Giuseppe Videtti, la Repubblica 9/12/2012, 9 dicembre 2012
FIRENZE
i rocker si riconoscono dai fan. Ce ne sono un centinaio che aspettano Noel Gallagher davanti all´hotel fiorentino, maschi per la maggior parte, universitari di bell´aspetto, professionisti oltre i trenta, qualcuno con cartella e cravatta. Le stesse facce che si vedevano intorno a Mark Knopfler nel dopo-Dire Straits. Da quando gli Oasis tre anni fa si sono disintegrati, i due fratelli Gallagher si parlano solo attraverso la stampa e gli avvocati. Ognuno per la sua strada, «e questa volta per sempre», giura Noel, che dopo il fortunato album d´esordio con gli High Flying Birds, pubblica un doppio dvd con la cronaca del primo tour del gruppo, International magic - Live at the 02. Liam, il Caino del rock, è impegnato con i Beady Eye, che a loro volta hanno inciso un album di grande successo, Different gear, still speeding. Per la prima volta nella storia, la maggior parte dei fan non si è schierata - molti hanno continuato ad amare l´uno e l´altro, indifferenti alle baruffe familiari che hanno portato Noel sull´orlo dell´esasperazione. Contro ogni pronostico, il pubblico si è spartito equamente l´eredità degli Oasis, una band da settanta milioni di dischi venduti, il gruppo più influente del brit-pop e del dopo-Beatles. «Ora che sono alla fine di questo primo tour come solista è come se avessi chiuso un ciclo, un momento che stavo sognando da cinque anni», confessa il cantante e chitarrista. «È stato facile fare il disco, i concerti sono stati incredibilmente affollati - un fottuto successo, non me lo aspettavo. Sarei ipocrita se dicessi che all´inizio non avevo dubbi. La storia insegna che quando lasci il gruppo non sempre il pubblico ti accoglie a braccia aperte. Ma la separazione era inevitabile e per me è stato un grande sollievo non avere più tra i piedi mio fratello». Le liti erano sempre più frequenti, la gestione della band un inferno, le esternazioni pubbliche di Liam imbarazzanti. Noel era sulle spine ogni volta che Liam aggrediva i colleghi con le sue battute da delinquentello, dando pubblicamente del frocio a Robbie Williams e della lesbica a Kylie Minogue, per non parlare dell´ubriachezza molesta, causa di più di un alterco tra i due fratelli, anche a pochi minuti dall´inizio del concerto. Noel era arrivato al capolinea, interruppe il tour degli Oasis e troncò di netto con Liam. Apparentemente senza l´angoscia di rompere un giocattolo prezioso. «Paura? Dipende da come la vedi», dice. «Adesso è tutto rosa, perché ho venduto un sacco di dischi. Ma all´inizio non avevo neanche un contratto, tutto dipendeva da me, ho investito gran parte delle mie risorse nel progetto. Ero terrorizzato, nascondevo anche a mia moglie la verità, non riuscivo a dirle che stavamo correndo un rischio enorme per incidere un altro fottuto disco. Mi avrebbe detto: "Lascia stare, ne hai già fatti tanti!". Fortunatamente non ha fatto domande, così mi ha evitato l´imbarazzo della menzogna. Ma quanti assegni ho firmato di nascosto. Che stress! Pensavo a quanti altri musicisti - e non intendo i leader - avevano avuto sorti alterne dopo l´uscita dal gruppo: Johnny Marr lontano dagli Smiths, John Squire fuori dagli Stone Roses».
È cresciuto, ha quarantacinque anni, parla con la pacatezza di un nonno. Niente più colpi di testa, basta con le droghe, le sbronze sempre più rare e solo lontano da casa. «Se in questi mesi ho ricevuto una lezione è questa: finché fai buoni dischi il pubblico è sempre dalla tua parte, anche in quest´epoca di grande crisi», assicura. «Oggi bisogna ragionare in un modo diverso, se vendi 1,5 milioni di dischi raggiungi almeno un´audience di 6,5, perché cinque milioni riescono ad averlo gratis. Il merito è, ora come allora, della canzone, la chiave d´accesso a milioni di persone. Tu scrivi una piccola melodia ispirata al tuo mondo, alla tua piccola realtà, e scopri che dall´altra parte del pianeta, in Uruguay, un ragazzo canta quelle parole con le stesse intenzioni. Questa è la magia del rock. La tecnologia ce la sta mettendo tutta per distruggerla. I computer, Internet, iTunes, grandi innovazioni, prodezze dell´ingegno umano - ma hanno fatto bene al rock´n´roll? Non mi pare. Hanno aiutato a far conoscere musica migliore? Non credo. Hanno contribuito a migliorare la qualità? Tutt´altro. Ma se il mondo gira così, devi girare con lui; se il rock´n´roll diventerà un giochetto alla stregua dei videogame non ci resta che fare i pupazzi».
Da ragazzi, lui e Liam erano complici. Proletari di Manchester, cercavano nel rock´n´roll un´alternativa di vita. La scuola? Noiosa. Il lavoro? Un incubo otto ore in ufficio. E papà non era stato un buon esempio per i tre figli maschi (Paul Gallagher, il maggiore, è un tour manager che ora lavora sia per gli High Flying Birds che per i Beady Eye): alcolista, violento, indifferente al futuro dei ragazzi, che per vederlo il meno possibile trascorrevano la maggior parte del tempo in strada o, per sbarcare il lunario, in un´impresa esile. «La nostra priorità fu subito: fare un disco, poi si vedrà; e, quando il disco sarà fuori, avere droghe, donne e soldi in quantità - esattamente in quest´ordine - al quarto posto la celebrità (sghignazza, ndr). Non abbiamo dovuto aspettare troppo, due anni appena. Credevo ciecamente nella missione del rocker, ma ero anche attratto da tutto quello che ronzava intorno a quel mondo, top model, jet privati e sballi quotidiani. Ci guardavamo negli occhi, io e mio fratello, quando leggevamo in cronaca le gesta di quelli già famosi. "È una cazzo di bella vita", mormorava Liam. "È una fottutissima bella vita", rispondevo io. Il mio primo, vero idolo è stato Paul Weller dei Jam - non è curioso che adesso viviamo nella stessa strada, uno di fronte all´altro? Poi i Sex Pistols e gli Smiths».
Con papà i rapporti sono sempre rimasti burrascosi. Adesso Noel e Liam hanno le loro famiglie, le loro vite. Niente assomiglia più ai giorni trascorsi nel suburbio di Burnage. Come leader degli Oasis, i Gallagher in quindici anni hanno avuto il massimo. Tutto merito di Noel se la band ha sempre tenuto un piede sulla terraferma. «Lo capisci da solo quando arriva il momento di pigiare sul freno», ammette, «incominci a temere per la tua vita, incontri la ragazza giusta, la sposi, fai dei figli. Droga e vita familiare non vanno d´accordo. E a un certo punto, verso i quaranta, ti rendi conto che ti restano solo due cose, la musica e il calcio: Manchester City allora e per sempre». Mario Balotelli è il suo idolo, ha persino accettato di intervistarlo per un programma sportivo della Bbc. «È un po´ stordito dall´interesse che ha scatenato nel Regno Unito», racconta. «Sembra un bandito, gioca una sorta di gangster-football, fuma, frequenta locali di strip tease, guida macchinoni, poi quando lo incontri ti rendi conto che è tutta un´altra persona, un bambino di ventidue anni. Secondo me, non ha ancora dato il massimo, fra cinque anni sarà un attaccante imbattibile. La sua immagine ha un impatto fortissimo, i miei bambini di dodici, sei e due anni lo adorano, per loro è l´incarnazione del bad boy». S´incupisce quando parla dei figli: «Era meglio la Thatcher, all´epoca la nostra ossessione era quella di trovare un lavoro. Ora sono apatici, demotivati, l´unica cosa che li interessa è la tv, magari con la mira di finire in un reality. Che tristezza».
È severo con i colleghi, un fondamentalista del rock´n´roll. Non ama i Radiohead ed è l´unico artista che non ha avuto la pelle d´oca ascoltando il disco di Adele. «Sui Radiohead ho cambiato idea dopo averli visti dal vivo», rettifica. «Rimane il fatto che non ho voglia di ascoltarli a casa, a esser sincero non ho nessuno dei loro dischi. Quanto a Adele, non ho mai avuto interesse per quel tipo di canzone. Ascolto continuamente David Bowie, e non solo i primi quattro o cinque album, come facevo un tempo, ma anche Let´s dance, Modern love, Blue Jean, Ashes to ashes, bellissime. Ma se mi chiede chi è l´artista che considero uno spirito guida, rispondo: Neil Young - oltre naturalmente a mia moglie, a Balotelli, al mio amico Del Piero e a Paul McCartney (sghignazza). Cos´ha Paul più di me? Beatles e Rolling Stones hanno avuto il culo di arrivare trent´anni prima degli Oasis, in quegli anni Sessanta che ancora ci fanno sognare, migliori in tutto e per tutto: moda, politica, cultura, arte, droghe». Cosa prova, oggi, nei confronti degli Oasis? «Rispetto. Chiudo gli occhi e rivedo quell´oceano di persone che cantavano in coro con noi. Ma da quando ho lasciato la band non ho mai desiderato che tutto questo accadesse di nuovo, non per rabbia o per rancore, ma perché è un´esperienza che ho già vissuto. Alla fine che è successo? Ho litigato con una persona, una sola, mio fratello Liam, un tipo rissoso». Non ci resta che aspettare la reunion, prima o poi arriva sempre. «Non ci speri». Magari a sessant´anni. «No, è matto!? Troppo vecchio, fottuti capelli bianchi e occhiali da presbite. Dicono che uno non è mai troppo vecchio per il rock´n´roll, io non ci credo».