Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 09 Domenica calendario

DEPUTATI PIU’ DEVOTI DEI CITTADINI

Si chiama Krysten Sinema, viene dall’Arizona, ha 36 anni ed è l’unica tra gli eletti al nuovo Parlamento americano a dirlo: non appartengo a una religione, non mi riconosco in una Chiesa. Negli Stati Uniti la pensa come Krysten un adulto su cinque. Sono chiamati i nones, perché alla domanda «di che religione sei?» rispondono «nessuna». Per le statistiche sono gli unaffiliated: non hanno un’affiliazione religiosa tradizionale, anche se non necessariamente ripudiano la fede o negano Dio. Sono in numero crescente nel Paese, ma tra i deputati e i senatori che giureranno nel prossimo gennaio c’è solo Krysten a rappresentarli.
Ognuno dei 530 deputati e senatori eletti alle due camere del Congresso, ha una storia che nessuna etichetta può ridurre. Ai ricercatori del Pew Forum, accaniti misuratori di fede, interessano però i numeri, le percentuali, le tendenze. Nel rapporto appena pubblicato sulla composizione religiosa del centotredicesimo Congresso americano uscito dalle elezioni del 6 novembre scorso (cfr. «la Lettura» n. 55), le traiettorie individuali sfumano e si trasformano in dati e grafici. Emerge così la sproporzione. Mentre i tanti nones sono rappresentati dalla sola Krysten, i 465 membri del Congresso che si dichiarano cristiani superano la reale quota di cristiani nel Paese: poco più del 20 per cento degli americani adulti si dichiara cattolico, ma i congressmen cattolici sono il 30 per cento del totale; meno della metà degli adulti, negli Usa, si dichiara protestante, ma nel nuovo Congresso i protestanti sono il 56 per cento.
Anche i 32 parlamentari ebrei pesano in proporzione più del doppio della comunità ebraica nel Paese, mentre i 15 eletti mormoni fotografano il 2 per cento che si riconosce nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni. Le altre minoranze sono, come nel caso di Krysten, più storie individuali che numeri. È stato rieletto Keith Ellison, primo deputato musulmano entrato al Congresso nel 2006. Tulsi Gabbard, veterana della guerra in Iraq eletta a Honolulu, diverrà in gennaio il primo deputato hindu di sempre. Mazie K. Hirono sarà la prima senatrice buddista. Mancherà invece il californiano Pete Stark: deputato democratico dal 1973, fu il primo rappresentante del popolo americano a dichiarare nel 2007 di non credere in un Essere superiore: per un singolare contrappasso, ha perso le ultime elezioni. Vi è infine una decina di eletti che ha scelto di non indicare alcunché nel proprio profilo, neppure unaffiliated: come la democratica Tammy Baldwin, prima omosessuale dichiarata ad essere eletta senatrice.
Dire di che Dio siamo è un esercizio mai ovvio. Le identità religiose sono scatole a sorpresa. Sotto la calma superficie dei grandi numeri protestanti e cattolici vi è un mare in tempesta. Negli ultimi cinquant’anni, i protestanti sono passati dai tre quarti dei seggi a circa la metà. Tra di essi, sono in ascesa i battisti e in calo luterani, anglicani e metodisti: questi ultimi si sono dimezzati dal 1962 a oggi. I pentecostali sono sottorappresentati rispetto alla loro presenza sociale. Ben 58 eletti, l’11 per cento del Congresso, si dichiarano protestanti senza specificare a quale Chiesa appartengano.
Il mare cattolico è non meno mosso. Quella cattolica romana è la singola Chiesa più rappresentata nel nuovo Congresso: i cattolici sono passati dal 18,8 per cento di cinquant’anni fa all’odierno 30,4 per cento degli eletti; e la percentuale sale al 37 per cento se si considerano i soli eletti per la prima volta. A differenza dei protestanti, decisamente repubblicani, i cattolici sono in equilibrio tra i due fronti, con lieve prevalenza democratica. Le ricerche del Pew Forum sugli elettori cattolici, circa un quarto dell’intero elettorato americano, descrivono un universo composito: tra i cattolici moderati, un sottogruppo che vale più del 30 per cento dell’intero elettorato cattolico, più della metà ha votato per Obama. Hanno scelto il presidente uscente anche più del 70 per cento dei cattolici bianchi progressisti e ispanici. Ha invece preferito il mormone Romney il 78 per cento dei cattolici bianchi conservatori, un fronte cui appartiene un elettore cattolico su quattro. La battaglia sull’etica naturale non ha ridotto le distanze tra sottogruppi cattolici. Tra i cattolici moderati, rileva ancora il Pew Forum, il 65 per cento è favorevole all’aborto legale e il 60 per cento al matrimonio tra persone dello stesso sesso.
La super maggioranza ebraico-cristiana degli eletti, 497 su 530 tra Camera e Senato, lascia per ora la nuova religione americana alle porte del Congresso. Migrazioni e tensioni nelle grandi Chiese sfuggono all’osservatore distratto. Gli evangelici fondamentalisti si diluiscono nel mare protestante. Non ci sono testimoni di Geova e membri di Scientology. I musulmani sono solo due. La fede «spiritual» non si vede. Se non fosse per Krysten, non ci accorgeremmo dei nones. Il profilo religioso del nuovo Congresso preserva una tradizione formatasi dalla metà del XIX secolo, quando il primo ebreo fu eletto, nel 1845, seguito nel 1851 dal primo mormone. Ma ora, dietro le apparenze del Congresso, sotto le forme religiose consolidate, quella tradizione cede il posto a qualcosa di nuovo. La fede va spesso negli Stati Uniti per rinnovarsi. È Dio che benedice l’America.
Marco Ventura