ormai impolverati, ma attentamente custoditi nella soffitta della casa paterna. E la casa-studio di Hendrik Christian Andersen, malauguratamente poco conosciuta, con le opere di un artista che ha lavorato a stretto contatto con l’utopia, lasciando dietro di sé tracce scultoree della sua idea del mondo, non potrebbe essere più adatta per accompagnarci in questa scoperta. I grandi gessi e le mappe che affollano le due grandi sale al piano terra permettono, infatti, di comprendere meglio i lavori di Ontani che con loro dialogano, in loro si specchiano. Ecco dunque in questo percorso leggero e teatrale, le maschere sonore prodotte a Bali nel corso degli ultimi 35 anni: hanno titoli ironici ed evocativi, Assurdo oAssordo con tanto di campanelli, Tobiolo e l’Angelo con pesciolino rosso che suona, e basta avvicinarsi ad ognuna di esse per essere invasi da una musica avvolgente, che ci trasporta in un’atmosfera indefinita, ma certamente altra. Perché proprio il desiderio di essere altrove, di trovarsi in una dimensione finalmente sua, sembra nascondersi dietro alle mille trasformazioni di Ontani. E in questa tensione il suo lavoro, aldilà delle singole passioni, delle personalissime ossessioni, non potrebbe essere più universale. Poi sappiamo che il ritmo ripetitivo, quasi ipnotico, è opera dell’indefesso sperimentatore Charlemagne Palestine, amico di vecchia data di Ontani, da quegli ormai leggendari incontri espositivi all’Attico di Sargentini, nei primissimi Anni Settanta, quando Roma era fulcro della creatività più sperimentale. E a quell’atmosfera ci riporta anche il percorso espositivo per un’ottima intuizione del curatore Luca Lo Pinto, che ha voluto andare oltre le opere già mostrate in retrospettive più o meno recenti, come quella tenuta al PS1 di New York o a Le Consortium di Digione, per cercare di aprire quei bauli, ed arrivare alla radice dell’immaginario di Ontani. Andersennosogno è infatti il titolo della mostra, una ricerca tra storia e desideri inconsci, tra incontri capitali e prime sperimentazioni. Molti dei lavori in mostra sono inediti, perchè Ontani non li ha mai ritenuti abbastanza validi, troppo acerbi. Ci sono disegni in cui Ontani si cala nei panni dei 18 artisti che costituivano il suo personalissimo Pantheon, da De Chirico a Matisse passando per Fontana, c’è un magnifico diario realizzato con i fiammiferi e i relativi segni lasciati sulla carta, la registrazione di uno scherzo telefonico a destinatari inconsapevoli di essere parte di un’ opera d’arte per un cognome - colore, un’ostia incisa e realizzata in una tiratura di trenta, ma mai messa in vendita, un lenzuolo omaggio a Lautréament con il sangue dell’artista, persino i dipinti realizzati per decorare la sala da ballo del paese natale, il primo altrove di libertà. Espressioni apparentemente abbandonate, realizzate con elementi comuni, che poi si ritrovano negli anni successivi, in uno sforzo di superamento della scultura intesa in senso tradizionale, verso oggetti che sappiano contenere una maggiore complessità di significati e una moltitudine di competenze, anche artigianali. Si incontrano anche serie più note come le grandi fotografie di Davide e i Prigioni , autoritratti dell’artista, che lo fanno conoscere immediatamente, appena trasferito a Roma nel 1970, e riconoscere in seguito. E ancora una quadreria indiana, un lavoro iniziato quaranta anni fa, ancora non terminato, che l’artista continua, con il suo metodo creativo seriale, ad arricchire di immagini. A confermarlo ecco Fantasmio , un’altra serie in cui Luigi Ontani si fa ritrarre in diverse pose vestito di un semplice lenzuolo. E a questo punto si è pronti per ridiscendere e trovare un altro autoritratto, tra i più suggestivi, questa volta in ceramica e in scala reale, con una farfalla che sigilla la bocca, un tableaux vivant ispirato a Rosso fiorentino, con un costume sontuoso interamente ricamato a mano. A spiare questa ennesima trasformazione Leonardio, quasi nascosto e racchiuso dal consueto cerchio di confetti dorati ad indicare lo spazio dell’arte.