Luca Ricolfi, La Stampa 10/12/2012, 10 dicembre 2012
Fine del governo Monti, «perché la situazione è peggiore che un anno fa»: con queste parole Angelino Alfano, in Parlamento, ha dato il benservito al governo dei tecnici
Fine del governo Monti, «perché la situazione è peggiore che un anno fa»: con queste parole Angelino Alfano, in Parlamento, ha dato il benservito al governo dei tecnici. A questo punto ci sono almeno tre domande, ed è bene rispondere in modo chiaro a tutte e tre. Prima domanda: la situazione è davvero peggiore che 13 mesi fa, quando Berlusconi fu costretto a lasciare? Seconda domanda: la situazione sarebbe oggi migliore se al posto di Monti fosse rimasto Berlusconi? Terza domanda: se Monti avesse governato in modo diverso, oggi staremmo meglio di come stiamo? Sì-no-sì sono le mie tre risposte, e provo a spiegare perché. Cominciamo dalla prima domanda: davvero sotto il governo Monti la situazione è peggiorata? Se guardiamo solo alla condizione economica obiettiva delle famiglie - posti di lavoro, redditi, patrimoni, risparmi, consumi - la risposta è sì. Nel giro di un anno le famiglie in difficoltà, quelle che non arrivano alla fine del mese, sono quasi raddoppiate: erano il 16% nel novembre del 2011, oggi sono il 30%, un livello drammatico, mai toccato in passato. Seconda domanda: la situazione sarebbe oggi migliore se al posto di Monti fosse rimasto Berlusconi? Lo escluderei. Direi anzi che qui sta la fallacia logica della campagna elettorale che il centrodestra sta preparando: il fatto che ieri si stesse meno peggio non implica che oggi staremmo meglio se al governo fosse rimasto «lui». Provo a spiegarlo con un apologo, che farà arrabbiare qualcuno ma che secondo me è aderente alla storia degli ultimi 18 mesi. C’era una diligenza, i passeggeri avevano fame ma avevano ancora a bordo panini e coca cola. A un certo punto il conducente comincia a giochicchiare con il telefonino, la diligenza va fuori strada ma lui continua a giochicchiare. La diligenza sta per precipitare in un burrone. Allora un passeggero disarciona il conducente e prova a riportare la diligenza sulla strada. Però il viaggio è lungo, la diligenza ha subito dei danni, e non ci sono ostelli in cui fermarsi. Passa un po’ di tempo e i passeggeri cominciano ad avvertire i morsi della fame. Rievocano i bei tempi in cui avevano ancora una scorta di panini. Qualcuno rimpiange il vecchio conducente, perché «la situazione adesso è molto peggiore di una volta». A voi che cosa sembra? Richiamereste in sevizio il vecchio conducente perché i vostri panini stanno finendo? Fuor di metafora. Quando, 13 mesi fa, Mario Monti fu chiamato a prendere il posto di Silvio Berlusconi, la diligenza dell’Italia stava per precipitare nel burrone del default, e le famiglie - pur stando un po’ meglio di oggi - stavano però correndo il rischio di perdere tutto: posti di lavoro, redditi, risparmi, patrimoni. Oggi, con la discesa dello spread, quel rischio si è allontanato di un po’: non del tutto e non per sempre, ma abbastanza da non farci vivere nell’angoscia. Insomma: oggi abbiamo un po’ meno panini, ma almeno non siamo finiti come la Grecia. Resta la domanda più spinosa: se Monti avesse governato in modo diverso, oggi staremmo meglio di come stiamo? Potremmo non essere caduti nel burrone, e al tempo stesso avere qualche panino in più di quelli che abbiamo oggi? Ebbene, qui la mia risposta è un sì convinto. Monti ha fatto molto di meno di quello che ci si sarebbe aspettati da un presunto liberale come lui. Monti ha ritenuto che il problema numero uno dell’Italia fosse ridurre il deficit dei conti dello Stato e che l’unico mezzo per farlo fosse aumentare le tasse. Ha provato a liberalizzare, ma si è fermato quasi subito e su quasi tutta la linea. Ha molto parlato di ogni genere di riforme, ma di riforme incisive e riuscite ne abbiamo viste ben poche. Se avesse osato di più, tagliando di più costi della politica e sprechi, e risparmiando i produttori di ricchezza, oggi ci sarebbero (leggermente) meno famiglie in difficoltà e (decisamente) più speranze per il futuro. Qui però bisognerebbe rispondere a una quarta domanda, forse la più importante: chi o che cosa ha ingessato Monti? Alcuni pensano che l’uomo non sia un concentrato di eroismo, e che le sue ambizioni politiche (presidenza della Repubblica?) lo abbiano reso più timido del necessario nel rapporto con i partiti. Altri pensano che Monti sia subalterno alla Merkel e all’Europa, e si sia preoccupato solo di restituire all’Italia il rispetto degli altri governi (cosa che gli è riuscita ala perfezione, e solo chi non vuol vedere non vede). Altri pensano che Monti sia stato pesantemente condizionato dalla sua maggioranza, e abbia fatto il massimo che i partiti gli permettevano di fare. Per quanto mi riguarda, penso una cosa molto semplice: Monti ha fatto alcuni errori, ma sia il centro-destra sia il centro-sinistra ne avrebbero fatti - e ne faranno - di più e di più gravi. Il dramma che il ritorno di Berlusconi ci riserva è che ci inchioda tutti, per diversi anni, a rivedere un film già visto: il leader del centro-destra che pensa agli affari suoi, e la sinistra che, a modo suo e suo malgrado, finisce per fare la stessa cosa. Berlusconi, riportando 100 o 200 fedelissimi in Parlamento, penserà a difendere le sue aziende dal fallimento e se stesso dal carcere. Bersani, portando in Parlamento un drappello di 300 o 400 uomini e donne a lui più o meno fedeli, sarà costretto ad occuparsi a tempo pieno degli affari interni del centro-sinistra: come tener buona la Cgil, come agganciare Casini, come non farlo litigare con Vendola, come dare a tutte le sigle che confluiranno nel carrozzone del centro sinistra onori, posti, poltrone e strapuntini. Affari economicogiudiziari da una parte, affari politico-parlamentari dall’altra. Di governare no, non ci sarà il tempo, l’energia e la possibilità per nessuno, chiunque vinca. Quel che ci aspetta è l’ennesima proiezione dell’eterno immarcescibile lungometraggio della seconda Repubblica, che da vent’anni va in scena in tutte le sale con il medesimo titolo: «L’arte del non governo». Perché tutti sono bravi a criticare Monti, ma nessuno lo fa dicendo che - al posto di Monti - avrebbe fatto scelte più coraggiose. Sia la destra sia la sinistra, se fossero state al posto di Monti, avrebbero fatto meno, non più di lui. La destra ci avrebbe regalato un po’ meno tasse e più deficit pubblico. La sinistra ancora più tasse e più spesa. In questo destra e sinistra sono molto simili, figlie entrambe del conservatorismo italiano, che ama la demagogia e teme le riforme radicali. Anche per questo la sinistra ha respinto con orrore la sfida di Renzi, anche per questo la destra non solo non è stata capace di sostituire Berlusconi, ma ne ha accolto con entusiasmo il ritorno. Come se il suo fosse il «ritorno di Ringo» (ricordate quel bellissimo western, con Giuliano Gemma?), o il ritorno di Ulisse a Itaca dopo vent’anni. Come se lui fosse stato via per tutto questo tempo, e nulla avesse a che fare con le rovine che trova. Come se l’uomo che, nell’ultimo decennio, ha guidato l’Italia per 8 anni su 10, non avesse alcuna responsabilità nel disastro che il governo Monti ha ereditato e provato a gestire in questi 13 lunghi mesi. Ecco perché io stesso, che del governo Monti ho criticato non poche parole, opere, e soprattutto omissioni, non posso che rendergli l’onore delle armi. Non so se Monti ha salvato l’Italia, ma sono piuttosto sicuro che - senza di lui - oggi saremmo messi ancora peggio di come siamo.