Filippo Ceccarelli, la Repubblica 9/12/2012, 9 dicembre 2012
UN anno di Monti. O poco più. Si chiudono gli occhi, si ritorna indietro con la memoria e oltrepassando un oceano di gravosa irrilevanza e indispensabile futilità lo sguardo della mente si fissa a quella specie di riunione surreale, e al tempo stesso concretissima, che si dovette svolgere subito dopo l´incarico
UN anno di Monti. O poco più. Si chiudono gli occhi, si ritorna indietro con la memoria e oltrepassando un oceano di gravosa irrilevanza e indispensabile futilità lo sguardo della mente si fissa a quella specie di riunione surreale, e al tempo stesso concretissima, che si dovette svolgere subito dopo l´incarico. Perciò un bel giorno quel signore compassato che da pochissimo fungeva da presidente del governo tecnico, con la calma che già allora lo contraddistingueva, e che per dodici mesi è stata la sua arma micidiale, dovette ricevere quei tre leader, Alfano Bersani e Casini, che il giornalismo politico, con le sue liete regressioni, ponevano inesorabilmente alla testa di una maggioranza qualificata con il più ambiguo degli aggettivi: "strana". E una volta iniziata la riunione, senza che allora né Bersani né Casini osassero ancora accendere quei loro sigaracci che impestavano i damaschi di Palazzo Chigi, Monti comprese subito che i politici, come al solito, cincischiavano. Il verbo non rientrava esattamente nel suo linguaggio accademico, ma quello era il senso. Traccheggiavano, perdevano tempo, pure punzecchiandosi tra loro. E dunque riprese la parola e disse: "Forse non ci siamo capiti". E fece una lunga pausa. Abbassò gli occhi, forse, oppure guardò in faccia i suoi tre interlocutori. Riprese: "L´Italia ha pochi mesi di vita. Se non interveniamo subito, andiamo in default. Non riusciremo più a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, e in tutto il paese si fermeranno i bus e i tram". Il richiamo al tram poteva suonare desueto, o molto milanese. Molto altro poteva fermarsi. Il senso delle sue parole era chiaro. Monti avrà poi modo di polemizzare, con fredda cortesia, con i giornalisti imprecisi e fantasiosi pronti ad attribuirgli virgolettati inauditi. Ma che l´Italia fosse messa molto male, e strana o non strana fosse la maggioranza, quei tre signori lo dovevano assecondare. Punto e basta e buonanotte. Così fu, o meglio, così iniziò. Se adesso tutto sta andando a rotoli, se Bersani s´è ringalluzzito, se Alfano è uno strumento molle nelle mani del suo Signore, se Casini ha pure lui i suoi problemi, non dipende dal professor Monti. Il quale qualcosa ha certamente fatto per scongiurare il disastro e comunque ha retto un anno. "Un percorso di guerra" ha detto una volta, lui che di solito disdegna le metafore, figurarsi quelle di ordine bellico. E allora, dopo l´ininterrotto carnevale berlusconiano, venne il tempo della quaresima tecnocratica e professorale. Governo così così, a parte il presidente. Luci e ombre. Oligarchia e sobrietà. Loden, trolley, ministri in car-sharing, carezze fiscali a Santa Romana Chiesa, pastrocchi esodati, riforma del lavoro che ancora non si è tanto capito se l´hanno fatta o no, idem la spending review, però i blitz della Guardia di Finanza a Cortina e in altri luoghi mirati, quelli sì che si sono visti. Anche i suicidi, però, nel senso che non è chiaro se sono aumentati oppure no. Alla Rai è cambiata la dirigenza, speriamo bene. Un anno è un sacco di tempo, però è anche pochino. Il grande motore immobile del governo Monti è stato a lungo il ricordo del governo Berlusconi, che sollecitava l´intervento della Banca centrale europea e poi non le dava retta. Però varava una manovra appresso all´altra, con Tremonti e il Cavaliere che avevano delegato a far da paciere Bossi, tra una pernacchia e l´altra. Come primo compito - ma non poteva dirlo - Monti si è dato il compito di ripristinare la credibilità italiana devastata da cu-cù e bunga bunga e altre simpatiche notazioni di ordine fisico a proposito di potenti leader europee. Per questo il Professore ha viaggiato come nessun altro premier, e ottenuto stima e riconoscimenti. Ha pure impostato una linea di alleanze, e anche "mister Obaaaama", come strepitò il suo predecessore, si fida. Ma la politica estera italiana è ancora abbastanza enigmatica. E i cenacoli tipo Bilderberg aiutano fino a un certo punto. I ricordi si affollano, ma tutti insieme sembrano anche un po´ rarefatti. Monti dice no alle Olimpiadi, vorrebbe sospendere il calcio per qualche anno, sente il bisogno di riaffermare che "anche i tecnici sono persone umane". La Fiat ha tutta l´intenzione di squagliarsela: che fare? Il comandante Schettino porta la "Costa-Concordia" sugli scogli? Sarò il caso di andare ai funerali? Arrivano i primi fischi, le prime e poi anche le seconde piazzate dei leghisti in aula, non c´è volta che la gelida cortesia del presidente Monti debba sciogliersi in qualcos´altro. Un giorno, dopo un incontro con la Comunità di Sant´Egidio, gli mettono un piccolo senegalese in braccio. E viene da pensare se mai avrebbe immaginato, quest´uomo serio e composto, questo sapiente poliglotta, che governare un paese come l´Italia non significava solo decidere, per forza di calcoli, sulla vita dei cittadini, ma voleva anche dire, e certe volte soprattutto, entrare nell´immaginario della collettività; rispondere meticolosamente sul coste della cena di Capodanno o della casa delle vacanze estive; aprire l´album di famiglia, possibilmente cum grano salis; e una volta, a Villa Madama, lasciare che i fotografi riprendano in sequenza la scena di un governante che tira fuori dalla tasca della giacca un pettinino per darsi una ravvivata al capello. E tutto mentre chiudono un bel po´ di fabbriche, e un giovane su tre o su quattro non ha lavoro, e cominciano a circolare banconote illegali e riparte - pensa tu, caro professore - il baratto. Eppure, sarebbe sbagliato e anche ingiusto dire che Monti non abbia rassicurato gli italiani. Lui sì, il suo governo un po´ meno. Ma a leggere controluce la satira questo suo ruolo è difficile negare: «L´altro giorno ho scoperto la mia ragazza a letto con Monti e mi sono rassicurato» si è letto in una raccolta umoristica (Spinosa. it) tanto più significativa quanto più proveniente "dal basso". O almeno. Nessun altro leader - definizione che volente o nolente ormai gli si attaglia - è stato più di lui percepito come in grado di rovesciare le verità più consolidate: «Carosello andava a letto dopo Monti», «La patonza fa girare Monti» e «Godot aspetta Monti». Sempre secondo questo genere di sintomatiche facezie il premier disponeva di uno specialissimo aiuto: «Dio crede in Monti» - e su quest´ultimo assioma, che pure avrebbe una rilevanza addirittura a livello teologico, c´è da sperare che non sia solo satira perché la situazione continua a restare brutta. Lo è diventata ancora di più a partire da ieri sera. Da quando la maggioranza non appare più nemmeno "strana", non c´è proprio, si è dissolta, e nemmeno si è preoccupata di fargli sapere quali leggi intende salvare prima di buttarsi nel gorgo della campagna elettorale. Un anno di Monti, e poco più. Sembra tutto così lontano e così vicino. Nirvana e Apocalisse. Tecnocrazia e Grecia. SuperMario non è più tanto di moda, però l´anti-politica non gioca certo a favore dei partiti. "Forse non ci siamo capiti" disse il Professore. Forse capire resta un privilegio, un sacrificio, una fatica, una speranza, o forse come sempre si tratta di portare pazienza.