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 2012  dicembre 09 Domenica calendario

NEW YORK

«Saigon, 1960, Le Cercle Sportif è un famosissimo club, piscina e palestra di judo, sempre affollato: proprietari terrieri francesi, generali vietnamiti, prostitute indocinesi - e bambini americani come noi. La scuola è lì dietro all´aeroporto ma non c´è aria condizionata e a mezzogiorno e mezzo siamo già tutti fuori: tutti in piscina. Come faccio a scordarlo? C´è questo ragazzo lì sulla pedana, si gira e fa a me che sto al bordo: Tuo padre è una spia. Io sbianco: Che stai dicendo?. E quello: Lavora per la Cia. Poi pluff: e si tuffa giù. Quella sera prendo mio padre tutto emozionato: Ma sei una specie di James Bond, è vero? Mi hanno detto che lavori per la Cia! Lui si china verso di me: Proviamo a mantenere un segreto?».
Il figlio dell´Uomo che Nessuno Conobbe sfoglia l´imbarazzante album di famiglia e si racconta la storia dietro a ogni foto: interrogando la Storia. «In Italia abitavamo accanto alla casa di Alcide De Gasperi: coincidenze? In Vietnam abitavamo accanto al presidente Ngo Dinh Diem: coincidenze?». Non ci sono coincidenze nella vita del figlio dell´Uomo che Nessuno Conobbe, The Man Nobody Knew, come recita il titolo del film inchiesta che Carl Colby ha dedicato a suo padre William, la spia più famosa del mondo, il mitico capo della Cia. William Colby è l´uomo che in Italia tagliò le gambe al Partito comunista impedendo la conquista del governo e organizzando la rete clandestina Gladio. William Colby è l´uomo che in Vietnam diede vita a quell´Operazione Phoenix accusata di pianificare morte e distruzione. William Colby è l´uomo che negli Usa si rifiutò poi di obbedire alla Casa Bianca di Richard Nixon: fino a quella morte archiviata tra mille sospetti come incidente sul fiume dietro casa, in Maryland, il corpo ritrovato dopo giorni, il mistero dell´ultimo delitto - o del suicidio. Ma William Colby, per il figlio Carl, è soprattutto l´uomo che neppure lui è riuscito mai a conoscere davvero: nemmeno dopo avergli dedicato questo tormentatissimo film che adesso arriva nell´Italia in cui crebbe bambino. «Ho dovuto rimettere in ordine tutti i tasselli, ritrovare i protagonisti, intervistare decine e decine di testimoni». A cominciare dall´ultima persona che un regista si sognerebbe di spogliare di fronte alla macchina da presa. «In fondo mia madre è la prima vittima: lei stessa scoprì la vera identità per caso. Per anni credette alla maschera che mio padre si era costruito: irreprensibile funzionario del Dipartimento degli Esteri in missione per il mondo». Davanti all´obiettivo di Carl sfilano i testimoni degli ultimi cinquant´anni di segreti Usa e non solo. Da Donald Rumsfeld, l´allora capo di staff di Nixon che lo fece fuori, a Seymour Hersh, il grande reporter che per il New York Times svelò le bugie del Vietnam. Dall´ex boss del Sismi Corrado Cantatore al mitico Bob Woodward, il cronista dello scandalo Watergate. Ma la Storia con la maiuscola per Carl è solo la cornice che inquadra un´altra personalissima storia. «Il punto di svolta è il 1963, la notte che uccisero il presidente del Vietnam con il fratello. Siamo tornati negli Usa da un anno, attraversiamo un ponte in auto quando la radio dà la notizia. Mia madre è sconvolta: com´è potuto accadere? Quella famigliola in auto lì negli States era stata intima di quella gente che adesso marciva in una pozza di sangue a Saigon: mia sorella giocava con le nipoti del presidente. Mio padre cerca di dire qualcosa: non sono d´accordo, non volevo. Mia madre lo incalza, è la prima e unica volta: e allora perché non ti dimetti. No, non mi dimetto, non scappo, mai scappato, voglio cambiare le cose dall´interno, io. È in quel momento che comincio a chiedermi chi è davvero quel signore che dice di essere mio padre: che ruolo ha, com´è possibile che non sia d´accordo con quel macello, lui è il capo della divisione Estremo Oriente, lui è stato il capo lì a Saigon. E certo che lui sapeva che stava arrivando il colpo di stato: no, non sono gli americani a uccidere i Diem ma sono gli americani ad avere preparato le circostanze. È in quel momento che scopro che il gioco si è fatto improvvisamente duro: che i tempi dell´Italia sono ormai lontani».
Negli occhi di Carl l´Italia è rimasto il Belpaese di lui bambino. «Sì, certo, Gladio, ma a Roma mai saputo di storie di violenze: ok, magari una notte l´Unità non esce perché qualcuna sabota la tipografia, ma non muore nessuno». Il figlio dell´Uomo Che Nessuno Conobbe fatica a far pace con quel padre che non è come gli altri diplomatici: che non era stato come gli altri soldati. «La sapete la storia, subito dopo la guerra gli americani lasciano l´Europa il più in fretta possibile, tutto un saltare sul primo aereo, un bel bacio nel mezzo di Times Square ed è finita». Non per William Colby. «Sono gli ultimi giorni, papà è in questo gruppo paramilitare, Norvegia, fa saltare ponti, strade, interrompe i collegamenti di truppe tedesche, sono lì nella baia di Bergen, c´è questo enorme incrociatore nazista, ma la guerra sta finendo e il comandante dice ok, fermi tutti, prima di colpire dobbiamo sentire gli alleati a Berlino. Telegrafano, e quelli dicono di fermarsi. Allora mio padre si china verso il comandante, che era un inglese: Va bene, ma adesso che è fatta possiamo dedicarci alla guerra vera, voi inglesi e noi americani contro il nemico vero: i russi».
Un incubo, per Colby, i rossi. «Ma non era tanto per l´ideologia del comunismo, era l´aspetto autoritario, il comunismo come il fascismo e il nazismo. Papà era cattolico ma i Colby erano cattolici strani, lo zelo dei convertiti, mio nonno Elbridge episcopale, suo padre un prof di chimica che morì giovane, la moglie dovette arrabattarsi e trovò aiuto nei cattolici infiammati dalle dottrine sociali del cardinal Newman. Invece da parte di mia nonna questa famiglia di pionieri, commerciavano in spezie e tè con gli indiani, il mio bisnonno faceva affari con Toro Seduto lassù in North Dakota, incredibile. Papà cerca di andare a West Point ma non lo prendono, troppo basso, finisce a Princeton e sono gli anni Venti, è l´era di Francis Scott Fitzgerald, l´America di Woodrow Wilson che scopre lo spirito internazionalista. Papà vuole partire addirittura per la Spagna a combattere contro i franchisti ma è troppo giovane, a diciassette anni si ritrova in Francia quando comincia la guerra. E la sua avventura».
Carl ha preso tutta un´altra strada, ma il cinema era una passione anche di papà. «Un giorno gli chiedo i film preferiti. E lui: primo Lawrence d´Arabia - e va bene, l´eroe romantico che si trasforma in qualcun altro, l´inglese Peter O´ Tool che diventa il ribelle beduino. Secondo: Il ponte sul fiume Kwai, e già qui è più complicato, perché il suo eroe è William Holden, Shears, l´americano che si spaccia per comandante, riesce a fuggire, ma poi lui stesso si ricaccia nei guai per i compagni e viene ucciso. E poi soprattutto il terzo: l´Orson Welles de Il terzo uomo. Gli chiedo: Papà, ma come fai? Quel personaggio, Harry Lime, vende morfina adulterata al mercato nero, ci sono bambini che muoiono, come fai a stare dalla sua? E lui, recitando a memoria la battuta memorabile che Welles improvvisa lì sulla giostra di Vienna: "In Italia, sotto i Borgia, per trent´anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo Da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia - e cos´hanno prodotto? Gli orologi a cucù". Ecco, mio padre era Harry Lime». L´Uomo che Nessuno Conobbe era il Terzo Uomo.